1.               6 gennaio 1980 - domenica

Assassinio Piersanti Mattarella, Presidente della Regione Siciliana.

L’assassinio di Piersanti Mattarella mi fece convincere che era finito il tempo della mediazione politica… (E. Pintacuda – La scelta, pag. 38).

 

2.               28 gennaio 1980 - lunedì

Palazzo Arcivescovile di Palermo.

In occasione della Mostra Planimetrica “Quartieri di Palermo e territori parrocchiali”

Tavola rotonda sul tema:

"DECENTRAMENTO E QUARTIERE A PALERMO: UNA CITTA' A MISURA D' UOMO"

Interventi di: Prof. G. Bellafiore, Dott. L. Cocilovo, On. Ass. M. Fasino, Prof. F. Stabile.

Modera Prof. E. Pintacuda

 

3.               27 maggio 1980 - martedì

Conferenza Stampa con P. Sorge

 

4.               13 gennaio 1981 – martedì

Palazzo Arcivescovile di Palermo. Ore 17,00

Alla presenza del Cardinale Salvatore Pappalardo, si inaugura ufficialmente la nuova emittente diocesana Radio Voce Nostra, nata dalla fusione di Radio Faro 200, di Villa S. Cataldo, Bagheria, e di Radio Hebron, già operante nella diocesi di Palermo. Questa ristrutturazione con l’impegno, sia della diocesi palermitana che della vice-provincia di Sicilia della Compagnia di Gesù.

A Direttore di Radio Voce Nostra viene chiamato P. Ennio Pintacuda del nostro Centro Studi Sociali di Palermo.

 

5.               6 marzo 1981 -

La comunità religiosa operante nel Centro Studi Sociali viene eretta canonicamente dall’ora P. Generale Pedro Arrupe,

assumendo il nome di Centro Studi Sociali Alessio Narbone.

 

6.               27 maggio 1981 - mercoledì

ATTUALITA' DELLA "RERUM NOVARUM”, PER L ' IMPEGNO POLITICO E SOCIALE DEI CATTOLICI

Invito    MOVIMENTO UNA CITTA' PER L ' UOMO

 

7.               13 ottobre 1981 - martedì

IN MEMORIA DI P. GIOVANNI PINTACUDA S.J.

Omelia di Padre Ennio Pintacuda S.J. tenuta nella cappella del “Gonzaga” per il proprio fratello

 

8.               21 dicembre 1981

Appello per la Polonia – Radio Voce Nostra

 

9.               4 aprile 1982 - domenica

PALERMO. CRISTIANI CONTRO LA MAFIA

di Renzo Giacomelli - FAMIGLIA CRISTIANA pag. 33 e seg.

 

10.           1° agosto 1982 - domenica

DAL DECENTRAMENTO AL SUPERPREFETTO

di Padre Ennio Pintacuda - CITTA' PER L' UOMO pag. 13 e seg.

 

11.           1° settembre 1982 - mercoledì

CELEBRATO S. FRANCESCO

C x U        CITTA' PER L 'UOMO

 

12.           1° settembre 1982 - mercoledì

C.ALBERTO DALLA CHIESA. UNO, NESSUNO E CENTOMILA

Il Giornale DEI QUARTIERI

 

13.           1° settembre 1982 - mercoledì

PAPA GIOVANNI PAOLO II ED IL POPOLO SICILIANO

 6 e 7   Padre Ennio Pintacuda

 

14.           14 settembre 1982 - martedì

A PALERMO CATTOLICI SENZA DC

di Alberto Stabile - La Repubblica

 

15.           19 settembre 1982 - domenica

SUA EMINENZA ANTIMAFIA

di Pietro Calderoni - L' ESPRESSO pag. 15, 16, 17

 

16.           30 settembre 1982 - giovedì

SI RIUNISCE IN ASSEMBLEA LA CHIESA DI PALERMO

L' ORA              G. CO.

 

17.           10 ottobre 1982 - domenica

LE DUE PALERMO

di Michele Zanucchi - CITTA' NUOVA pag. 8-12 e 50

 

18.           10 ottobre 1982 - domenica

ORA IL PROBLEMA È ISRAELE

di Tommaso Sorgi - CITTA' NUOVA pag. 13

 

19.           1° novembre 1982 - lunedì

HA RIACCESO LA SPERANZA-QUELLA SPERANZA

di Padre Ennio Pintacuda - Il Giornale dei Quartieri pag. 22-23

 

20.           14 novembre 1982 - domenica

MAFIA E DC - APERTO IL CONVEGNO A PALERMO

Aperto ieri a Palermo il convegno DC sulla mafia che veniva rinviato da oltre due anni. «Nel nostro partito — ha detto il segretario Nicoletti nell'introduzione — non ci sono mafiosi. Diversa l'opinione di padre Pintacuda, un gesuita che sul “Giornale di Sicilia” proprio ieri ha scritto che grazie alle collusioni e alla forza della De la mafia «è cresciuta e si è ingrandita».

L’Unità prima pagina – continua pag.6

 

APERTO DA NICOLETTI IL CONVEGNO PROMESSO DA OLTRE DUE ANNI

La DC discute sulla mafia ma vuole assolversi subito

«Nella Democrazia Cristiana non ci sono mafiosi* ha detto tra l'altro il segretario

regionale - Il messaggio del cardinale e l'articolo di un gesuita - Attesa per il dibattito

PALERMO - Ora Rosario Nicoletti, segretario regionale della DC siciliana, forza il tono della voce. Al tavolo della presidenza, nell'aula magna della Facoltà di Ingegneria, lo fissano Salvo Lima e Nello Martellucci. Salvo Lima ha un volto impenetrabile e la sua tracotanza non ha limiti. Non solo perché presiede un Convegno che dovrebbe indicare i metodi per combattere la mafia, ma anche perché ha avuto l'ardire - in un'intervista all'Espresso - di dire che vi sarebbero dirigenti del PCI siciliano che si sono opposti a dare i poteri richiesti da Dalla Chiesa ………………….………………………………..Nicoletti aveva già scritto la sua relazione. Avrebbe avuto il tempo di correggerla se avesse letto, di buonora, anche un articolo di prima pagina del quotidiano di Palermo, “Giornale di Sicilia”. Un atto di accusa civile ma fermo di un autorevole esponente della Curia, il gesuita Ennio Pintacuda. «È una verità - scrive   che nella DC ci diano dei mafiosi. La recrudescenza della mafia, l'utilizzo che ha fatto delle strutture dello Stato a cominciare dagli appalti e dalle concessioni, comportano connivenze, collusioni e omissioni nella DC».

di Sergio Sergi L’Unità pag. 6

 

21.           16 novembre 1982 - martedì

QUEL CHE DICE PADRE PINTACUDA

'Esercizi spirituali; con questo titolo il Giornale di Sicilia» di sabato ha pubblicato un

articolo di padre Ennio Pintacuda, autorevole gesuita, scritto in occasione del convegno detta DC sulla mafia.

Ne pubblichiamo alcuni stralci, ampiamente significativi

Questa mattina, svegliandoci con il pensiero dominante che oggi la Democrazia Cristiana tiene questo convegno, ci siamo domandati: ma a chi parlerà di mafia la Democrazia Cristiana? Chi sostiene che, in questo convegno, la Democrazia Cristiana parlerà a sé stessa, intendendo questa espressione nel significato che la mafia parlerà a sé stessa, è un'irresponsabile, perché rende un servizio alla mafia, facendo il gioco di essa.

Anche i più tenaci oppositori politici della DC sostengono che fare di tutto l'erba un fascio, criminalizzando in toto il partito, è sbagliato oltre che essere un grave errore politico.

Ma è ugualmente grave e pericoloso affermare che tutti i democristiani sono bravi e buoni e che devono rinserrare le fila, ravvivare lo spirito di corpo e difendere le loro identità...

È una verità che nella Democrazia Cristiana ci siano dei mafiosi. Infatti, la recrudescenza della mafia, il suo smisurato espandersi, l'utilizzo che hanno fatto delle strutture dello Stato a cominciare dagli appalti e dalie concessioni, comportano connivenze, collusioni e omissioni in democratici cristiani che si sono serviti della collocazione di governo, del potere e della forza della Democrazia Cristiana per far crescere, ingrandire la mafia e far nascere uomini di mafia. E allora, non noi, ma i peggiori nemici, potrebbero consigliare i democristiani a non fare sul serio per quanto riguarda la mafia e i mafiosi, anche in questo convegno.

Due considerazioni devono spingere la Democrazia Cristiana in tal senso: interesse, innanzitutto, a ridare al partito il valore commerciale in quanto partito; ridare, in altri termini, il cosiddetto "buon nome aziendale". L'azienda chiacchierata è un'azienda screditata che rischia di perdere clienti e simpatizzanti. La seconda considerazione, che è quella più importante, si fonda sulla necessità di ridare al partito la tensione ideale e le motivazioni ideologiche proprie di esso.

La Democrazia Cristiana è uno dei partiti che più attinge consenso nel mondo cattolico. Ma essa non può essere un tarlo per i cattolici e come questo nutrirsi dell'oggetto per distruggerlo.

 

22.           1983

…. L’ ISAS (Istituto Di Scienze Amministrative e Sociali) trasferisce in locali propri, dove sviluppa un ventaglio d’iniziative che la qualificano quale realtà attiva nel quadro della formazione superiore a Palermo e in Sicilia. Allo stesso tempo, il Centro Studi Sociali “Alessio Narbone” intraprende un proprio progetto verso un percorso di formazione sociopolitica. Si fa carico dell’idea p. Francesco Rizzo, allora professore di Storia antica nella Facoltà di Lettere dell’Università di Palermo….

 

23.           12 gennaio 1983 - mercoledì

SI CREDE METROPOLI MA È UN ENORME GHETTO

OGGI   66        P.A.

 

24.           29 gennaio 1983 - sabato

Partecipazione di P. Pintacuda a Siracusa al Convegno

"CONTRO LA MAFIA PER UNA NUOVA SICILIA".

Indetto dal Comitato per i Diritti Civili, a Siracusa, si tiene il primo seminario di massa contro la mafia.

Vi partecipano circa tremila studenti. Relatori: Rita Bartoli Costa, padre Ennio Pintacuda, il giudice Rocco Chinnici e il commissario della squadra mobile di Palermo Giuseppe Montana.

Fu quella l'ultima occasione in cui parlarono in pubblico Chinnici e Montana, il primo ucciso nella strage di via Pipitone Federico qualche mese appresso, il secondo ucciso nel 1985.

 

25.           25 febbraio 1983 - venerdì

26.   

 

27.           26 marzo 1983 - sabato

PACE È ANCHE SCONTRO

Intervista           L' ORA          

 

28.           19 aprile 1983

Nella Giunta Comunale di Palermo con Sindaco Elda Pucci, entra come Assessore al Decentramento Leoluca Orlando.

 

29.           1° dicembre 1983 - giovedì

IL NOSTRO MALE QUOTIDIANO

di Padre Ennio Pintacuda - DIMENSIONE SICILIA pag. 23-24

 

30.           21 dicembre 1983 - mercoledì

ANDRO' IN TRIBUNALE PER INCHIODARE I CAPIMAFIA

di Pino Aprile – OGGI pag. 14-16

 

31.           8 febbraio 1984 - mercoledì

Documento appello per "Un Governo di emergenza costituzionale" alla Regione Siciliana.

Attività pubblica

 

32.           11 febbraio 1984 - sabato

PERSONALITA' CATTOLICHE PER UN PATTO COL PCI

L' ORA 

 

33.           1° marzo 1984 - giovedì

DIMENSIONE CULTURA

di Padre Ennio Pintacuda - DIMENSIONE SICILIA pag. 15-18

 

34.           1° aprile 1984 - domenica

ULTIMI "AVVERTIMENTI " DELLE COSCHE PER VIZZINI, ORLANDO E PINTACUDA

di Antonio Ravidà - La Stampa pag. 7

 

35.           14 aprile 1984

Nella Giunta Comunale di Palermo, Sindaco Giuseppe Insalaco entra come Assessore al Decentramento Leoluca Orlando.

 

36.           30 giugno 1984 – sabato

Termini Imerese - salone del Circolo Margherita

Dibattito su:

Nuovo Concordato nell'Italia di oggi. Parleranno il sociologo Ennio Pintacuda ed il professor Leoluca Orlando, assessore democristiano al Decentramento al Comune di Palermo. L'iniziativa è organizzata dalla Fidapa.

Breve  - Giornale di Sicilia pag. 8

 

37.           7 luglio 1984 - sabato

IN SICILIA STA NASCENDO LA SECONDA DC

di Giuseppe Cerasa - La Repubblica pag. 7

 

38.           9 luglio 1984 - lunedì

PROVA D' AULA PER IL PENTAPARTITO

Giornale di Sicilia

 

39.           12 luglio 1984 - giovedì

DE MITA, I CATTOLICI E GLI ENTI LOCALI

di Francesco Attaguile - La Sicilia

 

40.           14 luglio 1984 - sabato

SPACCIATORE A SOLI DIECI ANNI PER 5 MILA LIRE A SETTIMANA

Spacciare eroina a dieci anni, tra le discariche incontrollate di un quartiere ghetto alla periferia nord di Palermo. Aspettare per ore sotto il sole i tossicomani, vendere le bustine di "roba" tagliata, prendere i soldi, scomparire lentamente tra i palazzoni di cemento che hanno trasformato lo Zen in un satellite urbano grigio ed allucinante. Tutto per cinquemila lire alla settimana. ………… Dietro Francesco e gli altri bambini trasformati in "mercanti di morte", ci sono i trafficanti di professione che seguono la vendita della merce a breve distanza, cacciando fuori pochi quattrini a settimana per "pagare" un servizio preziosissimo. Una pratica allucinante, drammatica, che esplode proprio in quei quartieri della periferia urbana dove più massiccia è la presenza di disoccupati e nelle zone più povere del centro storico: alla Vucciria, a Ballarò, al Capo dove pochi giorni fa è stato arrestato un maniaco che per quasi una settimana aveva violentato cinque bambini. "Una realtà drammatica", sottolinea Ennio Pintacuda, sociologo. "La storia di Francesco dimostra che si sono spezzati robusti argini apparentemente indistruttibili. È venuta meno quella barriera che ha sempre assicurato una centralità incontestabile ai bambini nella vita familiare, sottraendoli quasi sempre a forme pesantissime di violenza".

di Giuseppe Cerasa - La Repubblica pag. 12

 

41.           14 ottobre 1984

…Anno 1984. Viene nominato provinciale dei gesuiti italiani p. Federico Lombardi, direttore della radio e della televisione vaticana nonché della Santa Sede. Il 14 ottobre 1984, egli convoca a Roma p. Rizzo con altri padri, per discutere con essi del futuro del Centro. P. Bartolomeo Sorge viene nominato Direttore del nascente Istituto (a seguito dell’incontro).…

(Gianni Notari – Maria Del Gaudio – Passione per il bene comune – L’esperienza dell’Arrupe – pag. 24)

 

42.           21 ottobre 1984 - domenica

DOPO CIANCIMINO                   LIBERARE PALERMO

di Antonio Roccuzzo - I SICILIANI    pag. 55-65

 

43.           29 ottobre 1984 - lunedì

LIBERATECI DAL MALE

di Antonio Calabrò e Antonio Padalino -          Panorama pag. 42, 44

 

44.           1° novembre 1984 - giovedì

DON STURZO È TORNATO A PALERMO

di Pier Michele Girola - FAMIGLIA CRISTIANA      22-26

 

45.           6 novembre 1984 - martedì

DE MITA NELL' INFERNO DEMOCRISTIANO

di Franco Recanatesi - La Repubblica pag. 5

 

46.           26 novembre 1984 - lunedì

Invito    MOVIMENTO UNA CITTA' PER L' UOMO

Giuseppe Pavone

 

47.           28 novembre 1984 - mercoledì

Padre Pintacuda ottiene l’abilitazione all’insegnamento di

“Discipline giuridiche ed economiche” classe XXV, per cattedre d’insegnamento scuole ed istituti d’istruzione secondaria di secondo grado.

 

48.           mercoledì 12 dicembre 1984

L' IMPEGNO DEGLI EDUCATORI PER LO SVILUPPO DI UNA COSCIENZA SOCIALE E CIVILE NELLA LOTTA CONTRO MAFIA E DROGA

Invito    CIRCOLO DIDATTICO "I MARABITTI"     GRUPPO GIOVANILE " CONSOLAZIONE"    DIRETTRICE DIDATTICA E PRESIDENTE DEL CC.

 

49.           14 dicembre 1984 - venerdì

E A PRIMAVERA SI VA SOTTOBRACCIO AL DIAVOLO

Intervista           EPOCA          91-101 GIUSI FERRE'

 

50.           22 dicembre 1984

Trapani

 

51.           1° gennaio 1985 - martedì

I CATTOLICI DELL' ALTERNATIVA

Intervista           CRONACHE PARLAMENTARI SICILIANE        13-14   CAMILLO PANTALEONE

 

52.           Gennaio 1985 giorno ???

Gioia Tauro presentazione breve corso di politica non ho riscontro agenda Pintacuda

 

53.           2 gennaio 1985 - mercoledì

DODICI GRANDI PAROLE TRA '84 E '85

Avvenire Padre Ennio Pintacuda

 

54.           6 gennaio 1985 - domenica

Per ora consensi unanimi, è gradito anche a Salvo Lima

VOLTO NUOVO PER LA DC IN SICILIA?

CON MANNINO PROVA DI «RINNOVAMENTO»

…………………………………Ed un attento osservatore degli avvenimenti siciliani, il sociologo Ennio Pintacuda, sacerdote gesuita, afferma: «Il rinnovamento della DC a Palermo continua ad essere una difficile scommessa, ancora tutta da verificare».

L’Unità pag. 6

 

55.           1° febbraio 1985 - venerdì

IN SICILIA ECONOMIA 'CONGELATA' DOPO I GRANDI BLIZ ANTICOSCHE

….Un grido d' allarme senza mezzi termini che viene raccolto e amplificato nelle stanze della Palermo che non vuol pagare un prezzo senza fine alla presenza e al temuto ritorno massiccio della piovra mafiosa. "Non possiamo attendere le prossime elezioni amministrative di maggio", avverte Ennio Pintacuda, sociologo gesuita. "Non si può aspettare cioè l'autunno per vedere cosa farà la nuova giunta comunale. Si deve intervenire subito, c' è un'emergenza che non consente indugi, altrimenti rischiamo seriamente di riconsegnare la Sicilia nelle mani della mafia".

 di Giuseppe Cerasa - La Repubblica pag. 12

 

56.           1° febbraio 1985 - venerdì

SETTE CONSIGLI A MANNINO

Intervista           Padre Ennio Pintacuda e Carlo Verdelli

 

57.           5 febbraio 1985 - martedì

SE DIVENTA ILLIMITATO IL POTERE DEI GIUDICI

Giornale di Sicilia          Padre Ennio Pintacuda

 

58.           6 febbraio 1985 - mercoledì

Presentazione libro di Nando dalla Chiesa a Palermo "Delitto imperfetto".

 

59.           7 febbraio 1985 - giovedì

DALLA CHIESA RILANCIA LA 'SFIDA DEGLI ONESTI'

…All' incontro, organizzato dalla Mondadori, partecipano, oltre al figlio dell'ex prefetto di Palermo, Gianpaolo Pansa, vicedirettore di "Repubblica", Corrado Staiano, scrittore, Ennio Pintacuda, sociologo, Alfredo Galasso, membro del Consiglio superiore della magistratura, Bruno Carbone, direttore de "l'Ora", moderatore. In prima fila gli alti gradi del palazzo di giustizia di Palermo, le vedove di magistrati e uomini politici assassinati dalla mafia, gli ufficiali dell'Arma che rimasero al fianco di Carlo Alberto Dalla Chiesa fino alla sera di quel tragico 3 settembre 1982. E che adesso ricordano i cento giorni del generale, le strade di Palermo insanguinate da decine di cadaveri, l'atmosfera da coprifuoco, i collegamenti tra mafia, politica e affari che il prefetto stava scoprendo. "Una città ideale per uccidere Dalla Chiesa", sottolinea Ennio Pintacuda. "Il generale conosceva molto bene mafia e terrorismo, era sul punto di smascherare i vertici della piramide del potere occulto, per questo era diventato un uomo estremamente pericoloso. L' agguato del 3 settembre, dunque, è più che un attentato mafioso, è una strage politica, un delitto di Stato"…

di Giuseppe Cerasa - La Repubblica pag. 13

 

60.           14 febbraio 1985

16,30 - Dibattito scuola Media Bonfiglio su “Scuola e Società”. Guarneri, Pres. Pusateri, Ing. Nocilla.

 

61.           15 febbraio 1985

17,00 – Incontro Dibattito al Centro Studi Sociali su “Magistratura e libertà”. Giudici Messineo, Rizzo, Provvidenti, Pepi, Ungaro. Moderatore: Leoluca Orlando.

 

62.           14 marzo 1985 - giovedì

PER DARE SPERANZA ALL' ALTRA PALERMO

Invito    MOVIMENTO UNA CITTA' PER L' UOMO         IL COMITATO CENTRALE

 

63.           16 marzo 1985 - sabato

UN SERVIZIO DELL' ABC SULLA PIZZA CONNECTION IN ONDA SULLE TV AMERICANE

Giornale di Sicilia

 

64.           19 marzo 1985 - martedì

E TUTTI PREDICANO LA RIVOLUZIONE DEGLI UOMINI ONESTI

di Giuseppe Calise - IL MATTINO

 

65.           19 marzo 1985 - martedì

LA RISCOSSA CATTOLICA.          RINNOVAMENTO E CONFERME

di Giuseppe Calise - IL MATTINO

 

66.           21 aprile 1985 - domenica

CIVILTA' E BUON GOVERNO PER PALERMO E SICILIA

L' ORA

 

67.           21 aprile 1985 - domenica

SU PALERMO LA BANDIERA DEI GIUDICI

di Ezio Mauro - La Stampa

 

68.           15 maggio 1985 - mercoledì

IN SICILIA LA DC CAMBIA VOLTO MA ORA IL PSI CHIEDE I SINDACI

"L' operazione è riuscita", proclama trionfante il segretario regionale Calogero Mannino. E Sergio Mattarella, il commissario incaricato da De Mita di rifondare la Dc palermitana, non nasconde la sua soddisfazione. In quel 37,3 per cento sancito dagli elettori (ben 9 punti in meno rispetto alle Amministrative dell'80) Mattarella vede un risultato che "va oltre le previsioni", ma anche "una apertura di credito che ci conforta e ci responsabilizza". Come dire che un prezzo al rinnovamento bisognava pur pagarlo, ma la Dc lo ha pagato senza vedere intaccato il suo ruolo centrale e decisivo sulla scena politica palermitana. A risultati ormai acquisiti, il nuovo vertice democristiano ha ben motivo di non dolersi più di tanto. Primo: perché il nuovo gruppo dirigente sembra poter contare sulla maggioranza del gruppo consiliare; anche se la componente andreottiana del discusso Salvo Lima (7 consiglieri su 32) e i dorotei di Pennino - un ex cianciminiano passato tempestivamente ad altre sponde - restano assai forti. Ugualmente rinnovata è la rappresentanza dc al Comune di Catania, anche qui al prezzo di un forte calo (33,7; -8,3%) e con alcune sorprese, come lo scivolone al terzo posto del capolista Azzaro, vicepresidente della Camera, e il successo oltre le previsioni del sindaco uscente Attaguile. Secondo: perché il successo di candidati come Elda Pucci (prima degli eletti con un vero e proprio record di preferenze) Leoluca Orlando Cascio, Vito Riggio e lo stesso Mattarella (secondo in ordine di voti) accredita un’immagine diversa rispetto a quella tradizionale della Dc palermitana. Terzo e decisivo argomento perché il salasso di voti dc non si è trasformato in un travaso a vantaggio di una ben determinata forza concorrenziale ma in una polverizzazione dalla quale tutti, e dunque nessuno, hanno tratto vantaggio. Meno che mai il Pci, che vede appena confermata la sua rappresentanza consiliare in una situazione che, sulla carta, sembrava la più favorevole quanto meno a premiare l’opposizione. In questo quadro non è facile individuare con chiarezza dove siano stati orientati quei tradizionali serbatoi di voti democristiani regolati da potenti personaggi come Ciancimino o i cugini Salvo, incappati nelle inchieste antimafia e costretti a non rinnovare le tessere dc. Del vecchio gruppo dirigente democristiano è riuscito a riciclarsi l’ex presidente della Provincia Ernesto Di Fresco a suo tempo arrestato per una storia di forniture. Oggi, lo troviamo alla testa di una lista civica (Unione popolare siciliana) gratificato di 10 mila voti e 2 seggi. Se in generale si può dire che la Dc ha subito un forte ridimensionamento nelle grandi città dove si è tentata l’esperienza del rinnovamento, le sorprese non mancano in certe borgate e in alcuni centri dove la presenza mafiosa è tradizionalmente forte. In alcuni di questi paesi, come Castellammare, Alcamo, Salemi (patria dei Salvo) la Dc o si conferma o si rafforza come primo partito, ben oltre il 40 per cento. In alcune borgate palermitane come Ciaculli e Croceverde Giardini, feudo dei Greco, la Dc si avvicina ai vecchi livelli di consenso (60-70 per cento). Qui, alle Europee dell’84 si era avuto un forte travaso di voti a favore dei radicali e del Movimento sociale. Ora la Dc recupera rispetto all' anno scorso. "Ma - dice Mattarella - bisogna distinguere tra la gente che abita in quelle borgate e i mafiosi". Insomma, sulle interpretazioni da dare all' andamento del voto le opinioni sono controverse. Secondo padre Ennio Pintacuda, gesuita, uno degli ispiratori della lista cattolica "Città per l’Uomo" che ha ottenuto un 2,5 per cento inferiore alle previsioni, dal quadro generale dei risultati esce "mortificata la questione morale e penalizzata l’azione moralizzatrice dei magistrati". Per questo, sostiene Pintacuda, "i veri vincitori delle elezioni sono Città per l'Uomo e i Verdi" (1,78 per cento; 1 seggio). Sicura del proprio operato, decisa a respingere per la propria parte, questo tipo di analisi, la Dc si avvia ad aprire la nuova stagione politica palermitana. All’orizzonte c' è il pentapartito con i socialisti (rafforzati di un 1,5 per cento) che scalpitano per avere il sindaco. Ma la risposta di Mattarella è decisa: "Parlare del sindaco è prematuro. Escludo, però, che, per la guida amministrativa della città, non si possa tener conto di un partito che ha oltre il 37 per cento.

di Alberto Stabile - La Repubblica pag. 10

 

69.           6 giugno 1985 - giovedì

PIU' VOTI PERSONALI È MEGLIO? FORSE!

Intervista di Donatella Palumbo - CRONACHE PARLAMENTARI SICILIANE pag. 25-26

 

70.           6 giugno 1985 - giovedì

PADRE SORGE A PALERMO " VA' IN TERRA DI TENSIONI"

di Alceste Santini - L'Unità

 

71.           12 luglio 1985 - venerdì

PADRE SORGE 'IN SICILIA RINGIOVANIRO' '

È stato il Centro studi sociali di Palermo a richiedere il trasferimento di padre Bartolomeo Sorge "in perfetto accordo con il cardinale Pappalardo e con le richieste avanzate dalle chiese siciliane nel recente convegno di Acireale". È quanto ha dichiarato padre Pintacuda, autorevole esponente del centro stesso, dopo le polemiche che hanno accompagnato nei giorni scorsi la notizia dell’allontanamento di Sorge dalla direzione della rivista "Civiltà Cattolica". Pare anzi che lo stesso Sorge sia stato nel passato fra gli autori dell’idea di potenziare il "laboratorio palermitano, al quale la Compagnia di Gesù attribuisce grande importanza". Fra le nuove attività che inizieranno non appena padre Sorge vi approderà è previsto un corso postuniversitario per formare "professionalità nel settore politico". Dello stesso tenore le dichiarazioni di padre Sorge. "La novità del trasferimento in Sicilia" ha detto "mi ha quasi fatto ringiovanire. Mi stimola l’idea di essere a contatto con una realtà piena di fermenti come quella siciliana e soprattutto la prospettiva di poter collaborare con un pastore coraggioso come il cardinale Pappalardo".

La Repubblica pag. 5

 

72.           12 luglio 1985 - venerdì

LA NOMINA DI SORGE GRADITA A PAPPALARDO

La Sicilia

 

73.           16 luglio 1985 - martedì

Leoluca Orlando viene eletto Sindaco di Palermo

(il mandato si conclude il 12 marzo 1990)

 

74.           17 luglio 1985 - mercoledì

IL MIO PRIMO GIORNO DA SINDACO

Intervista - Nicola Lombardozzi - L' ORA

 

75.           2 agosto 1985 - venerdì

IL " LABORATORIO SOCIALE" DOVE ANDRA' PADRE SORGE

di Saverio Lodato - L'Unità

 

76.           10 agosto 1985 - sabato

DOVE LA MAFIA AFFONDA LE SUE RADICI

Abita nel quartiere di Brancaccio, ha 16 o 17 anni, non va a scuola perché costa troppo. Il padre si arrangia, la madre si arrangia, un fratello grande scorrazza con la "Kawasaky" e qualche biglietto da diecimila in tasca ce l’ha, la sorella più piccola razzola nel cortile o sui marciapiedi. Il ragazzo frequenta ragazzi come lui, intorno a uomini che da ragazzi erano come lui. Bighellona tutto il giorno tra strade rumorose e sporche che puzzano di "stigghiole" fritte dell’olio rancido. L' approdo è il bar. E nel bar matura anche il suo destino: vuoi guadagnare un po' di soldi? Don Calogero ti vuole conoscere, dice che sei un bravo picciotto. Alla Kalsa c' è un uomo già maturo, più di trent' anni. Un bravo sposo e padre di famiglia. Per molti anni disoccupato. Il suo nome e indirizzo ha figurato a lungo nell' ufficio di collocamento. Ha chiesto aiuto anche al sindaco. Un posto lo ha infine trovato grazie allo zio che conosceva il cugino di una persona "importante". Un buon posto, contabile in una ditta di laterizi. La signora Maria abita invece nel quartiere medio-borghese di Viale Strasburgo. Marito impiegato in banca, due figli studiosi. La signora Maria, però, non può usare l’automobile: ha smarrito la patente. Ha chiesto il duplicato da quasi un anno, le rispondono che ci vuole ancora tempo. Una volta le occorreva il certificato di residenza. Si recò all' anagrafe, si mise pazientemente in fila. Fu avvicinata da un uomo piccolo e anziano che le disse: "Qua la fila la facciamo noi. Le costa solo 5mila lire". Era uno "zuino". Senza "zuinaggio" è impossibile ottenere un certificato. Il ragazzo di Brancaccio, il padre di famiglia della Kalsa e la donna di Viale Strasburgo sono chiaramente tre personaggi di fantasia, ma le loro storie aderiscono perfettamente a quelle di migliaia di palermitani. Sono tre stereotipi che servono a spiegare come e perché la cultura mafiosa riesca a raccogliere adesioni. Non sono mafiosi, un vero mafioso potrebbe forse diventare soltanto quel giovane che bivacca nel bar di Brancaccio. Ma sicuramente non si specchiano nelle istituzioni dello Stato. Per convenienza, poi - piano piano - per convinzione. La morte di un poliziotto li coglie indifferenti, la morte di un mafioso li preoccupa un po’: e se fosse quello che - indirettamente - mi consente di lavorare, di avere una casa, di ottenere dei documenti, di comprare il tavolo di noce per il salotto o un cappotto per mia figlia? I tre stereotipi li abbiamo visti, moltiplicati per mille, ai funerali di Salvatore Marino, il giovane uscito cadavere dall' interrogatorio della polizia. Lacrime, commozione e fiori di una folta cittadinanza dietro la bara dell’agnello mafioso scannato dai barbari in divisa. Una bara bianca, segno della vittima innocente. La stessa partecipazione massiccia non è stata notata alla cerimonia funebre dei dirigenti della "Mobile" Giuseppe Montana e Antonino Cassarà. E neanche a quella dell'agente di scorta Roberto Antiochia, un po' più nutrita perché vi partecipavano il capo dello Stato e i ministri, e perché a rendere l'estremo saluto al compagno c' erano centinaia di colleghi in abiti borghesi ma tutti uguali, giubbetto jeans senza maniche, pantaloni bianchi aderentissimi. I funerali sono sempre stati uno specchio sincero del consenso riscosso dalla cultura mafiosa. Nel giugno del ' 78 a Riesi, provincia di Caltanissetta, l'intero paese (cinquemila persone) accompagnò al cimitero la salma di Giuseppe Di Cristina, detto "il boss dal colletto bianco" perché era impiegato come cassiere presso la Società chimica mineraria siciliana. Scuole e uffici chiusi, la bandiera nella sede della Dc listata a lutto. La cerimonia fu filmata dai carabinieri e attraverso le immagini furono spiccate cinquantuno denunce per "interruzione di pubblico servizio". Fra i cinquantuno, presidi, insegnanti, impiegati comunali, netturbini. Nell' aprile dell’81, Santa Maria del Gesù, un popoloso quartiere palermitano sotto il monte Grifone, apparve paralizzato per il funerale di Stefano Bontade. E un mese dopo lo stesso accadde a Passo di Rigano per le esequie di Salvatore Inzerillo. Ma allora, anche a Palermo - non solo nei piccoli centri della Sicilia - prevale nella cittadinanza la cultura mafiosa? Parrebbe di sì, e lo sanno anche i bambini. Conoscono la situazione e ne conoscono le cause. Due anni fa un insegnante della scuola "Cavallari" di Brancaccio propose agli alunni della terza elementare un tema coraggioso: che cos' è la mafia. Ecco uno svolgimento: "La mafia è anche aiutata dalla cittadinanza perché anche se qualcuno vede non lo dice". Eccone un altro: "La mafia è un’organizzazione formata da molti disoccupati". Sì, è vero, la disoccupazione è un serbatoio d' oro per la mafia. Nell' ultimo anno, a Palermo, il numero dei giovani disoccupati è stato raddoppiato, da trentamila a sessantamila. Gli edili senza lavoro sono trentamila. Da quattro anni quasi tutti i cantieri hanno chiuso i battenti. La "Cantieri navali" ha ridotto gli impiegati da 3.500 a 1.500. Le piccole ditte artigianali cancellano il proprio nome dagli elenchi della Camera di commercio tornando a una forma di lavoro nero. Il venti per cento degli abitanti di Palermo non ha un impiego, il trenta per cento è sottoccupato. Cinquemila sono i cassintegrati. Commenta Elio Sanfilippo, segretario del Pci: "Alcuni rimpiangono il periodo d' oro della florida economia mafiosa. E dicono: ma questa lotta a che cosa ci porterà?". Ecco perché Salvatore Marino diventa un eroe, ecco perché l'agente di polizia viene chiamato sempre più spesso "sbirro". "Sì - osserva il sociologo gesuita padre Pintacuda - però anche tra le forze dell'ordine c' è gente che fa ben poco per stabilire un rapporto cordiale con il cittadino. Questo è un aspetto, se vogliamo minimo, del colpevole disinteresse dello Stato verso la nostra città. La gente vive nella violenza e nella diseducazione, la gente è stanca della ritualità e delle promesse non mantenute. Alle parole pronunciate dalle autorità ai funerali di Stato non crede più nessuno. Ma sono loro, i signori del Palazzo, a determinare questa sfiducia. Le faccio un esempio: due mesi fa il ministro Scalfaro disse che non sarebbe stato possibile accrescere le forze dell'ordine; ora manda a Palermo ottocento poliziotti in più". Secondo padre Pintacuda, però, non bisogna dimenticare che qualche progresso, rispetto al passato più buio, c' è stato: accenna alla manifestazione dei diecimila studenti di sei mesi fa, all' imponente fiaccolata dello scorso 3 settembre in occasione dell'anniversario della morte di Dalla Chiesa, ad una nuova presa di coscienza dei giovani, del mondo politico, degli stessi partiti. Ripete il concetto già espresso lo scorso mercoledì dal vescovo vicario Mazzola nella cattedrale: "Occorre dare lavoro alla gente, economia e sottosviluppo offrono alla mafia spazi enormi". E aggiunge un rimprovero all' Alto commissario: "De Francesco era presente in tutte le scuole, Boccia non lo vede mai nessuno". Lavoro, scuola: per strappare i palermitani alla mafia occorre cominciare dalla base. Lo sostengono con convinzione anche tre magistrati impegnati nella lotta alle cosche, Geraci, Ayala e Sciacchitano: "Non bisogna aver fretta, in questa guerra non esistono scorciatoie". Dichiarano più crudamente di Pintacuda che il consenso alla mafia c' è sempre stato, con un momento di flessione derivato dall' arresto di Ciancimino e dei Salvo "uno scossone per il siciliano, storicamente abituato e rassegnato all' intoccabilità del potente". Ma poi... È stata un'illusione, la cultura mafiosa è tornata a prevalere. Perché questa è una città sottosviluppata, dove la lotta con la lira è drammatica. La pignata si deve mettere ogni giorno, si dice da queste parti. E la gente non può fare a meno di rivolgersi a chi le riempie la pignata". La mafia è una contro-istituzione, affermano i magistrati, che conta sulla sfiducia del cittadino verso lo Stato. "O con lo Stato o con la mafia: è un'alternativa imposta. E lo Stato, diciamolo francamente, non compie sforzi troppo energici per vincere il braccio di ferro". La soluzione? A parere dei magistrati, non ce n' è che una: nervi molto saldi (lo raccomandano anche alle forze dell'ordine), un piano di sviluppo economico ("a Palermo non sono mai venuti né il ministro dell’Industria, né quello delle Partecipazioni statali"), una vasta campagna nelle scuole. "Poi ci vuole anche il presidio del territorio, certo. Non è vero che gli ottocento rinforzi siano inutili. I posti di blocco servono a dare fiducia al cittadino ed anche a prendere i latitanti. Sinagra fu catturato perché incappò in una pattuglia della polizia turistica. Marchese cadde in un blitz a Brancaccio. Bagarella fu intercettato da due carabinieri motociclisti in corso Vittorio Emanuele".

di Franco Recanatesi - La Repubblica pag. 4

 

77.           13 ottobre 1985 – domenica

Palermo - Parrocchia S. Gabriele Arcangelo ore 16,30

Salone parrocchiale conferenza - dibattito sul tema:

Il quartiere n. 15 Altarello: significato delle forze sociopolitico, religiose in esso esistenti e prospettive per la sua vita interna e dei suoi rapporti con la città.

Interventi: prof. Leoluca Orlando Sindaco di Palermo, On. Gaspare Saladino Vicesindaco e assessore all'urbanistica, sig. Nunzio Maniscalco Presidente del consiglio del quartiere Altarello, Ennio Pintacuda Sociologo, Prof. Nino Alongi Consigliere comunale di "Una città per I' Uomo”.

Modera l'incontro il dott. Ignazio Pizzo della Rai.

Presiede il parroco Rev. Francesco Romano

 

78.           29 novembre 1985

79.   

 

80.           10 gennaio 1986 - venerdì

Inizio maxiprocesso

 

81.           7 febbraio 1986 venerdì

QUEL CARDINALE HA PREFERITO SEDERE IN MEZZO AI POTENTI

PALERMO - "Il cardinale si è preoccupato di sedere tra i saggi della città, tra i potenti e non come Gesù tra gli stolti". Parliamo sullo sfondo di un quartiere residenziale: palazzi non opprimenti, aiuole fiorite, traffico accettabile. Ma il giovane parroco, uno dei tanti che in questi anni ha dato vita a quella sorprendente realtà che è stata la "Chiesa di Pappalardo", la chiesa schierata contro la mafia, viene da una delle borgate più povere di Palermo: miseria e abbandono, vivere alla giornata e convivere con la delinquenza. La citazione, mi dice, va spiegata: "I saggi sono i benpensanti che si sono schierati contro il processo". Ci siamo chiesti quali reazioni, quali pensieri devono aver suscitato fra questi religiosi le parole del cardinale ieri piene di sdegno, oggi tutte protese verso la comprensione; ieri implacabile verso una città paragonata a Sagunto, oggi timorose degli effetti "spettacolari" del maxiprocesso; ieri severissime verso i potenti, oggi ammorbidite da una grande cautela. La risposta che riceviamo dal nostro interlocutore è un invito a ripercorrere le tappe di questa involuzione, cominciata da qualche tempo e culminata in questi giorni con quella che viene giudicata "una riaffermazione della Chiesa come potere". Con una premessa, però: "Oggi - dice il giovane parroco - è in gioco la capacità stessa della Chiesa palermitana e siciliana di annunciare il Vangelo in una città, in una regione oppressa dalla mafia. con questo problema che abbiamo chiesto da tempo di misurarci. Ma questo è rimasto un tabù". La "frenata" di Pappalardo comincia insomma nell' 83, un anno importante e difficile: l’anno della protesta-avvertimento dei detenuti dell' Ucciardone (si rifiutarono per ordine dei boss di ricevere il precetto pasquale) dell' omicidio del consigliere istruttore Rocco Chinnici, della visita a Palermo del papa che non pronuncerà mai la parola mafia. "Nei momenti migliori eravamo stati abituati a sentirci dire: parlatene anche voi di questa piaga che è la violenza mafiosa. Ma un vero approfondimento non c' è mai stato. Anzi, a poco a poco è cominciato il silenzio, sino al convegno delle chiese di Sicilia che si è svolto la scorsa primavera ad Acireale. Lì alla questione mafia è stato dedicato non più di qualche fugace accenno: non una giornata di studio, non un dibattito, non una relazione". Questa singolare omissione non è passata inosservata agli occhi attenti di un gruppo di laici e cattolici che danno vita alla rivista Segno, diretta da un padre redentorista, Nino Fasullo. Dell' incontro di Acireale, momento cruciale di questa vicenda, Segno ha offerto un’interpretazione inequivocabile riassunta nel titolo: "Un convegno da rifare". Già il tema ("Una presenza per servire") denunciava secondo la rivista, "una teologia autoritaria, refrattaria alla critica" che chiede "obbedienza, uniformità, compattezza", e che "arringa e dà ordini soprattutto dove c' è un potere materiale da gestire". Ma c' è di più. Il convegno registra un riavvicinamento della Chiesa siciliana alla Dc o per meglio dire un avallo all' operazione di rinnovamento che proprio lì ad Acireale si presenta, con il segretario regionale Calogero Mannino, a riscuotere l’applauso dei vescovi e dei sacerdoti. la premessa di quel sostegno che verrà accordato appena poche settimane dopo alle elezioni amministrative. Si badi bene, neanche in quell' occasione Pappalardo ha risparmiato bacchettate sulle dita al partito di "ispirazione cristiana" cui ha attribuito "lo spettacolo sconsolante di malgoverno", ma la "ramanzina" si concluse con il riconoscimento che "all' interno della Dc si sta cercando di risanare piaghe antiche, cercando la collaborazione e il consenso degli ambienti cattolici più qualificati". Ora, si dice, che la svolta di questi giorni potrebbe essere stata ispirata dal timore di strumentalizzazioni, dalla preoccupazione di compromettere alla vigilia delle elezioni regionali la compattezza dell'elettorato cattolico intorno alla Democrazia cristiana, caso mai non dovesse risultare del tutto convincente quel rinnovamento cui Pappalardo ha dato il suo imprimatur. Ma forse il salto è stato eccessivo se nella stessa chiesa palermitana c' è chi dice: "In questi giorni parla meglio il sindaco di Palermo che il cardinale". Personaggio decisamente scomodo, tanto sofferto ma anche tanto convinto del proprio dissenso verso alcune scelte della Curia da mettere in discussione la sua stessa militanza sacerdotale, padre Michele Stabile è stato vicario episcopale in una delle zone più calde della provincia, quella compresa tra Bagheria, Santa Flavia e Altavilla, tristemente nota come "il triangolo della morte". A lui si deve quel messaggio sottoscritto da tutti i parroci del luogo nel momento in cui infuriava la guerra di mafia che precedette l'assassinio di Dalla Chiesa. "Perché neanche io mi stupisco di queste posizioni del cardinale? Perché sulla mafia c' è stata la condanna contingente, la risposta unica anche se reiterata, ma l'analisi globale del fenomeno non c' è mai stata". La sua non vuole essere in alcun modo una polemica personale ("la figura di Pappalardo è fuori discussione"). Ma il religioso contesta alla radice l'argomento usato dal cardinale quando afferma che i cristiani non devono acquisire una mentalità antimafia, ma una mentalità evangelica. "Come si può acquisire una mentalità evangelica se la mafia costituisce un ostacolo fondamentale per uno spirito cristiano? E poi, mi scusi, ma che significa essere evangelici oggi a Palermo. Io credo che non basti un generico riferimento al Vangelo. Certo, altrove, vi sono altri mali, forse non meno gravi della mafia, ma è qui, in questa città che ha queste strutture inesistenti, questo clientelismo, questa immoralità pubblica, questa mafia che devo annunciare il Vangelo. Questo deve interessare alla Chiesa non che l'immagine della città sia travisata, la Chiesa non è l'ente del turismo". Non meno deciso è padre Fasullo: "La Chiesa è qui chiamata a misurarsi con il problema mafia e non può prendere per la tangente". Quale indicazione seguirà allora in futuro la Chiesa dei parroci, la Chiesa impegnata? "Il cardinale stesso lo ha detto - è la risposta - ognuno andrà avanti secondo la propria coscienza". Per la verità, su questa questione dei rapporti Chiesa-società, Chiesa-mafia opinioni diverse ed anche contrapposte sono già emerse e sembrano destinate a coesistere. La stessa agenzia della Curia, "Mondo cattolico", a proposito del maxiprocesso presenta nel suo ultimo numero due italiani che esprimono posizioni radicalmente differenti. Una è quella del teologo Basili Randazzo, tutta una messa in guardia contro le "generalizzazioni" che possono colpire il prestigio di un popolo. L' altra, di tenore ben diverso, è quella del sociologo gesuita Ennio Pintacuda che analizza il movimento di opinione pubblica sorto intorno al processo: "Tutto questo non è spettacolarità - scrive - ma segno di una solidarietà che è maturata nel paese...". Un segno che fa dire "non siamo più soli ma stiamo sperimentando che Palermo è - come si ama ripetere - un pezzo d' Italia".

di Alberto Stabile - La Repubblica pag. 13

 

82.           5 maggio 1986 - lunedì

PIEMONTE CHIAMA SICILIA

di Padre Ennio Pintacuda - DIMENSIONE SICILIA

 

83.           6 maggio 1986 - martedì

SICILIA "EFFETTO DE MITA"

di Massimo Franco - Il Giorno

 

84.           8 maggio 1986 - giovedì

SUD INDOLENTE E INGEGNOSO

di Bianca Stancanelli - L' ORA

 

85.           14 maggio 1986 - mercoledì

RESUTTANA, CONVOCATO IL CONSIGLIO

Giornale di Sicilia

 

86.           16 maggio 1986 - venerdì

RISANIAMO PALERMO "SOGNO DI BRAVI RAGAZZI DI BORGATA"

L ' ORAS.R.

 

87.           24 maggio 1986 - sabato

Palermo - Istituto magistrale «Finocchiaro Aprile»

Tavola rotonda sulla mafia: «Un itinerario contro la mafia»

Partecipano Giuseppe Cipolla (docente e pubblicista), Guido Lo Forte (sostituto procuratore della Repubblica), Franco Nicastro (giornalista), padre Ennio Pintacuda (sociologo), Graziella Priulla (docente di sociologia delle Comunicazioni all'università di Palermo). Coordina la professoressa Ersilia Mazzarino Rotigliano.

 

88.           30 maggio 1986 – venerdì

Ragusa

Villa Di Pasquale – ore 19,30

Organizzazione “Rotary Club Ragusa” e “Associazione mogli medici italiani”

Conferenza del Prof. Padre Ennio Pintacuda sul tema "La via della pace: Lo sviluppo e la solidarietà”

 

89.           4 giugno 1986 - mercoledì

UN ' ILLUSIONE NON ANCORA REALTA'

di Romolo Menighetti - L' ORA

 

90.           6 giugno 1986 - venerdì

DALLA SFIDUCIA ALL' IMPEGNO

di Padre Ennio Pintacuda - DIMENSIONE SICILIA

 

91.           8 giugno 1986 - domenica

IL VELENO SICILIA

di Gianpiero Rizzon - IL GAZZETTINO

 

92.           11 giugno 1986 - mercoledì

PADRE SORGE: PREPARIAMO I GIOVANI ALLA POLITICA

L' ORA

 

93.           12 giugno 1986 - giovedì

PRIGIONIERI DEL VECCHIO

di Gianpiero Rizzon - IL GAZZETTINO

 

94.           18 giugno 1986 - mercoledì

GIA' INIZIATO IL COMBATTIMENTO

Avvenire M.PA.

 

95.           18 giugno 1986 - mercoledì

A PALERMO NEL NOME DI ARRUPE

di Romolo Menighetti - L' ORA

 

96.           25 giugno 1986 - mercoledì

CHI HA VINTO NELLA DC?

di Carmine Fotia - Il Manifesto

 

97.           30 giugno 1986 - lunedì

SAREBBE MIOPIA NON VEDERE I CAMBIAMENTI IN QUESTA REGIONE  RELAZIONE

SICILIA 9 e seg.           PIO CEROCCHI

 

98.           26 luglio 1986 - sabato

ICEBERG PARADOSSALE DI UNA SITUAZIONE DIFFUSA

L' ORA              Padre Ennio Pintacuda

 

99.           domenica 3 agosto 1986

GIUSEPPE LAZZATI E LA CITTA' DI PALERMO

La Stampa         11 e seg.          Padre Ennio Pintacuda

 

100.        25 agosto 1986 - lunedì

SI,          SIAMO IN TRINCEA

Intervista           IL MESSAGGERO   2          di Luigi Manconi

 

101.        15 settembre 1986 - lunedì

PALERMO SENZA CALCIO MINACCIA UNO " SCIOPERO DELLA SCHEDINA"

di Felice Cavallaro - Corriere della Sera

 

102.        28 ottobre 1986 - martedì

SI INAUGURA L' ISTITUTO DI FORMAZIONE POLITICA " PEDRO ARRUPE"

INCONTRO     CENTRO STUDI SOCIALI-PALERMO     88        GIORNALE DI SICILIA

P. Sorge tiene ufficialmente la sua prima prolusione all’Istituto Pedro Arrupe:

La crisi dello Stato sociale in Italia. Dalla democrazia bloccata alla democrazia matura

 

103.        4 novembre 1986 - martedì

VANNO A RUBA LE ARMI-GIOCATTOLO PER I REGALI NEL GIORNO DEI MORTI.

… In questo rincorrersi c' è anche chi si fa veramente male come Antonino Badalamenti e Rosaria Lo Presti, due piccole fans degli uomini di scorta che sono rimaste ferite agli occhi dalle fiammate di armi giocattolo medicate per lievi lesioni alla cornea al pronto soccorso di piazza Marmi. Ma il gioco continua prende il posto delle scene che una volta si vedevano nei western, commenta Ennio Pintacuda, sociologo, sottolineando che inevitabilmente i modelli scelti dai bambini finiscono con l’essere gli stessi che prevalgono nella società palermitana. Ed è uno spettacolo quotidiano che diventa comunque riferimento educativo, aggiunge Ennio Pintacuda. Una educazione al conflitto, allo scontro, una sorta di difesa ad oltranza connessa con il maxiprocesso, con le sirene delle scorte, con i poliziotti che saltano fuori dalle macchine e mitra spianati proteggono politici, magistrati e quanti sono nel mirino delle cosche di Cosa Nostra. E i bambini in qualche modo arrivano a identificarsi con questi superman messi a guardia di chi detiene il potere in una città assediata come Palermo.

La Repubblica pag. 5

 

104.        15 novembre 1986 - sabato

QUEL SINDACO CORAGGIOSO CHE SI SENTE ABBANDONATO.MOLTI AMICI SONO INCERTI E LE " FAMIGLIE" IN ATTESA

di Felice Cavallaro - Corriere della Sera

 

105.        15 novembre 1986 - sabato

ORLANDO IN DIFFICOLTA', NON RICORDA

di Adriano Baglivo - Corriere della Sera

 

106.        5 dicembre 1986 - venerdì

IL GESUITA PADRE SORGE DURISSIMO CONTRO LA "DEGENERAZIONE PARTITOCRATICA"

di Giuliano Ferrara - Corriere della Sera

 

107.        10 dicembre 1986 – venerdì

Il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga a Palermo, in occasione del cinquantesimo anniversario della morte di Luigi Pirandello,

visita il Centro Studi Sociali dei PP. Gesuiti

 

108.        18 dicembre 1986 - giovedì

A SCUOLA DI POLITICA

Intervista di Federico Orlando - Il Giornale pag. 4

 

109.        13 gennaio 1987 – martedì

IL CORAGGIO CHE SI FA TESTIMONIANZA

Invito    LIBRERIA EDIZIONI PAOLINE… E ASSOCIAZIONE TURISTICA "PRO LOCO" LE FIGLIE DI S. PAOLO,

DR.M. ALDO GIAMMUSSO

 

110.        13 gennaio 1987 – martedì

UN MESSAGGIO POLITICO CONTRO L'INDIFFERENZA

Recensione libro “Palermo palcoscenico d’Italia” a cura di Francesco Maria Stabile - L'ORA

 

111.        15 gennaio 1987

P. Pintacuda – Conferenza a S. Margherita Belice “L’impegno politico e sociale”.

 

112.        16 gennaio 1987 – venerdì

SICILIA, LA DC AL BIVIO DAVANTI ALLA CRISI DEL RINNOVAMENTO

…Sorge, che non crede nella possibilità di un secondo partito cattolico come per un momento si è ipotizzato con l'esperienza di Città per l'Uomo, ispirata da un altro gesuita, padre Pintacuda non ha mai cessato in questo primo anno di esperienza palermitana di esortare la Dc al rinnovamento o, come dice lui, alla rifondazione, ponendo il problema senza mezzi termini, come questione di vita o di morte: o la Dc cambia uomini e metodi o scompare…

di Alberto Stabile - La Repubblica pag. 4

 

113.        18 gennaio 1987 – domenica

Siracusa

Primo corso di formazione politica

Ore 10,00 sede ENPI

Tema: "Analisi delle condizioni storiche attuali per l'impegno dei cattolici in politica".

Organizzato dal Centro Servizio Giovani, insieme alle ACLI, all'Azione Cattolica, al Movimento Gioventù Nuova e al settimanale diocesano CAMMINO.

Introduzione prof. Alessandro Zappulla

Relazione di padre Ennio Pintacuda

 

Ore 16,00 tavola rotonda hotel Scala Greca – Siracusa su

“I riflessi della crisi del sistema nella gestione di un ente territoriale: le UU.SS.LL.”

Intervento di padre Ennio Pintacuda

 

114.        22 gennaio 1987

Agrigento. Presentazione libro

“Faccia a faccia con la mafia” di Gigi Moncalvo; con presentazione di p. Ennio Pintacuda

Libreria Paoline, via Atenea 143 - Agrigento

 

115.        25 gennaio 1987 - domenica

Piazza Armerina dibattito con scout c/o Teatro Excelsior

 

116.        25 gennaio 1987 - domenica

SPACCIATORE A 13 ANNI

… Sono stati in pratica abbattuti piloni sulla cui solidità era fondata l'antica famiglia siciliana, commenta Ennio Pintacuda, sociologo gesuita, che di recente ha raccolto in un volume (Palermo, palcoscenico d' Italia) le sue riflessioni sulla città e sui fenomeni di devianza sociale. La criminalità fino a poco tempo fa si fermava di fronte ad argini secolari, costituiti dai bambini, aggiunge Pintacuda. Nessuno avrebbe mai pensato di utilizzare nel traffico di droga il proprio figlio, di mettergli in tasca decine di bustine da consegnare a spacciatori o tossicodipendenti. Adesso sono prevalsi modelli di criminalità che si spingono fino al tremendo assassinio di Claudio Domino. A riprova che dell'antica sacralità che circondava i bambini non c' è più traccia. E le cronache di questi mesi dimostrano cosa sta accadendo nei quartieri che alla sezione narcotici considerano veri e propri depositi di eroina.

di Giuseppe Cerasa - La Repubblica pag. 18

 

117.        25 gennaio 1987 – domenica

Il caso Sciascia

PECCATI D'ANTIMAFIA

Che effetto hanno avuto a Palermo le accuse di carrierismo lanciate dal maggior scrittore civile italiano a esponenti della lotta a Cosa nostra?

Avranno conseguenze sul maxiprocesso? E che cosa rispondono i giudici?

…Proviamo almeno a vedere quali spiegazioni vengono date della clamorosa sortita di uno dei nostri intellettuali più lucidi e di uno dei più attenti osservatori del fenomeno mafioso. Il gesuita Ennio Pintacuda, sociologo assai ascoltato a Palermo sia da politici che dal cardinale Pappalardo ha una sua versione dei fatti: «Le dichiarazioni di Sciascia credo che produrranno danni molto gravi. La sua è senza dubbio una uscita macabra. Non si può gioca re con i morti. Sa cosa si dice qui in città? Che solo tre anni fa queste parole dette da Sciascia avrebbero provocato un morto. Nel senso che sarebbero state lette come il segnale dell'isolamento nel quale vivono quelli che lottano contro la mafia. Del resto, non si riesce a capire quali tesi vuole sostenere Sciascia. Certo questa sua presa di posizione mi sembra in sintonia con quanto vanno dicendo da diverso tempo in qua i socialisti e cioè che bisogna stare attenti ai danni della mafia Come a quelli dell'antimafia. Una posizione che francamente non sento come si possa condividere. Sono sincero: troppe ombre rendono assai sospetta la cristallinità della sortita di Sciascia. E il fatto che Il Giornale di Sicilia" lo strumentalizzi mi fa ancora più dispiacere” ….

Articoli di Pietro Calderoni con intervista a P. Pintacuda - L'ESPRESSO pag. 6-7-8-9

 

118.        26 gennaio 1987 - lunedì

P. Ennio Pintacuda – Convegno “Il ruolo delle grandi città nel mezzogiorno”

 

119.  

120.        Gennaio-febbraio 1987 N.1-2

Universitas – bimestrale

NON SPEGNERE LE LUCI SUL PALCOSCENICO DI PALERMO

Intervista a P. Pintacuda

Professor Pintacuda, proprio in questi giorni giunge in libreria un suo volume, Palermo palcoscenico d'Italia, che raccoglie scritti pubblicati negli ultimi tre anni nella città della piovra: è possibile trarre un bilancio di quanto è accaduto?

«Quella che si è chiusa può essere considerata una prima fase della lotta alla mafia. Però quando parlo di prima fase non mi riferisco solo agli ultimi anni, parlo di una fase che si è aperta con la strage di viale Lazio, una fase vissuta sui molti morti di questa città, sulle vittime di una lotta contro le organizzazioni criminali. Una fase durante la quale l'altra Palermo ha conquistato postazioni importantissime: ha impresso una forte e crescente mobilitazione degli strati sociali, ha visto un’amministrazione comunale per la prima volta apertamente schierata, così come ha visto un Palazzo di Giustizia impegnato in prima fila nella lotta alle cosche. giustizia impegnato in prima fila nella lotta alle cosche. Sono queste postazioni fondamentali, dalle quali muovere per le iniziative di una seconda fase nella lotta alla mafia».

Eppure, c'è chi, come ha recentemente fatto Sciascia, ritiene che i risultati raggiunti si mischino ad opportunismi di varia natura. Senza voler ricordare che Craxi venuto n Sicilia si è fermato a Racalmuto per due lunghe ore a discutere con lo scrittore siciliano; c’è quanto basta per chiedersi: a chi giovano sortite come queste?

«Sono convinto che fare da pompieri, annacquare la mobilitazione in una fase nella quale bisogna addensa re le file, non giovi a nessuno. Altro che superamento della tensione e dell'impegno! C'è ancora bisogno di tensione, se per tensione intendiamo idealità, coraggio e tenacia. Non si essere macabri quando ci sono stati morti fino a qualche mese fa, quando ancora si reclama giustizia e verità su chi è stato ucciso».

Le accuse di Sciascia sono tuttavia molto precise...

«Io credo proprio che il giudice Borsellino a Marsala non sia in una poltrona ma in prima linea. La sua è una carriera nella quale è in gioco la vita. Insomma, io ho il massimo rispetto per le battaglie che hanno visto Sciascia ha schierato; tutti noi abbiamo appreso da lui, tuttavia questo non è il momento di ammorbidire, non è il momento di fare salotto in trincea».

Ma quella attuale è una fase di caduta della tensione?

«Siamo in presenza di un tentativo di normalizzazione. I processi che si concludono con le assoluzioni, con le scarcerazioni, mostrano ancora come siamo sguarniti di fronte alle organizzazioni criminali, Ma una cosa è certa: se si spengono i fari sul palcoscenico di Palermo, se viene meno l'attenzione nazionale verso i nostri problemi, la vertenza che una parte della città ha aperto, rischia di cadere nel vuoto».

Quale futuro per quella che lei definisce la seconda fase?

«In una fase nella quale ricompaiono gli utili idioti, ritengo che si debbano confermare le strategie di alleanze che hanno prodotto risultati oggi. E il momento di ribadire un progetto politico che abbia una visione economica in difesa delle fasce emarginate, una visione urbanistica che si ponga il problema del vivere sociale. Un progetto che si batta contro il silenzio e l'isolamento e che confermi la possibilità di una intera città di scardinare alcuni sistemi di potere».

In questa seconda fase ci sarà ancora una giunta Orlando?

«La questione non è la sopravvivenza della giunta guidata da Orlando. Nella misura in cui "Orlando" è una strategia, un modo di intendere le alleanze ed il rinnovamento, ben vengano mille "Orlando", che ci siano "Orlando" in ogni partito. La realtà è che molti partiti, molte associazioni sindacali, molti movimenti devono ancora procedere nell'opera di purificazione interna, devono continuare a mantenere alta la battaglia morale».

Come arriva a suo avviso la sinistra a questo appuntamento con la seconda fase?

«Esiste una crisi di certa sinistra organizzata, ma la vera sinistra è tutt'altro che in crisi. Bisogna ripensare interamente le categorie della sinistra e con esse bisogna anche comprendere questa sinistra orizzontale che vince proprio quando si ristruttura il centro storico, quando trovano spazio realizzativo battaglie di anni».

Quale contributo possono dare i giovani e l'università in tal senso?

«Anche l'università rischia di essere risucchiata dalla normalizzazione. La meritocrazia, il numero chiuso, possono essere considerati, frammenti di normalizzazione, Per evitare ciò bisogna che dai giovani venga una spinta che rivitalizzi l’università».

 

121.        1° febbraio 1987 - domenica

PRIMO CORSO DI FORMAZIONE POLITICA ACCOLTO CON SUCCESSO DAI GIOVANI

Centro Servizio Giovani, ACLI, GEN, A. C., e CAMMINO, sono stati i promotori

Relatore padre Pintacuda, docente al Centro Studi Sociali di Palermo

…Introdotti da Alessandro Zappulla, presidente del C.S.G., che ha presentato la natura e le finalità del corso, i lavori sono stati iniziati con l'ampia e articolata relazione tenuta dal padre gesuita Ennio Pintacuda, docente di Sociologia politica e membro del Centro Studi Sociali di Palermo di cui è direttore Bartolomeo Sorge.

Pintacuda ha fatto un'analisi puntuale della situazione sociopolitica siciliana, sostenendo la tesi che ancora la Sicilia non è uscita dall'emergenza. Questo non vuol dire – secondo il relatore - che non vi siano segnali positivi nella nostra realtà. Anzi, Pintacuda ha stimolato l'assemblea a individuare, potenziare e talvolta difendere questi segni positivi che stanno emergendo nella nostra società e che lasciano ben sperare nelle possibilità di un rinnovamento morale e politico. In questa opera di rinnovamento i cattolici hanno un ruolo fondamentale, ma se vogliono essere protagonisti di questo cambiamento devono prepararsi culturalmente e politicamente. Questo, infatti, è il tempo di scelte consapevoli e di assunzione di precise responsabilità, La relazione è poi stata discussa e approfondita….

CAMMINO pag. 3 di A.Z.

 

122.        7 febbraio 1987 - sabato

MALEDETTI PARTITI

Panorama          70-71-72        Padre Ennio Pintacuda

 

123.        20 febbraio 1987 - venerdì

Palermo – Palazzo Steri Rettorato Università di Palermo

ore 17.30, Sala delle Capriate

Si presentato il libro di Padre Pintacuda "Palermo palcoscenico d'Italia".

Interventi di Padre Pintacuda, Giampaolo Pansa vicedirettore di Repubblica, Albino Longhi direttore del TG1, Emanuele Macaluso ex direttore dell'Unità, Leoluca Orlando, Ignazio Melisenda Giambertoni Rettore.

 

124.        20 febbraio 1987 - venerdì

"PALERMO PALCOSCENICO D' ITALIA". CONVEGNO SU" PALERMO, IMMAGINE E REALTA'"

Invito    Giornale di Sicilia

 

125.        21 febbraio 1987 - sabato

" CAPITALE DELLA NUOVA ITALIA"

di Gabriello Montemagno - L' ORA

 

126.        22 febbraio 1987 - domenica

PARLA LA PALERMO " DEGLI ONESTI"

Da un lato c' è Cosa Nostra, con le sue potentissime ramificazioni, con la carica di terrore ed intimidazione, con le collusioni, gli affari, la destabilizzazione. Dall' altro c' è la città degli onesti che ha scelto di rinnovare la politica, di vincere la solitudine in cui si trova chi combatte a viso aperto la mafia utilizzando gli strumenti dello Stato. Di quest' altra Palermo si è discusso a lungo venerdì sera davanti a più di mille persone riunite nella sala delle Capriate di palazzo Steri, sede del rettorato universitario. L' occasione offerta dall'ultimo libro di Ennio Pintacuda (Palermo palcoscenico d' Italia), sociologo gesuita, animatore assieme a Bartolomeo Sorge del centro Pietro Arrupe, ha permesso a Giampaolo Pansa, vice direttore di Repubblica, Albino Longhi, direttore del TG1, Emanuele Macaluso, ex direttore dell'Unità, di riflettere sulla doppia anima di una città tormentata, dilaniata da contraddizioni, messa in ginocchio più volte da delitti efferati, ma sempre pronta a tentare di risorgere, impegnata in una lunga battaglia di cui ancora non si intravvede la fine. Su questo palcoscenico lo Stato sta cercando di dimostrare che la mafia può essere sconfitta e non solo con i maxiprocessi. Per questo occorre tenere i riflettori sempre accesi su una città ancora esposta ai pericoli di barbarie, ha avvertito il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, introducendo il dibattito. Cosa Nostra non è stata certamente sconfitta, ma dalla capitale della mafia adesso arrivano segnali di chi scommette sul futuro della Sicilia e non intende far prevalere le forze del sottosviluppo. Il rischio dell’oblio. Il rischio infatti è l'oblio, la rimozione, l'accantonamento di un problema ancora aperto, la sottovalutazione di clan che sparano di meno ma per questo sono forse più potenti, il non capire, come ha sottolineato Giampaolo Pansa, che la questione mafia è legata allo stesso sviluppo e ammodernamento dell'Italia. Certo, sono stati fatti decisivi passi avanti: il maxiprocesso, l'impegno della magistratura e degli inquirenti, il cambio di guardia al vertice del Comune, l'impegno dei giovani, la mobilitazione per le parti civili del maxiprocesso, ma probabilmente è ancora presto per affermare che si è alla fine del tunnel. Desta sospetti chi si adopera per dichiarare conclusa la fase dell'emergenza reclamando la normalizzazione, scrive nel suo libro Pintacuda, ricordando che è stata necessaria una strategia ponderata per liberare Palermo-Sagunto dall' assedio, farla riemergere dal saccheggio, farle raggiungere posizioni di vantaggio rispetto a chi ha esercitato il dominio servendosi della pubblica amministrazione, dei kalashnikov, della religione e della politica. Un accerchiamento che perdura ancora, mentre a giudizio di Macaluso bisogna verificare fino in fondo la capacità della macchina comunale di girare con ruote diverse, rispetto a quelle degli ultimi anni, spazzando via le incrostazioni di un apparato costruito ad immagine di sistemi superati e a volte compromessi. Ed è questa molto spesso l'immagine che prevale, quella di una classe politica che suscita più diffidenze che consensi, di un'imprenditoria incapace di liberarsi dai tentacoli della piovra. Si parla troppo poco della Palermo degli onesti, ha affermato Pansa, indicando due obiettivi per evitare di finire tutti dentro la palude: spezzare il monopolio dell'informazione che regna in Sicilia e applicare rigorosamente le leggi come unica condizione perché l'intervento politico-sociale abbia successo. Nei palazzi del potere E sarebbe già tanto in una città malata di mafia dove fino a pochi anni fa, lo ha ricordato Albino Longhi, nei palazzi del potere nessuno osava pronunciare la parola Cosa Nostra e si preferiva parlare di intermediazioni parassitarie e di criminalità organizzata.

di Giuseppe Cerasa - La Repubblica pag. 6

 

127.        25 febbraio 1987 - mercoledì

PALERMO DELLA FIDUCIA

di Vincenzo Morgante - IL POPOLO

 

128.        27 febbraio 1987 - venerdì

Liceo Einstein

Dibattito su “Giovani e droga”

Sciacchitano, Amore, Caruselli, Pintacuda

 

129.        1° marzo 1987 - domenica

PADRE ANTIMAFIA

di Francesco La Licata - L' ESPRESSO pag. 28-29

 

130.        1° marzo 1987 - domenica

PRIZZI: IL VICESINDACO LASCIA LA DC LO CANDIDA LA RETE

La Sicilia D.P.

 

131.        6 marzo 1987

Palermo

Tavola rotonda Facoltà di Lettere su AIDS

Mansueto, Citarella, Marisa Mazzola, Pintacuda

 

132.        9 marzo 1987 – lunedì

Agrigento - Liceo Scientifico Leonardo

Dibattito sulla mafia con Aldo Rizzo

 

133.        10 marzo 1987 - martedì

LO STATO RIAPPARE LONTANO E INEFFICACE

di Agrippino Pietrasanta -          Gazzetta del Sud

 

134.        13 marzo 1987 - venerdì

L' ORA

 

135.        19 marzo 1987 - giovedì

PALERMO PALCOSCENICO D' ITALIA

Articolo

 

136.        30 marzo 1987 - lunedì

"OTTAVO GIORNO": TESTIMONIANZE CRISTIANE CONTRO LA MAFIA

Il Giornale D' ITALIA 

 

137.        1° aprile 1987 - mercoledì

LEOLUCA ORLANDO: PORRE LA NOSTRA CITTA' NEL CIRCUITO NAZIONALE E INTERNAZIONALE

C x U - UNA CITTA' PER L'UOMO

 

138.        3 aprile 1987

Trapani – ore 16,00

Salone della Camera di Commercio

Tema: La Sicilia dal volto nuovo

Tavola rotonda con spunto la presentazione del libro del sociologo Ennio Pintacuda «Palermo palcoscenico d'Italia»

Relatori:

Pietro Vento (Direttore de «Il Pungolo», giornalista): I giovani per una nuova Sicilia

Rino Nicolosi (Presidente della Regione Siciliana): Una Regione che cresce

Leoluca Orlando (Sindaco di Palermo): Uscire dall'isolamento

Enzo Augugliaro (Sindaco di Trapani): L'occupazione e lo sviluppo

Sergio Mattarella (Deputato nazionale): Il rinnovamento politico

Aldo Rizzo (Componente Commissione Parlamentare Antimafia): La struttura giudiziaria

Ennio Pintacuda (Sociologo, giornalista): La coscienza popolare

Nino Rizzo Nervo (Caporedattore RAI): L'informazione per il cambiamento

Enzo Culicchia (Presidente Commissione Regionale beni culturali): Una politica per il Mezzogiorno

Coordinatore dei lavori: Pietro Vento (Direttore de «Il Pungolo)

 

139.        14 aprile 1987 - martedì

Prof. GIUSEPPE CAMPIONE A " PRONTO RAI" PARLA DEL LIBRO DI PADRE PINTACUDA

Gazzetta del Sud

 

140.        3 maggio 1987 - domenica

ANCHE LA NONNA DI MARICO' SEVIZIO' IL FIGLIO DI TRE ANNI

…Due vicende parallele che segnano il definitivo crollo della mitologia dell’infanzia, osserva Ennio Pintacuda, sociologo, ricordando il ruolo fondamentale assegnato dalla cultura popolare siciliana ai bambini. In situazioni di estremo degrado economico l’oggetto dell’aggressività del marito era sempre stata la donna. Adesso è cambiato anche questo, è saltato l’argine, si è infranta quella barriera di valori che impediva lo scatenarsi della follia omicida contro i bambini. E che adesso riempie le cartelle cliniche e le pagine dei giornali…

di Giuseppe Cerasa - La Repubblica pag. 17

 

141.        7 maggio 1987

Viene presentato a Catania il libro di P. Pintacuda "Palermo palcoscenico d'Italia"

Orlando, Mattarella, Sindaco di Trapani, Aldo Rizzo, Prefetto di Trapani, Vento, Rizzo Nervo

 

142.        11 maggio 1987

Trapani - Convegno organizzato dal Pungolo su Sicilia realtà e prospettive”

 

143.        13 maggio 1987 - mercoledì

LA ' SICILIA DEGLI ONESTI' A TRAPANI PER SPEZZARE I SILENZI SULLA MAFIA

…Nel salone della Camera di commercio trapanese ci sono i rappresentanti di quello schieramento che qualcuno ha definito la Sicilia degli onesti. Movimenti, associazioni, comunità che hanno lanciato mille segnali per costruire un'isola diversa. E, così, dopo tanti anni, adesso si incontrano per far conoscere le loro realtà. Una Sicilia tra il vecchio e il nuovo, tra il ricordo dei suoi anni di piombo e un futuro ancora incerto. Di tutto questo hanno parlato i ragazzi dei licei e quelli della comunità Capodarco, esponenti della lega antidroga o del centro studi Terranova. Con Giorgio Gabrielli che racconta l'importante esperienza del movimento Città per l'Uomo a Palermo, Umberto Santino del centro Impastato che se la prende con i grandi giornali d' informazione per certi blackout, il sociologo Ennio Pintacuda che denuncia un'inversione di rotta dei partiti sulle questioni siciliane. E poi ancora tanti altri interventi sull' isola vista da Roma o da Palermo: il commissario provinciale della Dc palermitana Sergio Mattarella, il vicedirettore dell'Espresso Maurizio De Luca, lo storico Francesco Renda…

La Repubblica pag. 14

 

144.        30 maggio 1987 – sabato

Prizzi – ore 18,00 – Locali della Pro Loco Hippana

Viene presentato il libro di Padre Pintacuda "Palermo palcoscenico d'Italia"

Saluti del Sindaco Dott. Antonino Garofalo

Interventi:

Prof. Mons. Stefano Giordano, pubblicista.

Prof. Leoluca Orlando, Sindaco di Palermo

Prof. Salvatore Lo Bue, Docente di Filosofia

Prof. PIPPO Vaiana, dell'Università di Palermo

sul tema: Una nuova realtà ed una nuova immagine della Sicilia

Moderatore: Prof. Giovanni Canzoneri, Presidente della Pro Loco Hippana

 

145.        2 giugno 1987 – martedì

Partanna (TP)

Padre Pintacuda partecipa come relatore ad incontro pubblico

 

146.        3 giugno 1987 - mercoledì

IL PASSO LENTO DELLA POLITICA

di Giovanni Trovati - La Stampa

 

147.        6 giugno 1987 - sabato

QUELL' "IDEA " DEL TUTTO SENZA IDEE

Lettera di Giuseppe Anello - L' ORA

 

148.        12 giugno 1987 - venerdì

A PALERMO C' È UN PICCOLO FORO NELLA DIGA DEL RINNOVAMENTO

…Insomma, sul palcoscenico palermitano si recita il canovaccio della politica nazionale. Ma, attenzione, avverte padre Pintacuda, qui il gioco non è il solito, De Mita-Craxi. Lo spartiacque è diverso ed è rappresentato dal nuovo che faticosamente è emerso in questi anni a Palermo. Allora non resta che augurarsi il successo degli uomini che vi hanno contribuito al di là di ogni collocazione.

di Alberto Stabile - La Repubblica pag. 8

 

149.        20 giugno 1987 - sabato

DIVISI CONTRO LA MAFIA

…Il mondo politico palermitano è in ebollizione. L' unico che sta zitto è Salvo Lima, il potente andreottiano della Sicilia occidentale. Oggi è ancora il turno del segretario provinciale della Cisl, Raffaele Bonanni, sulla crescita del Psi nei quartieri caldi (crescita che non può essere attribuita alle promesse non mantenute da Craxi) e anche di due illustri osservatori politici palermitani: il sociologo Pintacuda e l'ex sindaco Elda Pucci. Il primo ammette un dirottamento della mafia verso i partiti che si sono manifestati più disponibili. L'ex sindaco Elda Pucci rompe invece un silenzio di mesi con queste parole: Ha ragione Leonardo Sciascia quando dice che oggi si usa la parola mafia per far uscire dal cilindro il coniglio che più aggrada…

di Attilio Bolzoni - La Repubblica pag. 7

 

150.        domenica 30 agosto 1987

SORGE IL COMPROMESSO

di Bianca Stancanelli – Panorama pag. 58, 59, 61

 

151.        1° settembre 1987 - martedì

L' APPELLO ALLA FIACCOLATA PER RICORDARE DALLA CHIESA

L' ORA 

 

152.        3 settembre 1987 - giovedì

PALERMO CHIAMA ROMA

di Carla Stampa – EPOCA pag. 10, 11

 

153.        20 settembre 1987 - domenica

VITA DI COMPAGNIA

di Sandro Magister - L' ESPRESSO pag.38 e seg.

 

154.        11 novembre 1987 – mercoledì

Palermo - Aula Magna della Facoltà di Economia e Commercio

Viale delle Scienze, Palermo, alle ore 17,30

Tavola rotonda con

Nando Dalla Chiesa, Paolo Flores D'Arcais, Leoluca Orlando, Ennio Pintacuda, Carol Beebe Tarantelli.

Modererà Vincenzo Fazio.

L'incontro sulla pubblicazione di Pino Arlacchi e Nando Dalla Chiesa dal titolo:

“LA PALUDE E LA CITTÀ - Si può sconfiggere la mafia», ed. Mondadori.

 

155.        13 dicembre 1987 - domenica

AL VIA LE " SCUOLE POPOLARI" DI CL MA I VESCOVI RICHIAMANO ALL' ORDINE

di Luigi Accattoli - Corriere della Sera

 

156.        13 dicembre 1987 - domenica

LA SCHEDA IN BOCCA

di Pietro Calderoni - L' ESPRESSO pag. 34 e seg.

 

157.        17 dicembre 1987 - giovedì

SODDISFATTA LA 'PALERMO DEGLI ONESTI' MA LA CITTA' SA CHE LA LOTTA NON…

…Ma adesso, dopo la sentenza che ha inchiodato Cosa nostra e confermato le agghiaccianti e precise accuse di Buscetta, pur vincendo una battaglia la guerra alla mafia deve continuare: occorre ancora molto impegno da parte di tutti, dice Orlando. Ed è una sensazione, una consapevolezza che attraversa tutta la città in queste ore che pure segnano la fine di una grande attesa ma anche di una grande paura sull' esito del maxiprocesso. I timori della vigilia si sono dissolti dice padre Ennio Pintacuda, sociologo, stretto collaboratore di padre Sorge. Una sentenza importante, un successo, un decisivo passo avanti. Adesso però bisogna guardarsi da una tentazione, dal pericolo di immaginare che tutto sia finito con la conclusione del maxiprocesso. Padre Pintacuda teme la normalizzazione, che una volta esaurita la spinta e la tensione possano ricompattarsi le alleanze: Tanti, troppi segnali ci dicono che questo processo è in corso. No, la lotta alla mafia non è finita. Guai a considerare il maxiprocesso come una parentesi.

di Umberto Rosso - La Repubblica pag. 4

 

158.        30 dicembre 1987 - mercoledì

LA PIOVRA È SOLO FERITA

di Fabio Galiani – OGGI pag. 19-20

 

159.        6 febbraio 1988 – sabato

Napoli – Pozzuoli c/o Hotel Solfatara

 

160.        11 febbraio 1988 – giovedì

Catania- Università

 

161.        26 27 28 febbraio 1988

I° Convegno nazionale tenutosi a Palermo, promosso dal centro studi e iniziative C x U, su «Movimenti nuovi soggetti politici governo della città». Partecipano: F. Paolo Rizzo, Pino Toro, Diego Novelli, Leoluca Orlando, Bartolomeo Sorge, Corrado Stajano, Enrico Chiavacci, Nino Alongi, Luciano Tavazza, Nando Dalla Chiesa, Francesco Corleo, Massimo Scalia, Ennio Pintacuda, Paolino Giordano. Interventi dei rappresentanti dei movimenti.

 

162.        2 marzo 1988 - mercoledì

P. Pintacuda a Prato. Conferenza organizzata dal Comune di Prato.

 

163.        5 marzo 1988 - sabato

P. Pintacuda a Roma

 

164.        10 marzo 1988 - giovedì

P. Pintacuda a Monreale

 

165.        14 marzo 1988 – lunedì

 

Palermo

Liceo Linguistico sede del. l'istituto in via Vivaldi ore 9,30

Incontro-dibattito su quartieri e emarginazione

Incontro dibattito su: «Quartieri ed emarginazione». Partecipano, fra gli altri, l'assessore all'ambiente Letizia Battaglia, i professori Aurelio Grimaldi, Giuseppe Pavone, Cosimo Scordato, il presidente del coordinamento antimafia Carmine Mancuso.

Breve del Giornale di Sicilia

Incontro organizzato da P.Pintacuda ndr

 

166.        19 marzo 1988 - sabato

E MICCICHE' SCEGLIE PRETI E PARENTI….

La Repubblica (E.D.M.)

 

167.        23 marzo 1988 – mercoledì

Palermo – Palazzo Steri Rettorato Università di Palermo

ore 17.00, Sala delle Capriate

Luigi Colajanni, Giovanni Fiandaca, Giuseppe Carlo Marino, Pietro Mazzamuto ed Ennio Pintacuda,

discutono sul libro di ALFREDO GALASSO «La mafia non esiste» edito da Pironti, Napoli, 1988.

Introduzione di Savino Mazzamuto.

Presenti l'Autore, Michele Figurelli, Carmine Mancuso, Leoluca Orlando, Franco Piro, Alberto Polizzi, Aldo Rizzo, Gianfranco Zanna.

 

168.        29 marzo 1988 - martedì

" IDEE CONTRO LA MAFIA "

L' ORA

 

169.        30 marzo 1988 - mercoledì

Palermo – Piccolo Teatro

Ore 16,30 discussione a cui prevista partecipazione:

il segretario regionale del Pci siciliano, Luigi Colajanni,

il segretario nazionale della Fgci, Pietro Folena,

il sociologo padre Ennio Pintacuda,

il vicesindaco di Palermo, Aldo Rizzo,

Aldo Tortorella, della direzione nazionale del Pci,

Bruno Trentin, segretario nazionale della Cgil.

 

170.        31 marzo 1988 – giovedì

POLITICA DA RISVEGLIARE

di Domenico Fisichella - IL SOLE 24 ORE

 

171.        31 marzo 1988 – giovedì

" BREVE CORSO DI POLITICA "

PUBBLICAZIONE LIBRO     ITALIA OGGI                       Padre Ennio Pintacuda

 

172.        1° aprile 1988 - venerdì

MAFIA VAMPIRA DELLA DEMOCRAZIA

di Ornella Di Blasi - L' ORA pag. 15

 

173.        2 aprile 1988 - sabato

SI SPERAVA E NON SI PARLAVA

L' ORA pag. 14

 

174.        9 aprile 1988 - sabato

ORLANDO CHIEDE NUOVI EQUILIBRI

L'Unità

 

175.        10 aprile 1988 - domenica

SORGE: ALLA POLITICA HO DATO L' ANIMA

Intervista di Carla Stampa – EPOCA pag. 120 e seg.

 

176.        15 aprile 1988 – venerdì

Palermo - Palazzo delle Aquile - Aula Consiliare – ore 16,00

Associazione Coordinamento Antimafia

Incontro dibattito su:

INFORMAZIONE DEMOCRATICA E SOCIETA CIVILE

INSIEME OLTRE LO SFASCIO

Saluto di Leoluca Orlando, Sindaco di Palermo

Introduzione di Carmine Mancuso, Presidente Ass. Coord. Antimafia

Relazione di Adele Baudo, Esecutivo Ass. Coord. Antimafia

Interventi di:

Maurizio De Luca (Vicedirettore de l'Espresso)

Etrio Fidora (Direttore editoriale L'Ora)

Fabio Mussi (Condirettore de l'Unità)

Elena Piaciotti (Magistratura Democratica Componente C. S, M.)

Nino Rizzo Nervo (Capo redattore RAI Sicilia)

Carla Stampa (Inviata Epoca)

Sandra Bonsanti (Inviata di Repubblica)

Aderiscono le riviste: CxU – GRANDEVU’ - SEGNO UNIVERSITAS

Presenti i giornalisti: Attilio Bolzoni e Saverio Lodato

 

177.        16 aprile 1988 – sabato

Catania- Palazzo Biscari

Partito Comunista Italiano - Convegno Nazionale

Tema: Questione morale a Catania

Tavola rotonda - ore 10,30

Come riformare la rappresentanza politica

Partecipano: Anna Finocchiaro, Ennio Pintacuda, Aldo Rizzo, Massimo Scalia
Coordina: Alfonso Madeo

 

178.        18 aprile 1988 - lunedì

DETTO A PALERMO

di Fabio Mussi - L'Unità

 

179.        22 aprile 1988 – venerdì

Corleone

Simposio sulla longevità (bc) - «Longevità ed invecchiamento: attualità terapeutiche» è il tema di un convegno che si aprirà oggi alle ore 9 alla sala cinema «Martorana». Il convegno sarà presieduto dal prof. Giuseppe Barbagallo Sangiorgi direttore della Clinica Medica II dell'Università di Palermo e presidente della Società Italiana di Geriatria e Gerontologia. Il Convegno oltre ad analizzare le più moderne e avanzate terapie per la cura dell'invecchiamento si occuperà anche degli aspetti sociali legati alla condizione dell'anziano che saranno affrontati in una relazione del professore Ennio Pintacuda.

SIMPOSIO SULLA LONGEVITA'

Breve - Giornale di Sicilia

 

180.        26 aprile 1988 - martedì

Caltanissetta ore 17,30 salone del Palazzo Vescovile

Teresa Gentile Lo Giudice

Leoluca Orlando Cascio

Calogero Panepinto

presentano il volume di Ennio Pintacuda:

“BREVE CORSO DI POLITICA”

Sarà presente l'Autore

GRUPPO GIUSEPPE LAZZATI

 

181.        3 maggio 1988 - martedì

LA CITTA' - STATO DEL GESUITA

di Corrado Stajano - Corriere della Sera

 

182.        5 maggio 1988 – giovedì

Caltanissetta salone del Palazzo Vescovile – ore 17,30

Dal Gruppo “Giuseppe Lazzati” viene presentato il volume di Ennio Pintacuda:

BREVE CORSO DI POLITICA (Presente l'Autore)

Interventi di

Teresa Gentile Lo Giudice

Leoluca Orlando Cascio

Calogero Panepinto

 

183.        7 maggio 1988 - sabato

Auditorium "Luigi Sturzo" - Via Trapani, 230 – Marsala – ore 17,30

MOVIMENTO NUOVA PROPOSTA

Presentazione del libro

"BREVE CORSO DI POLITICA"

di P. Ennio Pintacuda S. J.

Dibattito sul tema: POLITICA E QUESTIONE MORALE

Interventi:

P. Ennio Pintacuda S. J. - Docente presso l'Istituto di formazione politica Pedro Arrupe

Massimo Fisicaro - Responsabile formazione del movimento Nuova Proposta

On. Aldo Rizzo Vicesindaco di Palermo, ex magistrato

Dott. Giancarlo Licata Giornalista RAI

On. Egidio Alagna Vicepresidente commissione giustizia

Prof. Gioacchino Aldo Ruggieri - Presidente dell'Amministrazione Provinciale di Trapani

 

184.        10 maggio 1988 - martedì

Palermo Biblioteca Comunale

Alle ore 17 a Palermo, nei locali della Biblioteca Comunale - Piazzetta Bonaccini il giornalista Marcello Cimino, lo storico Giuseppe Carlo Marino e il sociologo Ennio Pintacuda presentano il libro di Giuseppe Oddo “Il Blasone perduto - Gloria e declino della città di Modica 1392 – 1970” edito dalla Dharba editrice e dal Centro Studi Feliciano Rossitto

Breve - Giornale di Sicilia

 

185.        11 maggio 1988 - mercoledì

ALLA RISCOPERTA DELLA POLITICA

di Paolo Giammarroni - L ' ECO della Stampa

 

186.        14 maggio 1988

Padre Pintacuda a Sirmione.

Incontro organizzato dal Movimento Giovanile della DC lombarda.

 

187.        16 maggio 1988 - lunedì

"POLITICA È RICONOSCERE IL POTERE DEI CITTADINI "

Intervista di Ennio Elena - L'Unità

 

188.        17 maggio 1988 - martedì

UNA CITTA' CHE HA SAPUTO VALORIZZARE LE PROPRIE RISORSE PIU' VITALI

di G. LUMIA - SEGNO SETTE NEL MONDO pag. 2, 3

 

189.        2 giugno 1988 – giovedì

Trapani - Atrio del Liceo Classico "Leonardo Ximenes'"

Convegno: ECOLOGIA DELLA SALUTE SOCIALE - IL CANCRO DELLA MAFIA

Ore 9.00 Apertura dei lavori

Giuseppe Marrocco, preside Liceo Classico "Leonardo Ximenes",

Renzo Vento, (vicepresidente regionale dell'Associazione Siciliana della Stampa)

Ore 9,30 Ennio Pintacuda (sociologo, scrittore, docente Istituto di formazione politica "Pedro Arrupe"),

sul tema “Rinnovamento della politica e lotta alla mafia”

……………..

 

190.        4 giugno 1988 - sabato

GIU' LE MANI DALLA SICILIA - LA SPERANZA

PIOVRA 2

di Maurizio Bertè – Mensile King

 

191.        8 giugno 1988 – mercoledì

Agrigento - Sala consiglio provinciale

ore 17,30 - Presentazione del libro:

“BREVE CORSO DI POLITICA” di Ennio Pintacuda

Relazione del Prof. Francesco Renda docente di Storia moderna all'Università di Palermo.

Presente l'autore.

Organizzato dal Provinciale CIF Il e dal Centro Studi Diocesano

 

192.        11 giugno 1988 - sabato

LA PALERMO DEL RISCATTO E QUELLA DEL COMPROMESSO

di Luciana Di Mauro – RINASCITA pag. 8, 9

 

193.        20 giugno 1988 - lunedì

ED È SCONTRO A PALERMO FRA CISL E GESUITI

Duro attacco di Pintacuda a Riggio che replica: ormai è terrorismo

Giornale di Sicilia

 

194.        21 giugno 1988 - martedì

NELLA TERRA DI LIGGIO VINCE LA VOLONTA' DI CAMBIARE

di Vincenzo Morgante - IL POPOLO

 

195.        21 giugno 1988 - martedì

" MOVIMENTI " SENZA BAVAGLIO

di Gioacchino Lavanco - L' ORA

 

196.        22 giugno 1988 – mercoledì

Palermo – Libreria Feltrinelli

Si presenta il libro “Breve corso di Politica” (seconda edizione)

Presente con l’autore il Sindaco di Palermo Leoluca Orlando e il prof. Giacinto Lentini

 

197.        22 giugno 1988 - mercoledì

LA POLITICA- SPETTACOLO DI PALERMO, " PALCOSCENICO D' ITALIA "

di Pasquale Hamel - Giornale di Sicilia

 

198.        22 giugno 1988 - mercoledì

RIGGIO: " MA IO NON ATTACCO I GESUITI "

L' ORA

 

199.        24 giugno 1988 - venerdì 

CONVEGNO SU " I GIOVANI CONTRO LA CORRUZIONE E L' INGOVERNABILITA'

Promosso da «ll Pungolo»

Ad iniziativa della redazione del giornale «Il Pungolo» si terrà a Trapani martedì 28 giugno con inizio alle ore 16.30, nel salone della Camera di Commercio, un convegno nazionale sul tema «I giovani contro la corruzione e l'ingovernabilità - Una nuova politica per gli anni '90». Ai lavori, che prenderanno il via con l'introduzione del direttore del «Il Pungolo» Pietro Vento jr., interverranno tra gli altri il vicedirettore dell'Espresso Maurizio De Luca, lo scrittore Franco Cazzola, l'avv. Alfredo Galasso, l'on. Giuseppe Azzaro, i sociologi Ennio Pintacuda ed Enzo Masini, il preside Pio D'Aleo e il procuratore dott. Franco Messina.

«Rapporto giovani-politica-società in Italia, tratto dal Dossier lard '88, e di un'inedita indagine sociologica de «Il Pungolo sulla condizione giovanile in Sicilia. Dai dati (che saranno analizzati dal vicedirettore de «Il Pungolo» Patrizia Vaccaro e dal capo-servizio Oriana Castelli) emerge una estesa vocazione civile, ma anche una preoccupante disaffezione dei giovani nei confronti delle Istituzioni dello Stato ed una totale sfiducia nei partiti tradizionali. Risultanze queste che hanno indotto «Il Pungolo» a promuovere un convegno su temi di scottante attualità nazionale quali sono oggi quelli della corruzione e dell'ingovernabilità del Paese. Nel corso dei lavori saranno presentati i libri “La mafia non esiste” di Alfredo Galasso, “Della corruzione” di Franco Cazzola e “Breve corso di politica” di Ennio Pintacuda, con la presenza degli autori.

 - TRAPANI SERA

 

200.        25 giugno 1988 - sabato

DC, PASSA DA PALERMO LA POLITICA DI RINNOVAMENTO

di Giovanni Ciancimino - La Sicilia

 

201.        26 giugno 1988 - domenica

TRA LA DC E PALAZZO CHIGI CI DEVE ESSERE UN RACCORDO

…E ha aggiunto De Mita: L' operazione importante è stata una: il recupero del retroterra della Dc. Io so che la rottura con il retroterra cattolico era visibile ed era il sintomo di un declino. Una battuta l’ha riservata pure all' ultima polemica esplosa intorno alla giunta Orlando con una parte della Dc e della Cisl schierate contro i gesuiti. C' è qualcosa che non mi torna ha spiegato De Mita quando padre Pintacuda tuonava contro la Dc era il campione della democrazia e ora che non l’attacca è un gesuita che si deve fare i fatti suoi.... Il segretario della Dc ha preceduto di poche ore un vero e proprio show di Salvo Lima davanti ad una platea quasi ipnotizzata dalla vitalità del vecchio e chiacchierato capo…

di Attilio Bolzoni - La Repubblica pag. 4

 

202.        26 giugno 1988 - domenica

IL LEADER DEL DC: SI, ANDRO' AL CONGRESSO PER RESTARE SEGRETARIO

FINIAMOLA CON QUESTO GIOCO DI SALOTTO SUL MIO SUCCESSORE

di Felice Cavallaro - Corriere della Sera

 

203.        27 giugno 1988 - lunedì

POLEMICA GESUITI – CISL

Adista

 

204.        27 giugno 1988 - lunedì

TRA LA DC E PALAZZO CHIGI CI DEVE ESSERE UN RACCORDO

di Attilio Bolzoni - La Repubblica

 

205.        28 giugno 1988 - martedì

Trapani - ore 16.30, salone della Camera di Commercio

CONVEGNO SU " I GIOVANI CONTRO LA CORRUZIONE E L' INGOVERNABILITA'

Promosso da «Il Pungolo»

Introduzione del direttore del «Il Pungolo» Pietro Vento jr., interventi del vicedirettore dell'Espresso Maurizio De Luca, lo scrittore Franco Cazzola, l'avv. Alfredo Galasso, l'on. Giuseppe Azzaro, i sociologi Ennio Pintacuda ed Enzo Masini, il preside Pio D'Aleo e il procuratore dott. Franco Messina.

 

206.        1° luglio 1988 – venerdì

Brescia ore 20, 30

Festa dell'Unità - area attrezzata San Polo

SPAZIO DIBATTITI "E. BERLINGUER"

Incontro con l’autore Padre Ennio Pintacuda

in occasione della pubblicazione del suo libro

BREVE CORSO DI POLITICA (Rizzoli 1988)

Dibattito sul tema:

"POLITICA E QUESTIONE MORALE"

Padre Ennio Pintacuda Centro Studi Pedro Arrupe di Palermo

Leoluca Orlando - Sindaco di Palermo

Nando Dalla Chiesa - Università Bocconi di Milano

On. Diego Novelli - Deputato PCI

 

207.        4 luglio 1988 - lunedì

PINTACUDA: MAFIA NON INVINCIBILE, NEANCHE VINTA

Adista

 

208.        29 luglio 1988 - venerdì 

PARLA L' ALTRA ANTIMAFIA

L' ORA

 

209.        1° agosto 1988 - lunedì

PALERMO A RAPPORTO DA SICA

…Colazione veloce (l'Alto commissario preferisce insalate leggere, ma in compenso fuma accanitamente le sue Lucky Strike) e nel pomeriggio altro giro di colloqui. Prima di ripartire, un'altra battuta ai giornalisti in attesa: Vorrei portarvi con me, ma non posso: non vado a fare una passeggiata. A Palazzo delle Aquile un altro dei luoghi attraversati dalla bufera il convoglio si è fermato alle 17. Il sindaco Orlando è in ferie dopo le sue roventi dichiarazioni, mentre ancora oggi l'Avanti! torna ad attaccare la sua giunta imbroglio (bersaglio dell'attacco socialista padre Ennio Pintacuda, sponsor dell'abbraccio fra democristiani e comunisti al Comune, accusato di aver tentato di svilire le contestazioni dei socialisti ad Orlando, inventandosi di sana pianta una patente di anti-mafiosità che si ottiene facendo atto di obbedienza al papa nero di Palermo. Il riferimento è a padre Bartolomeo Sorge). C' è dunque il vicesindaco ad accogliere Sica, nella sala giunta insieme ad alcuni assessori. Si parla dei problemi della città, delle iniziative del Comune, ma anche della necessità di modificare la legge La Torre e della struttura dell'Alto commissariato. A Palazzo delle Aquile, a fine colloquio, commentano: Sica? Ci è apparso un uomo che non vuole muoversi come un burocrate. Ci saranno altri incontri. Oggi la seconda tappa del viaggio nella città dell'Alto commissariato. Nel pomeriggio, alle 17,30, la prima vera conferenza stampa palermitana.

di Umberto Rosso - La Repubblica pag. 7

 

210.        6 agosto 1988 - sabato

SICA VA BENE, MA NON BASTERA'

…Ma il nodo centrale è sempre quello, i compiti reali dell'alto commissariato: A mio avviso dice Orlando dovrebbe prevalere una visione di intelligence, piuttosto che un mero coordinamento di varie iniziative di lotta. Occorrono indagini bancarie, finanziarie, patrimoniali aggiunge Rizzo per elaborare una radiografia della nuova mafia. Positivo ma cauto anche il commento di padre Pintacuda, il sociologo che lavora al fianco di Bartolomeo Sorge: Sica è un personaggio da sempre impegnato contro ogni forma di criminalità organizzata, e poi finalmente in quel posto non ci sono più i burocrati. Ma anche per Pintacuda la vera svolta sta nel dare all' alto commissariato strumenti e poteri adeguati, e chiede che la sede dell'ufficio non stia più a Roma ma in un'altra città dove avrebbe maggiori collegamenti con la realtà locale. A suo tempo, il trasferimento degli uffici da Palermo è stato letto come un progressivo svuotamento dell'alto commissariato.

di Umberto Rosso - La Repubblica pag. 6

 

211.        10 agosto 1988 - mercoledì

I GESUITI 'IL RISCHIO È DI FARE SOLO FUMO'

C' è troppa carne al fuoco, c' è il serio pericolo che si produca solo fumo, che annebbia le idee e nient' altro. Questo volersi di colpo prendere cura della nostra martoriata città potrebbe nascondere altri obiettivi. A lanciare l'allarme è padre Pintacuda, il gesuita che dirige il centro Pedro Arrupe di Palermo: anche gli arrivi di Sica e La Barbera, afferma, per potere veramente incidere nella lotta alla mafia debbono essere accompagnati dal potenziamento di mezzi e strutture. Sulla nomina di Sica prende posizione anche il ministro Carlo Tognoli, augurandosi che il suo lavoro non venga turbato da prese di posizione demagogiche o populistiche. Opposto, su questo fronte, il commento di Livia Turco, della segretaria del Pci: È incredibile che Martelli polemizzi con il sindaco Orlando in termini che lasciano facilmente trasparire che il Psi considera la questione della composizione della giunta di Palermo più importante della lotta al potere mafioso. Sostegno al Sindaco viene anche dalla Fuci.

La Repubblica pag. 4

 

212.        19 agosto 1988 - venerdì

PINTACUDA AL PSI: 'MA PERCHE' ORA NON VI SCHIERATE CONTRO LA MAFIA?'

La primavera di Palermo può essere schiacciata da carri armati perfino più pesanti di quelli di Praga. Chi manovra, padre Pintacuda, questi cingolati che muovono all' assalto? Partono da parecchi palazzi, ma nelle polemiche di questi ultimi giorni credo che l’attacco più pericoloso venga dal tentativo di normalizzare le giunte cosiddette anomale, come l’amministrazione Orlando. Si vuol distruggere il nuovo, la coscienza sociale che cresce. Attenti, rinsavite. Lancia un altro grido d' allarme, Ennio Pintacuda. Una nuova strenua difesa del rinnovamento a Palazzo delle Aquile e, insieme, una secca replica a tutti gli attacchi serrati al sociologo gesuita. Soprattutto dal versante socialista: ieri un’altra bordata dal capogruppo alla Camera, che ha chiesto di voltare pagina a Palermo, di azzerare la giunta Orlando. Lei è stato accusato di essere il papa nero di Palermo, di distribuire patenti d' antimafia, di mandare al rogo... Le insinuazioni di bassa lega non mi interessano. Non devo far carriera politica, presentarmi alle elezioni come forse hanno intenzione altri. Il mio cantuccio è ben saldo: l’analisi, la ricerca. E il mio sogno è quello di essere dalla parte della società civile. Il capogruppo socialista alla Camera, Nicola Capria, sostiene però che lei fa soltanto teoria, non produce alcuna prova, ad esempio del fatto che il Psi raccoglie consensi da qualunque parte provengano, e dunque anche dal serbatoio della mafia. In verità mi sorprende più degli altri questo intervento di Capria. Ricordo che negli anni Settanta, quando era segretario regionale del Psi, insieme a Nicoletti e a Occhetto organizzavamo grandi dibattiti sull' inquinamento dei partiti in Sicilia. Parlavamo del rinnovamento, della battaglia contro Cosa nostra. Come mai adesso non ci si schiera più sulla base della discriminante antimafia? Perché questo autoescludersi? Ognuno sui voti elettorali faccia l’analisi che deve, anche nei vari quartieri. D' altra parte gli allarmi sono arrivati proprio da casa socialista, come ha fatto l’ex presidente dell’antimafia regionale Ganazzoli non più rieletto all' Ars. E io ho espresso il mio dissenso anche quando, da area comunista, qualcuno ha sostenuto che non bisogna fare l’analisi del sangue agli imprenditori. Non è vero che la lotta alla mafia non paga, anche elettoralmente. Ha scritto l’Avanti! padre Pintacuda conti quanti caduti ci sono stati fra i gesuiti e quanti fra i socialisti... Più che un argomento mi sembra un arrampicarsi sugli specchi per difendere le proprie posizioni. Come Chiesa abbiamo denunciato i silenzi all' epoca del cardinale Ruffini. Poi si è levata la voce del cardinale Pappalardo, una scelta dichiarata. Il Psi è stato ed è partito benemerito, ha avuto i suoi martiri. Ma oggi un partito, che in nome della pari dignità intende avere la presidenza del Consiglio, i sindaci delle città, deve accreditarsi e legittimarsi per le scelte e i contenuti, e soprattutto per la scelta antimafia. Non serve sbandierare soltanto incrementi quantitativi di voti. Padre Pintacuda, lei ha detto che certe operazioni mafiose sono state possibili grazie anche a zone franche nelle istituzioni. Quali? Già in altre occasioni ho parlato di delitti di Stato, come nel caso Mattarella o Dalla Chiesa. Ci siamo scordati delle deviazioni dei servizi segreti, di Musumeci, del boss Pippo Calò, di Sindona? Troppo presto sono state rimosse le inchieste su droga e armi del giudice Palermo. E gli appalti affidati ai mafiosi, e Ciancimino? Dimenticare è normalizzare: mi sembra questo l’obiettivo che si nasconde dietro le alchimie di alleanze partitiche, le crociate contro la cultura del sospetto e per il garantismo. Un' altra accusa: quella di essere sponsor dell’accordo Dc-Pci, di voler rilanciare il compromesso storico, di pilotare in sostanza soltanto un’operazione politica. La democrazia si sblocca anche attraverso forze e uomini nuovi. Infatti, a Palermo sono già nati alcuni gruppi: il movimento di Città per l'Uomo, i Verdi, l’azione di Aldo Rizzo, e soprattutto Leoluca Orlando la cui lotta ha radici che vengono da lontano. Una scelta chiara fin dagli anni Settanta: ho sotto gli occhi le cose da lui scritte nel primo quaderno che l’Università dedicò alla questione dell’antimafia. È vero che lei assolve la Dc, la redime da tutti i peccati compiuti a Palermo? Al contrario. Credo che il sostegno a movimenti come Città per l'Uomo rappresenti un chiaro segnale e un monito di quel che penso sul cammino di rinnovamento dei partiti, e della Dc in particolare. C' è molto di vecchio all' interno della Democrazia cristiana da superare. Facciamo qualche esempio. Guardiamoci un attimo attorno. Prendiamo il caso Catania. Perché non si riesce nemmeno a dare un sindaco a questa città, nonostante lo scioglimento del Consiglio comunale, nonostante sia sceso in prima persona come capolista Dc Rino Nicolosi? Perché qui, a differenza di Palermo, non c' è stato un processo di crescita della società civile, la rottura con le collusioni. Non c' è stata la lunga marcia di Palermo: Catania non ne ha avuto i martiri, la primavera. Ecco, guardiamo per esempio anche a quel che succede a Roma o a Pavia: l'esperienza di Palermo diventa così un diamante prezioso, da incastonare e da salvare. Altro che giunta anomala. Stiamo attenti alle normalizzazioni, a omologare tutto in nome di una presunta stabilità politica che è in realtà un rafforzamento del dominio della partitocrazia.

La Repubblica pag. 7

 

213.        21 agosto 1988 - domenica

MARTELLI A DE MITA 'VOGLIO PALERMO

di Gregorio Botta - La Repubblica pag. 2

 

214.        23 agosto 1988 - martedì

UNA TELEFONATA PER ORLANDO

di Umberto Rosso - La Repubblica pag. 4

 

215.        25 agosto 1988 - giovedì

'SE I SOCIALISTI NON ENTRANO IN GIUNTA NON PER QUESTO VA TENUTO FUORI

di Umberto Rosso - La Repubblica pag. 2

 

216.        27 agosto 1988 - sabato

RIFORMA ELETTORALE NEI COMUNI PER IL PSI È UNA 'FANTASIA ESTIVA'

La Repubblica   6

 

217.        27 agosto 1988 - sabato

IL GIUDICE SENTIRA' TUTTI I POLITICI CITATI DA ORLANDO

di Umberto Rosso - La Repubblica pag. 6

 

218.        27 agosto 1988 - sabato

TRA MARTELLI E I CIELLINI ALLEANZA STRUMENTALE

di Orazio La Rocca - La Repubblica pag. 7

 

219.        27 agosto 1988 - sabato

DA SINISTRA LA DC SPARA BORDATE ANTICRAXIANE

di Antonio Del Giudice - La Repubblica pag. 9

 

220.        28 agosto 1988 - domenica

IL PSI È ANTICRISTIANO

di Domenico Del Rio - La Repubblica pag. 6

 

221.        28 agosto 1988 - domenica

SONO MILLE E CENTO I COMPONENTI DELL' ARMATA NERA

La Repubblica pag. 6

 

222.        1° settembre 1988 - giovedì

INSOMMA, DIO DA CHE PARTE STA?

di Enzo Biagi - La Repubblica pag. 10

 

223.        1° settembre 1988 - giovedì

IL MSI VUOLE CHIARIMENTI SUL GETTONE A " PINTACUDA"

Giornale di Sicilia

 

224.        4 settembre 1988 - domenica

DALLA CHIESA, CELEBRAZIONI SEPARATE

Giornale di Sicilia

 

225.        4 settembre 1988 - domenica

LA DISFIDA COMUNALE

di Francesco De Vito - L' ESPRESSO pag. 6, 7, 8

 

226.        4 settembre 1988 - domenica

IN NOME DI ORLANDO

L' ESPRESSO 9, 11

 

227.        5 settembre 1988 - lunedì

PINTACUDA È IL COORDINATORE CULTURALE DEL LINGUISTICO

Giornale di Sicilia

 

228.        6 settembre 1988 - martedì

L' OMELIA È PIACIUTA AI SOCIALISTI 'UN CORRETTO MONITO AI GESUITI'

di Attilio Bolzoni - La Repubblica pag. 5

 

229.        7 settembre 1988 mercoledì

LA SCENA MUTA DI BUSCETTA

di Attilio Bolzoni - La Repubblica pag. 8

 

230.        8 settembre 1988 - giovedì

Comunicato stampa      FEDERAZIONE UNIVERSITARIA CATTOLICA ITALIANA

 

231.        10 settembre 1988 - sabato

MA PALERMO È IN GUERRA

di Giampaolo Pansa - La Repubblica pag. 1

 

232.        16 settembre 1988 - venerdì

GESUITI OTTIMISTI MA SOLO A META' 'C' È ANCORA TANTA STRADA DA FARE

di Umberto Rosso - La Repubblica pag. 7

 

233.        16 settembre 1988 - venerdì

CASO PALERMO: LE RELAZIONI DELL' ISPETTORE MINISTERIALE

RELAZIONE

 

234.        17 settembre 1988 - sabato

ANCHE I GESUITI FANNO I FURBI

SLAM

 

235.        20 settembre 1988 - martedì

BRAVO PAPPALARDO, MA PER I MOVIMENTI NIENTE CONDANNE

di Orazio La Rocca - La Repubblica pag. 7

 

236.        24 settembre 1988 – sabato

Incontri pubblici Pescara - Ortona

 

237.        25 settembre 1988 - domenica

Acireale – ore 19,00 giardino pubblico

Premio Ippogrifo d’Argento a Padre Pintacuda

 

238.        28 settembre 1988

Palermo.

Iniziativa del Coordinamento Antimafia. Villa Niscemi:

"Da Palermo la nuova politica contro la polimafia"

Partecipa tra gli altri Pintacuda

 

239.        30 settembre 1988

Mafia, padre Pintacuda contro le polemiche astratte

In una intervista sul prossimo numero di «Azione sociale» settimanale delle Acli anticipata in sintesi, padre Ennio Pintacuda (nella foto) intervenendo sull’assassinio del giudice Saetta e sulla recrudescenza della criminalità mafiosa scrive tra l’altro «Chi nei mesi scorsi sosteneva che non c’era bisogno di parlare tanto di mafia, chi scavava i fossati delle competenze di amministratori politici ecclesiastici, speriamo che oggi comprenda l’astrattezza e la pericolosità di certe polemiche». Secondo il gesuita «sarebbe stato qualcun altro prima di Saetta questa estate a venire ucciso, se la società civile palermitana avesse taciuto se non avesse reagito con coraggio. Negli omicidi di mafia sono responsabili anche coloro che producono l’isolamento intorno alle persone che sono in prima linea»

L’Unità pag. 5

 

240.        1° ottobre 1988 - sabato

LA POLITICA, UNA PASSIONE VERA

di Alberto Bobbio - FAMIGLIA CRISTIANA

 

241.        2 ottobre 1988 - domenica

DUE " MESSAGGI " DALLA SICILIA

di Guido Neppi Modona - La Repubblica

 

242.        5 ottobre 1988 - mercoledì

DUE IN CORSA PER L' UFFICIO ISTRUZIONE

di Giuseppe Lo Bianco - Giornale di Sicilia

 

243.        6 ottobre 1988 – giovedì

Como

Centro Socio Pastorale Cardinal Ferrari

Padre Pintacuda inaugura la

Scuola sociale 1988-1989

Organizzata dal “Centro San Filippo

 

244.        10 ottobre 1988 - lunedì

LA POLITICA PER PINTACUDA.GRANDE BISOGNO DI CITTA'

M.G.

 

245.        14 ottobre 1988 - venerdì

LA NOSTRA È ATTENZIONE NON CATTOCOMUNISMO

di Orazio La Rocca - La Repubblica pag. 4

 

246.        23 ottobre 1988 - domenica

PALERMO, LA NUOVA PRIMAVERA

Intervista Antonio Di Lorenzo - IL GAZZETTINO

 

247.        24 ottobre 1988 lunedì

Palermo. Palazzo di Città Sala delle lapidi ore 16,00

Iniziativa del Coordinamento Antimafia e Movimento Città per l’Uomo.

Dibattito sul tema "Mafia e informazione". Interventi: Leoluca Orlando (Sindaco di Palermo), Carmine Mancuso, Giuseppe De Blasi, Alan Friedman, Giovanni Valentini, Enrico De Aglio, Carmine Fotia, Pino Toro, Padre Pintacuda

 

 

 

248.        25 ottobre 1988 martedì

Informazione e cosche in una affollata assemblea a Sala delle Lapidi

MAFIA, ANTIMAFIA E LA STAMPA «CONTIGUA»

ECCOLI bambini dell'antimafia. Così li ha definiti il sindaco Orlando. Sono seduti uno accanto all’altro, stipati in una aula consiliare affollatissima che ieri ha ospitato il dibattito su Mafia e Informazione. C'è appunto, Orlando, il bambino Mancuso, il bambino Valentini, direttore dell’Espresso, il bambino De Aglio. inviato di Epoca, la bambina Chicca Roveri, la compagna di Mauro Rostagno, la bambina Angelo Lo Canto. la bambina Letizia Battaglia. Il bambino De Blasi del coordinamento antimafia, il bambino Friedman, corrispondente del Financial Times di Londra, il bambino Pintacuda, il bambino Pino Toro, leader di Città per l'Uomo.

In Sicilia - dice il sindaco Orlando - hanno ucciso i re e i bambini.

I bambini quelli veri come Mauro Rostagno che diceva cose giuste con grande semplicità. Stasera in questa aula ci sono tantissimi bambini pronti a dire, senza giri di parole, le cose che tutti noi pensiamo.

E di cose vere e forti ieri sera a Palazzo delle Aquile ne sono dette tante. Con qualche sbavatura forse inevitabile. Come quella di attribuire la battaglia antimafia alle grandi testate nazionali. dimenticando, ad esempio, il fondamentale ruolo svolto, negli anni del silenzio e in quelli di piombo, da questo giornale, quando ancora nessuno osava pronunciare e tanto più scrivere la parola mafia. Battaglie pagate a caro prezzo con bombe che esplodevano nottetempo “correva l’anno 1958” distruggendo la tipografia del giornale. La storia non è acqua fresca e i bambini dell’antimafia lo sanno bene. Valentini espone le ragioni della sua partecipazione. Sono qui per due motivi - spiega il direttore de L'Espresso - Innanzitutto per compiere un gesto di testimonianza civile e per dare il mio appoggio e quello del mio giornale al rinnovamento in corso a Palermo. Si tratta di un rinnovamento delle coscienze prima che della politica. Ma sono qui anche per un’altra ragione. Diciamo per un interesse professionale. Voglio capire cosa accade in Sicilia e come L'Espresso può intervenire. I professionisti dell'antimafia? Si, anche noi siamo professionisti dell'Antimafia, cioè professionisti della Democrazia, della coscienza Civile. Per la Sicilia stiamo studiando un progetto; creare un pool di giornalisti dell’Espresso che setacci tutto il sociale.

I professionisti dell'antimafia: "Quelli - dice Giuseppe De Blasi del coordinamento - che il Giornale di Sicilia" non esitò a schedare quando esplose la polemica sciasciana. Il progetto politico editoriale del Giornale di Sicilia prende corpo alla vigilia del maxi - continua De Blasi C'è subito una campagna contro i pentiti, poi contro le parti Civili. A chi chiede spiegazioni i dirigenti del quotidiano rispondono appellandosi allo stile anglosassone delle cronache. E ancora gli attacchi al pool antimafia dei magistrati condotti tramite gli editoriali di Vincenzo Vitale. C’è un bambino, dalla pronuncia stentata, che vuole a parola. È Alan Friedman corrispondente del Financial Times di Londra. Dice: “Con i maxiprocessi noi corrispondenti dei giornali esteri abbiamo capito che qualcosa stava cambiando in Sicilia, a Palermo. Ma il cambiamento non può passare soltanto attraverso e rivelazioni di Buscetta e il sacrificio di Falcone. Bisogna avere più vigilanza sulle banche che in Sicilia sono aumentate del 400 per cento rispetto alla media nazionale". "Abbiamo spezzato la congiura del silenzio vigente negli anni Settanta", dice il sociologo gesuita padre Ennio Pintacuda. Già, gli anni Settanta quando la battaglia antimafia non era nemmeno lontanamente bagaglio delle testate nazionali, erano anni duri in cui nessuno si permetteva di attaccare pubblicamente questo o quel boss. Lo fece Mario Farinella redattore di questo giornale dedicando un articolo al potente capomafia di Villalba, Calogero Vizzini: “La reazione di quell'intoccabile- scrisse poi in un libro Farinella - fu pacata, sorniona e quanto mai discreta, ma a chi s'intendeva di mafia apparve terribile. Con il giornale in mano, Don Calogero, si era presentato da mio padre e gli aveva rivolto queste parole: "deve dire a suo figlio che la finisca di babbiare". Oggi, per fortuna. tutti scrivono di mafia.

di Francesco Vitale – L’ORA pag. 11

 

249.        26 ottobre 1988 - mercoledì

SPAMPA E MAFIA: DISCUSSIONI A PIU' VOCI

di Antonio Roccuzzo - Il Manifesto

 

250.        26 ottobre 1988 - mercoledì

ANCHE A GENOVA I GESUITI INSEGNANO POLITICA

di Paolo Lingua - La Stampa

 

251.        28 ottobre 1988 - venerdì

"Magistrato e cittadini: giurisdizione e valori costituzionali"", a Palermo.

Evento è stato organizzato da Magistratura Democratica.

Intervenuti: Giovanni Palombarini (magistrato), Leoluca Orlando (Sindaco di Palermo), Antonio Brancaccio (magistrato), Carmelo Conti (magistrato), Baldini (avvocato), Franco Ippolito (CSM), Edmondo Bruti Liberati (CSM), Alfredo Galasso (professore), Ennio Pintacuda, Gianni Puglisi (professore), Carmine Mancuso (Coord. Antimafia), Giovanni Ferro.

Tratto da pagina web di Radio Radicale

 

252.        1° novembre 1988 – martedì

DP, CAPANNA CONTESTA I 'DURI' E CORTEGGIA ECOLOGISTI E GESUITI

La Repubblica pag. 8

 

253.        2 novembre 1988 - mercoledì

POLO LAICO, IL GESUITA DE ROSA RIMPROVERA PINTACUDA

La Repubblica pag. 8

 

254.        3 novembre 1988 - giovedì

NON È COMPITO DEI GESUITI INDICARE FORMULE POLITICHE'

La Repubblica pag. 14

 

255.        5 novembre 1988 - sabato

I GESUITI NON FANNO POLITICA AGIAMO AL SERVIZIO DELL' UOMO

La Repubblica

 

256.        25 novembre 1988 - venerdì

Milano

Sede del nuovo Centro Sociale via Lessona 20

Ore 21,00 – Organizzato dal Circolo Perini

Dibattito pubblico sul tema:

Palermo – Milano: le aggregazioni della Società Civile in risposta alla criminalità mafiosa nei suoi diversi livelli

Partecipa Padre Ennio Pintacuda

Presiede Antonio Iosa presidente del Circolo Culturale “C. Perini”

 

257.        26 novembre 1988 – sabato

Milano

ACLI - XVII CONGRESSO PROVINCIALE TRA PRESENTE E FUTURO:

IL CORAGGIO POLITICO

Salone ACLI

Via della Signora, 3 - Milano

Presiede il Congresso Michele Rizzi Segretario Nazionale di G.A.

ore 9.30 Saluto di Lorenzo Cantù Presidente provinciale ACLI Milano

ore 9.45 Relazione congressuale di Pierluca Borali (Segretario Provinciale di G.A: milanese)

ore 10.30 Inizio dibattito congressuale ore 12.30.

Pomeriggio

"Le ali della politica: educare alla democrazia per una nuova partecipazione dei giovani"

Relazioni di: Padre Ennio Pintacuda S.J. (docente di sociologia presso l'Istituto P. Arrupe di Palermo)

Giovanni Bianchi (Presidente Nazionale ACLI)

 

258.        2 dicembre 1988

Palermo. Iniziativa dell’Ass.ne Coordinamento Antimafia a Palazzo delle Aquile: presentazione del periodico "Avvenimenti".

Tema: QUANDO LA STAMPA NON È CONDIZIONATA DALLA MAFIA

Partecipano: Claudio Fracassi, Alfredo Galasso, Angela Lo Canto, Carmine Mancuso, Vito Mercadante, Diego Novelli, Leoluca Orlando, Ennio Pintacuda

 

259.        6 dicembre 1988 - martedì

QUI IL SINDACATO È UN FRONTE DEL PORTO

di Umberto Rosso - La Repubblica pag. 5

 

260.        7 dicembre 1988 - mercoledì

ORLANDO ACCUSA I REGISTI DELLO SCIOPERO 'DIETRO LA VERTENZA TANTI BURATTINAI

di Umberto Rosso - La Repubblica pag. 9

 

261.        9 dicembre 1988 - venerdì

TRA ROSSI E VERDI RISCHIA DI SPARIRE LA PATTUGLIA DI REDUCI DEL SESSANTOTTO

di Guglielmo Pepe - La Repubblica pag. 14

 

262.        10 dicembre 1988 - sabato

Castellammare di Stabia - Ore 17,00

Organizzato dalla Fuci

Incontro sul tema:

QUESTIONE MORALE E CORRESPONSABILITA SOCIALE E POLITICA DEL CITTADINO

Interventi di:

Ennio Pintacuda

Moderatore:

Paolo Giuntella

Nel corso dell'incontro viene presentato il libro

“Breve Corso di Politica “di Ennio Pintacuda

 

263.        11 dicembre 1988 - domenica

ARAGONA

ore 19,00 c/o locali Istituto Principe di Aragona.

Gruppo Giovanile Parrocchia Rosario

Tavola Rotonda sul tema:

"POLITICA E QUESTIONE MORALE,

Interventi:

Padre Ennio Pintacuda

Prof. Leoluca Orlando

Carmine Mancuso

Moderatore: Prof. ALFIO RUSSO

 

264.        13 dicembre 1988 - martedì

GUNNELLA CONTRO ORLANDO E I GESUITI DI PALERMO

La Repubblica   10

 

265.        14 dicembre 1988 - mercoledì

LA SCOMUNICA DEL GESUITA...

La Repubblica   12        GIANNI BAGET BOZZO

 

266.        14 dicembre 1988 - mercoledì

SULLE TAPPE DELLA 'PRIMAVERA' UN CONVEGNO COI PROTAGONISTI

PALERMO. Dalla palude alla primavera: questo il tema del convegno, promosso dal coordinamento Antimafia, che si svolgerà oggi pomeriggio a Palazzo delle Aquile. Durante il convegno sarà presentato un numero speciale della rivista MicroMega che ricostruisce i vari capitoli dell’esperienza in corso nella città. Con una serie di articoli di osservatori e protagonisti del caso Palermo, la rivista ripercorre alcuni temi della complessa stagione siciliana: le posizioni della Chiesa sul fenomeno mafia, la condizione dei magistrati in prima linea e i rapporti fra mafia, politica, informazione e imprenditoria siciliana. Gli stessi temi al centro del dibattito con il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, il giudice Giuseppe Ayala, il sociologo Nando Dalla Chiesa, il condirettore di MicroMega Paolo Flores D' Arcais, il presidente del coordinamento Antimafia Carmine Mancuso, il presidente di Altra Italia Diego Novelli, il sociologo Ennio Pintacuda e il vicedirettore di Repubblica Giampaolo Pansa.

 

La Repubblica   10

 

267.        14 dicembre 1988

Palermo.

Iniziativa del Coordinamento Antimafia a Palazzo delle Aquile: presentazione del periodico "MicroMega".

 

268.        15 dicembre 1988 - giovedì

ORLANDO DENUNCIA: 'IN QUESTA CITTA' LA CULTURA È RIMASTA INDIFFERENTE

PALERMO. Una riflessione a più voci sul caso Palermo, una ricostruzione delle tappe del nuovo corso e dei tentativi di bloccare il rinnovamento. Ne hanno parlato, in occasione della presentazione del numero della rivista MicroMega che dedica un dossier alla questione mafia, protagonisti e osservatori delle vicende palermitane. A Palazzo delle Aquile, al convegno promosso dal coordinamento antimafia, hanno partecipato giudici del pool antimafia, esponenti politici, rappresentanti dei movimenti. Presenti anche Chicca Roveri (la moglie di Mauro Rostagno), la vedova Pietra Lo Verso, e il padre del piccolo Claudio Domino (alla cui memoria è stato dedicato il convegno). Il vicedirettore della rivista, Paolo Flores D' Arcais, ha voluto ringraziare per l’invito al dibattito che mi ha dato l’occasione di conoscere tanti palermitani che sono così diversi da Aristide Gunnella. La proposta di una convenzione nazionale di tutte le forze antimafia è stata lanciata dal presidente del coordinamento antimafia, Carmine Mancuso. I rapporti tra Cosa nostra e politica sono stati esaminati dal sostituto procuratore Giuseppe Ayala, mentre il sociologo Nando Dalla Chiesa ha parlato dei rapporti fra mafia e grande stampa: Un certo garantismo finisce a volte per fare, anche involontariamente, il gioco mafioso. Oggi c' è una cultura del sasso in bocca: non è più possibile criticare, scatta subito la querela. Poi ha parlato il sindaco Orlando, che ha polemizzato con le zone franche nelle istituzioni, certi settori culturali, l’università ad esempio, restano indifferenti rispetto a ciò che accade in questa città. Il dissenso ha detto ancora il sindaco, tuttavia, non può restare fine a sé stesso: qualcuno deve vincere o perdere. La realtà palermitana è un modello per la sinistra di tutto il paese. Una interpretazione accolta da Diego Novelli, presidente dell’associazione Altra Italia, per il quale l’esperienza di Palermo non può essere circoscritta solo alla città: è una battaglia per l’intera nazione. Padre Pintacuda ha insistito sul ruolo dei movimenti a Palermo; poi è intervenuto Giampaolo Pansa, vicedirettore di Repubblica: Questa esperienza è come una goccia che scava ogni giorno la pietra. Ma c' è uno sbarramento trasversale che taglia tutti i partiti. Non ci sono zone franche: ognuno ha in casa il proprio nemico.

di U.R. - La Repubblica pag. 7

 

269.        dicembre 1988 - sabato

A PALERMO IL RE È NUDO

IL SAB. 7, 8, 9   LUIGI AMICONE

 

270.        20 dicembre 1988 - martedì

UNA SCUOLA DI POLITICA DEDICATA A GIUSEPPE LAZZATI

Il Tempo

 

271.        20 dicembre 1988 - martedì

SCUOLA POLITICA FONDATA A ROMA DA CATTOLICI " VICINI " A SORGE

L'Unità

 

272.        23 dicembre 1988 - venerdì

A.A.A. POLIZIOTTI CERCANSI

di Attilio Bolzoni - La Repubblica pag. 15

 

273.        23 dicembre 1988 - venerdì

MAFIA E STUPEFACENTI: DIBATTITO A BOLOGNA

(ANSA) - BOLOGNA, 23 DIC –

''Non basta delegare i problemi a legge, istituzioni, forze di polizia, giudici, ma occorre sollecitare tutti all' impegno di tutti'' è il messaggio che, indicato dal Sindaco di Bologna, Renzo Imbeni, è risultato comune a quanti hanno partecipato ieri sera, a ''fuori dal buio'', meeting contro la mafia e la droga organizzato dalla federazione bolognese del pci. L’ incontro ha raccolto le testimonianze, oltre che di Imbeni, di Giancarlo Caselli, magistrato e componente del CSM; Leoluca Orlando, sindaco di Palermo; don Luigi Ciotti, coordinatore del ''gruppo Abele'', Carmine Mancuso, presidente del comitato antimafia di Palermo; il gesuita padre Ennio Pintacuda; Vincenzo Vasile, giornalista de l’Unità, autore di numerosi scritti su mafia e camorra; Andrea Cozzolino, responsabile FGCI per il mezzogiorno; Libero Mancuso, pubblico ministero al processo per la strage di bologna. incalzati dalle domande di Rocco Di Blasi, responsabile dell’inserto regionale de ''l'Unità, hanno riferito esperienze avute per diversità d' impegno, ponendo l'accento sulla necessità di una ''urgente e comune risposta''. il discorso ha anche toccato altri temi e così Orlando, provocato sull' ipotesi di una sua candidatura alle prossime elezioni europee, ha risposto che, convinto della necessita di un rafforzamento di una nuova cultura anche europea, potrebbe essere disponibile per una lista che non riproponesse ''uscenti eccellenti'' e comunque per un impegno che non escludesse quello amministrativo a Palermo. (segue).

(ansa) - bologna, 23 dic. - Nella lotta alla mafia, come in quella alla droga ''il mondo giovanile è e deve essere ancora più coinvolto''. Carmine Mancuso e Cozzolino hanno con tale affermazione esorcizzato, rispettivamente per Palermo e Napoli, vecchi potentati, sottolineando come si faccia strada la ''sfida per una cultura non piu' di morte, ma di vita''. ''il problema passa da Palermo, e raggiunge bologna e diventa nazionale e internazionale'', ha detto Imbeni; ''si infiltra in logge, in servizi segreti deviati, con collusioni tra terrorismo nero e i vertici della cupola'', ha aggiunto Mancuso. ''e' questione di affinamento della risposta tecnica, con la centralizzazione di dati e la specializzazione di chi è chiamato a intervenire, e dunque non facendo problema di singoli, come nel caso meli-falcone'', ha poi affermato caselli. e nella risposta “deve essere sempre piu' coinvolta l’opinione pubblica dando maggiore e piu' sensibile informazione”, ha sostenuto Vasile. per la droga ''si può uscire dal buio”, ha indicato con forza don ciotti, esecrando ''compromessi politici sulla pelle dei tossicodipendenti''. ''siamo - ha infine sostenuto padre Pintacuda – sul fronte nuovo della seconda liberazione, che deve portare a una comune tensione morale che tagli trasversalmente antichi gruppi di potere per la vittoria degli uomini onesti''.

(ANSA). SR/LN

 

274.        29 dicembre 1988 – giovedì

VERSO UN GEMELLAGGIO TRA PALERMO E MILANO

POPOLO LOMBARDO (IL POPOLO)

 

275.        7 gennaio 1989 – sabato

Avigliano (PZ)

Tavola rotonda:

La crisi dello Stato in Italia

Padre Pintacuda, Claudio Velardi, Giampaolo D’Andrea e Rocco Colangelo

 

276.        8 gennaio 1989 – domenica

PUGNI E INSULTI ALLA POLIZIOTTA NERA

di Francesco Viviano - La Repubblica pag. 17

 

277.        17 gennaio 1989 - martedì

Conferenza pubblica di Padre Pintacuda a Terrasini, con Giudice Barresi, Giornalista Gianfranco D'Anna, Giuseppe Di Blasi, Saveria Antiochia.

 

278.        18 gennaio 1989 - mercoledì

Conferenza pubblica di Padre Pintacuda a Cefalù sul tema AIDS con:

Raimondo Marcianò, Filippo Lo Verde, Giovanni Lo Savio, Francesco La Cagnina.

Presentazione del prof. Maimone, conclusione di Roberto Sottile e Carmela Maggio.

 

279.        21 gennaio 1989 – sabato

INCONTRI DI GIOVANI SULL' ANTIMAFIA

“LOTTA alla mafia e sviluppo della Sicilia: il ruolo dei giovani”: questo il titolo del primo di una serie di dibattiti organizzati dal sociologo gesuita Ennio Pintacuda nelle scuole di Palermo e provincia. Il dibattito si è tenuto al Liceo linguistico di Terrasini, qualche giorno fa. Presenti, accanto agli amministratori locali, il giudice Salvatore Barresi. Gianfranco D'Anna della Rai. Giuseppe Di Blasi del Coordinamento Antimafia, Saveria Antiochia, madre di Roberto, assassinato col Commissario Cassarà. È necessario non abbassare mai la guardia”, questo il parere del giudice Barresi, "perché la mafia è viva, è organizzata, cresce nel suo potere. La giustizia e le forze dell'ordine sono fondamentali, ma sarebbe illusione pensare che esse, da sole, bastino per poter lottare adeguatamente contro la mafia. Occorre una grande mobilitazione delle coscienze sociali. Questo significa anche atteggiamento e cultura nuova……..

Le conclusioni le ha tirate Ennio Pintacuda” Già il dibattito nelle scuole ha detto è senza dubbio un segnale di speranza, di voglia di “sconfiggere questo fenomeno, che si aggiunge agli altri segnali: una politica fatta per la gente, una trasparenza nelle istituzioni, tutti segni positivi che. Si aggiungono all'impegno della magistratura"

L' ORA

 

280.        31 gennaio 1989 - lunedì

Palermo – Palazzo delle Aquile

Organizzata da “Democrazia Proletaria”, conferenza pubblica su

“La Mafia e i palazzi del potere”

Relatori: Leoluca Orlando, Mario Capanna, padre Pintacuda, Conte, Giancarlo Licata, Franco Piro

 

281.        1° febbraio 1989 - martedì

Dibattito ieri al Comune con Capanna sui palazzi del potere la metafora del boss burattinai

L'INGOMBRANTE PRESENZA DEL PADRINO

LE DUE facce di don Calogero. La prima, quella dell’uomo ingenuo che non capisce cosa è accaduto in quest'ultimo anno a Palermo. La seconda, quella del padrino rozzo ed arrogante che capisce fin troppo, che conta amicizie di rango nei palazzi del potere, che uccide. E difficile riuscire a far "schierare" il primo, non è impossibile liberarsi del secondo. "La Mafia ei palazzi del potere. Ad un anno dall'omicidio dell'ex sindaco Giuseppe Insalaco come è cambiato questo rapporto che era viscerale fino a qualche anno fa? C’è ancora spazio nei palazzi per il don Calogero, uomo d'onore? Se lo sono chiesti ieri il sindaco Orlando, il leader di Democrazia proletaria Mario Capanna, padre Pintacuda, Carmine Mancuso, il giudice Conte, il collega di Rai Giancarlo Licata, il deputato di Dp Franco Piro, in un dibattito a più voci organizzato da Democrazia Proletaria.

L'omicidio Insalaco ha detto il sindaco Orlando un delitto scoppiato dentro il sistema di potere. Preoccupa il silenzio per un delitto che sembra avere come pochi i connotati dell'azione preventiva. Per questo occorre fare subito verità e giustizia: non può, non deve passare il convincimento che la soppressione fisica diventi un modo per prevenire, una sorta di garanzia d'impunità per i mafiosi e per i loro amici, per i loro delitti fuori e dentro i Palazzi. Viviamo al Comune una esperienza carica d'insidie, il livello della sfida cresce ogni giorno di più.

Questo lo ha capito perfino don Calogero, quello ingenuo. E bene che i Palazzi, tutti nessuno escluso, si adeguino. L'altro don Calogero, il padrino, quello che fino a qualche anno fa la faceva da padrone in questa aula, venga definitivamente estromesso. Per fare ciò è necessaria l'enfasi di questi giorni intorno alla vicenda degli appalti, la vogliamo utilizzare per fare chiarezza nei Palazzi".

E sugli appalti, sul groviglio d'interessi che attorno ad essi si muove, è intervenuto Franco Piro, deputato regionale di Dp: "L'omicidio Insalaco ha fatto risollevare la testa, ha dato forza, a coloro che all'interno dei palazzi perseguono strategie chiare e precise. Uno dei motivi dello scontro e proprio il problema degli appalti. Di recente sindaco e vicesindaco hanno chiesto di liberarli da questa micidiale tagliola. Sono d'accordo, è questa la strada da percorrere per liberare il Comune delle pressioni mafiose"

E Carmine Mancuso gli ha fatto eco, chiedendo che venga subito istituita la Commissione d'inchiesta che indaghi sul caso Sico-D'Agostino "ma anche ha aggiunto il presidente del coordinamento antimafia- su altri appalti magari meno recenti". Per padre Ennio Pintacuda siamo oggi ad una svolta. Con la solita flemma ed incisività il sociologo gesuita sintetizza così il suo pensiero: "Qualcuno dice che con la vicenda Sico la giunta è caduta nel fango. Se così fosse dovremmo prendere atto della nostra sconfitta, della sconfitta di tutti coloro che hanno creduto e credono nel rinnovamento. In realtà in questi giorni si è alzato il livello della sfida. Sono state tese tante trappole al rinnovamento, a questa giunta. E non è un caso che ciò accada in prossimità di alcuni importanti appuntamenti: le elezioni europee e l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale".

Mario Capanna, nel suo intervento di chiusura ha lasciato da parte le trappole tese al rinnovamento ma ha avuto parole durissime per "alcuni alti magistrati la cui unica preoccupazione è quella di lottare contro chi è impegnato in prima linea nella battaglia antimafia. Tutto ciò sta accadendo al Palazzo di giustizia di Palermo e per me e un fatto inqualificabile".

di F.V. – L’ORA

 

 

282.        4 febbraio 1989 - sabato

FINISCE IN UN UFFICIO LA POLIZIOTTA NERA

di Francesco Viviano - La Repubblica pag. 18

 

283.        4 febbraio 1989 – sabato

Messina – Camera di Commercio ore 18,00

Conferenza-dibattito sul tema

I GIOVANI E LA POLITICA

Introduce Andrea Campione R.D. Incoming “11° Distretto Rotaract

Relazione P. Ennio Pintacuda

Invito Presidente Daniela Agnello

 

284.        5 febbraio 1989 – domenica

Siracusa - Sala conferenze di palazzo del Vermexio.

Presentazione del libro " Sicilia in pericolo" di Elio Tocco con prefazione di Virgilio Titone, con Corrado Giuliano, Santi Luigi Agnello Ennio Pintacuda, Fausto Spagna.

 

285.        7 febbraio 1989 - martedì

Intervista con il gesuita ideologo del «pentacolore Orlando»

PINTACUDA: MATURI I TEMPI PER I COMUNISTI IN GIUNTA

Pintacuda: «Maturi i tempi per i comunisti in Giunta»

«Sono stato invitato a candidarmi alle Europee, ma preferisco l'azione formativa»

«A Strasburgo vedrei bene, invece, l'attuale sindaco di Palermo»

Intervista di Lillo Miceli - La Sicilia

 

286.        13 febbraio 1989 - lunedì

Padre Pintacuda incontra la comunità di Lineri

CATTOLICI E SOCIETA'.

Quella febbre di politica

Bommarito ripropone il profetismo della Chiesa

L'impegno come rispetto della dignità umana

di Pinella Leocata - La Sicilia

 

287.        23 febbraio 1989 - giovedì

Dopo le dichiarazioni di P.Sorge

A PALERMO SI PIAPRE LA DISPUTA SU ORLANDO

di Giovanni Ciancimino - La Sicilia

 

288.        25 febbraio 1989 - sabato

I SOCIALISTI: PERCHE' UN CONVEGNO IN ORARIO SCOLASTICO?

GAZZETTA DI MODENA

 

289.        25 febbraio 1989 - sabato

Modena – Teatro Storchi ore 9,30

Incontro pubblico con gli studenti

LA MAFIA AL SUD E AL NORD

Organizzato da Comitato cittadino di lotta alle tossicodipendenze

 

290.        26 febbraio 1989 - domenica

Dopo la lettera pro-Orlando a Forlani

SMENTITA DELLA CURIA ALL' UNITA': IL CARDINALE NON C' ENTRA CON GLI ARTICOLI DI MONDO CATTOLICO

……Il cardinale all'omelia della messa nel santuario di S. Rosalia, a proposito di formule per governare Palermo, aveva detto: «E ‘ovvio che non avrò io questa formula, non ho né il mandato né la competenza a dare una qualsivoglia interpretazione, specifica e concreta, e come non spetta a me, così non spetta, ad altri, ecclesiastici, sacerdoti o religiosi che siano». Questo passo dell'omelia, che ora viene ricordato in occasione nell'articolo di padre Noto, allora suonò come un preciso richiamo alle posizioni assunte da una parte dei gesuiti palermitani, fra i quali padre Bartolomeo Sorge ed Ennio Pintacuda.

Giornale di Sicilia

 

291.        3 marzo 1989 - venerdì

INCOMBE SU PALERMO LO SPETTRO DELLE URNE

di Federico Guiglia - Il Giornale

 

292.        4 marzo 1989 - sabato

Lendinara

PADRE ENNIO: PINTACUDA: DOVUNQUE C' È VOGLIA DI FARE POLITICA

IL GAZZETTINO

 

293.        9 marzo 1989 - giovedì

MATTARELLA AVVERTE I SOCIALISTI 'ORLANDO RESTA'

ALERMO Il vertice Dc, che ha deciso di dare via libera all' ingresso dei comunisti in giunta, è all' esame dei partiti. L' ultima parola sul caso Palermo spetta dunque ai massimi dirigenti democristiani e socialisti. Guzzetti, inviato da Forlani a presiedere il vertice, ha riferito al segretario nazionale sull' esito dell’acceso dibattito interno (tre andreottiani ed un esponente di Azione popolare si sono dissociati dal documento finale): La Dc palermitana si è espressa a favore di una maggioranza molto ampia che al Comune comprenda anche Psi e Pci. C' è una reale volontà di rimuovere gli ostacoli nei confronti dei socialisti, mentre non c' è alcuna intesa sotterranea con i comunisti. I dirigenti del Psi palermitano non intravedono però spiragli positivi: La decisione di spostare a Roma il tavolo delle trattative dice il segretario provinciale non riguarda tanto noi quanto la Dc: intende così trasferire altrove le proprie difficoltà e indecisioni. Ed i socialisti aggiungono che la richiesta di azzeramento del pentacolore è sempre stata avanzata tenendo conto delle indicazioni nazionali del nostro partito: come a dire che la segreteria non farà cadere la pregiudiziale delle dimissioni di Orlando. Una condizione che resta inaccettabile per i democristiani: Orlando non si tocca dice il ministro Mattarella e in questo caso saremmo noi a dire di no al Psi. Il responsabile nazionale comunista per gli Enti locali, Gavino Angius, ha già sottolineato il valore e le novità delle scelte compiute dalla Dc palermitana: Per la prima volta si prende atto esplicitamente della disponibilità del Pci al consolidamento della giunta e, al tempo stesso, delle difficoltà poste dal Psi. E per Angius, a questo punto, vanno considerate ininfluenti le autoesclusioni di questa o quella forza politica. Infine, in un articolo scritto per il settimanale Avvenimenti, padre Ennio Pintacuda afferma di temere una nuova recrudescenza della violenza a Palermo in coincidenza con i grandi investimenti pubblici.

di Umberto Rosso - La Repubblica pag. 2

 

294.        9 marzo 1989 – giovedì

Palermo/ Ancora polemiche nella città dei veleni. L’ex sindaco Elda Pucci attacca la DC: dissento dalle decisioni dei vertici. Orlando? «E un eroe di una operazione di potere»

MI SENTO SOCIALISTA

Sarà candidata Psi alle europee?

Intervista di Gianni Festa - IL MATTINO

 

295.        9 marzo 1989 - giovedì

PINTACUDA: A PALERMO O DEMOCRAZIA O MAFIA

ROMA «Sono molto perplesso sui giudizi dell'Alto Commissario su una mafia che compirebbe. i suoi misfatti solo per depistare le indagini dai suoi traffici. L'assassinio di Moro, il caso Cirillo, i delitti politici della nostra città dimostrano che siamo in presenza di un attentato, alla stessa democrazia”. Lo scrive il gesuita padre Ennio Pintacuda in un articolo per il nuovo settimanale «Avvenimenti, Secondo l'esponente del centro «Arrupe», a Palermo il clima «lascia presagire, una nuova recrudescenza di violenza: fra il decreto Goria, i mondiali e il risanamento (con fondi Cee) del centro. storico, su Palermo stanno per piovere centinaia e centinaia di milioni di miliardi: con i contrasti, diciamo così, d'interessi che è facile immaginare».

Palermo però, aggiunge, è cambiata, è una «frontiera della democrazia», un «laboratorio politico», «Con la sua giunta di movimento, questa città ha detto con i fatti che cambiare è possibile. Palermo il luogo fisico di una nuova identità urbana, dove la società civile ha adottato comportamenti, valori e modelli molto diversi dal passato: l'illegalità, qui, ha spazi di manovra molto più ristretti. La paura dei nemici della democrazia è che ora l’intera politica nazionale si possa palermitanizzare. Lo scontro, quanto prima, diventerà generale. La nuova coscienza dei palermitani ha fatto largamente comprendere che qui ormai o passa il potere criminale, consolidando sé stesso, o passa la democrazia».

La Sicilia

 

296.        11 marzo 1989 - sabato

Provincia

UNA MOZIONE DEL MSI SU PADRE PINTACUDA

Giornale di Sicilia

 

297.        12 marzo 1989 - domenica

CONFERENZA - DIBATTITO SU: POLITICA E GOVERNO DELLA CITTA'

Invito    LA VITA DIOCESANA

 

298.        14 marzo 1989 - martedì

PADRE PINTACUDA CONTRO TUTTI

«A che serve il nostro impegno se gli strumenti e cioè giustizia, scuola, politica e informazione appartengono a chi è colluso?» Cominciare un pezzo con un punto interrogativo non sta bene, ma questa volta è d'obbligo, perché la domanda se la pone il gesuita padre Ennio Pintacuda nel quadro della strategia da lui individuata per combattere su due fronti dell'antimafia e della politica. Il discorso si inquadra evidentemente nell'attuale delicato momento della giunta Orlando che, probabilmente si trova al bivio se non addirittura impossibilità del capolinea. L'occasione, al loquacissimo padre gesuita, è stata data dall'incontro-dibattito sul tema “Letteratura e realtà nella lotta contro la mafia”. Si è svolto nell'aula del consiglio comunale di Palermo proprio mentre in altra sala si riuniva il gruppo consiliare della DC per affrontare il tema del cosiddetto rafforzamento della Giunta Orlando chiesto dal PCI. Il padre gesuita non ha risparmiato proprio nessuno, anzi soltanto Leoluca Orlando e il Coordinamento Antimafia di cui fa parte.

Se l'è presa con i politici che continuano a stare al loro posto nonostante siano chiacchierati. Se l'è presa con l'Alto commissario per la lotta alla mafia Domenico Sica, di cui non condivide le recenti analisi su Cosa nostra. Se l'è presa perfino con Leonardo Sciascia. «Non si può combattere la mafia con i libri come “Il giorno della civetta”». Nel mazzo ha messo anche la Cassazione affermando che una sentenza annullata e una giustizia distrutta.

Padre Pintacuda ha parlato della necessità di creare fatti nuovi, fatti politici nuovi: «Non possiamo distruggere - ha detto riferendosi all'esperimento palermitano - quel poco che abbiamo realizzato». Ha parlato anche dei contro-messaggi diffusi da chi ha strumenti per fare cultura: «Sono culturali i messaggi, quando ci si chiede se è vero che le strade sono sporche, se è vero che il sindaco fa antimafia di facciata, se è vero che non funziona nulla, se è vero che l'ultimo congresso sindacale della Cgil è stato gestito dagli stessi che avevano fatto la manifestazione con le bare, se è vero che il congresso nazionale della dc è stato vinto da una certa parte del partito? Tutto ciò è finzione». Padre Pintacuda si è ancora chiesto «Noi quali strumenti abbiamo per fare politica? Quali contenuti, quali programmi, se questa giunta viene ancora contestata la sua immagine». Secondo il padre gesuita sono tre le fasi della lotta alla mafia: letteraria etica ed epica. Tutte e tre sono ormai superate. «Oggi - ha testualmente detto - è in piena attuazione la fase delicatissima dello scontro. Dobbiamo capirlo per la nostra città, per la Sicilia e per la nostra libertà. Tutto rimane nella finzione se non c'è l'acquisizione di potere». A chi è riferita quest'ultima frase? Forse al PCI che preme per entrare in Giunta, con il rischio di fare fallire l'esperimento Orlando? E sì perché non sembra che padre Pintacuda da quello studioso e sociologo che è, abbia visto di buon occhio la richiesta del PCI avanzata lo scorso dicembre. È da allora che per l'esperimento Palermo sono cominciati i momenti più difficili sul piano politico. Tutto sommato, un congelamento avrebbe consentito di andare avanti senza preoccupazione di manovre restauratrici. Del resto con l'ingresso dei comunisti in giunta nulla si aggiungerebbe alla maggioranza che sostiene Orlando, perché i comunisti vi fanno già parte

di G.C. - La Sicilia

 

299.        23 marzo 1989 - giovedì

CONTRO LA MAFIA, UNA LOTTA DI LIBERAZIONE

di Letizia Paolozzi - L'Unità

 

300.        25 marzo 1989 - sabato

DACIA VALENT TORNA IN CAMPO 'COSI' COMBATTERO' IL RAZZISMO'

di Silvana Mazzocchi - La Repubblica pag. 18

 

301.        1° aprile 1989 - sabato

E I BOSS PUNTANO SU NUOVI BERSAGLI

di Francesco Viviano - La Repubblica pag. 2

 

302.        1° aprile 1989 - sabato

MAFIA, CHIESA IN CAMPO

Avvenire

 

303.        1° aprile 1989 - sabato

PAPPALARDO: BISOGNA RESISTERE. ISPETTORE MINISTERIALE DI SICILIA

Avvenire

 

304.        1° aprile 1989 - sabato

LO STATO NON TEME LA MAFIA

L' UNIONE SARDA    RINO F.

 

305.        1° aprile 1989 - sabato

MINACCE MAFIOSE A P.E. PINTACUDA

L'Unità 

 

306.        1° aprile 1989 - sabato

CRISI DEI PARTITI E RINNOVAMENTO DELLA POLITICA

Invito    GIAN MARIO SELIS

 

307.        1° aprile 1989 - sabato

LETTERA

 

308.        2 aprile 1989 - domenica

PALERMO, UNA CITTA' SOTTO SCORTA

La Repubblica pag. 9     Francesco Viviano

 

309.        5 aprile 1989 - mercoledì

ANTI-MAFIA: LETTERA DI SCALONE A SICA

ANSA

 

310.        8 aprile 1989 - sabato

CASTELNUOVO NE' MONTI

Centro Culturale Polivalente, via Roma – ore 16,00

Dibattito pubblico don P. Pintacuda sul tema:

Cattolici e sinistra. Le prospettive dell'alternativa tra vecchio collateralismo e nuova autonomia.

Organizzato da Comitato Zona Montana - Comitato Comunale CASTELNUOVO NE' MONTI

 

311.        9 aprile 1989 - domenica

TRA OFFENSIVA MAFIOSA E SCONTRI COL PSI UNA GIUNTA IN TRINCEA DA VENTI

di Umberto Rosso - La Repubblica pag. 3

 

312.        11 aprile 1989 – martedì

Partinico - Istituto San Pio X, Via Libertà Partinico

Associazione Ricreativo – Culturale Cesarò

Ore 18,00 - Incontro - dibattito sul tema:

“CRISI O RINASCITA DELLA POLITICA? “

Relatore: Padre Ennio Pintacuda dell'Istituto "Pedro Arrupe, di Palermo

 

313.        15 aprile 1989 –

I Gesuiti «Non legittimiamo il PCI»

ATTUALITÀ' DOPO LO SCALPORE- Padre Di Rosa non ritratta il suo editoriale su Civiltà cattolica

GIUNTA ORLANDO I padri Sorge e Pintacuda? «In prima linea a Palermo Bisogna capirli...» I Gesuiti «Non legittimiamo il PCI»

ROMA • -Nessuna legittimazione da parte della Compagnia di Gesù nei confronti del PCI, precisa ora padre De Rosa dopo lo scalpore suscitato dal suo ultimo editoriale su Civiltà cattolica. Il gesuita non ritratta certo quanto ha scritto, nemmeno per una virgola, ma dice che sono distorte, o quanto meno forzate», le interpretazioni fornite ieri dai quotidiani. E in ogni caso, il giudizio dell'autorevole rivista -prescinde dalla particolarissima vicenda di Palermo». Così, con il più perfetto stile «gesuitico», ancora una volta la voce ufficiale della Compagnia di Gesù riesce a smentire e confermare allo stesso tempo. Forse perché ogni pagina, ogni riga di Civiltà cattolica viene attentamente soppesata in Vaticano prima del placet per la pubblicazione, ma sempre quando scoppiano polemiche, viene ingranata contemporaneamente la marcia indietro e l'avanti tutta. Fedele a questa prassi antica, De Rosa spiega ancora: Leoluca Orlando • -È stata un'operazione politica importante, carica di difficoltà», commenta esausto ma soddisfatto, poco prima dell'una di notte, Leoluca Orlando che è riuscito a varare la giunta esacolore con due comunisti per la prima volta nella storia di Palermo assessori al Comune. La nostra intenzione era piuttosto quella di valutare le rilevanti novità dell'ultimo congresso del PCI, il suo carattere di rottura rispetto al passato». E sul ruolo del Centro Arrupe negli sviluppi della giunta Orlando, ecco ancora un colpo al cerchio e uno alla botte: «I nostri padri Sorge e Pintacuda pensano ed agiscono così, perché vivono in pieno i gravi problemi della città. Magari hanno un po'ecceduto nel loro coinvolgimento, sarebbe stata opportuna una maggiore prudenza. Ma noi siamo lontani da Palermo, non in prima linea come loro». Nell'occhio del ciclone però, ci stanno un po' tutti i gesuiti italiani. Anche lo stesso editorialista di Civiltà cattolica, perché a ben rileggere il suo articolo si scopre che l'unica critica, politica e motivata, mossa al PCI è per la scelta di volersi contrapporre -in maniera assoluta e radicale» alla de; con l'aggiunta che proprio l'alternativa «è il punto più debole e più vago» del nuovo corso occhettiano. Ed è proprio a questa «pecca» che i suoi confratelli Sorge e Pintacuda hanno rimediato: a Palermo, infatti, DC e PCI ora governano insieme. Anche quando smentiscono i gesuiti lo fanno da protagonisti. Discreti sì, e possibilmente dietro le quinte, ma senza tirarsi indietro se i riflettori dovessero illuminarli troppo. Ora che a Palermo è fatta, e che i politici fanno a gara nel tentar di dimostrare che la linea Sorge-Pintacuda non è esportabile, alle accuse di indebita ingerenza che si rinnovano padre Sorge ribatte: -È la solita idea distorta sui gesuiti che a Palermo fanno politica. Non è così. Noi formiamo solo coscienze, prepariamo persone mature e valide per la loro competenza alla politica. Chi ci attacca, ha paura forse che i preti tolgano il posto ai politici». Non è esportabile la formula Palermo? Intanto a «formare coscienze» i nostri gesuiti proseguono a tutto spiano e non solo in Sicilia. Già, perché non solo il congresso DC ha bocciato la sinistra; anche il congresso PCI ha sposato l'alternativa. Ma Sorge e Pintacuda restano convinti che l'incontro tra i due partiti è necessario e dunque ci si dovrà arrivare, prima o poi, sulla scia di Palermo. In definitiva, non sono forse gli unici partiti italiani davvero popolari? Così la Compagnia di Gesù si prepara ad una lunga guerra, cercando di schivare le critiche e gli strali. Anche quelli che vengono da Elda Pucci, l'ex sindaco del rinnovamento palermitano, in procinto di passare al PSI; ha votato contro la giunta benedetta da Sorge e Pintacuda, ricordando che i gesuiti - già in passato hanno tenuto a battesimo una nuova DC siciliana: quella dei giovani Lima e Ciancimino che fecero piazza pulita dei Restivo. Con quali risultati, si è visto». delle 95 scuole cattoliche di politica aperte un po' in tutta Italia, metà sono rette dalla Compagnia di Gesù, per un quarto si muovono sulla stessa falsariga, e solo quel che resta è antagonista perché affiliato a CI. Avremo presto altri Orlando in altrettante città? Il compromesso storico di Berlinguer ha fallito, ma ne avremo in futuro un altro di targa gesuita? Augusto Del Noce è scettico. Sarà che il filosofo cattolico è schierato con CL, ma non crede a questa possibilità, anche se riconosce che questo è l'ambizioso progetto di Sorge e Pintacuda: puntare ad un'alleanza tra sinistra de e comunisti. -Non è una strategia nuovissima — spiega Del Noce — ma una manovra che li porta ad essere consiglieri di una DC che si muove in direzione opposta rispetto alle conclusioni dell'ultimo congresso». L'anziano filosofo è addirittura feroce quando poi osserva che nella linea dei gesuiti -restano ampi margini di ambiguità, a differenza di quella catto-comunista.

 di Gianni Pennacchi – Stampa Sera pag.2

 

314.        16 aprile 1989 - domenica

LA SFIDA DI PALERMO

di Andrea Mercenaro - L'Europeo pag. 12 e seg.

 

315.        26 aprile 1989 - mercoledì

Conferenza di Padre Pintacuda ad Alimena sul tema AIDS con:

Raimondo Marcianò, Filippo Lo Verde, Giovanni Lo Savio, Francesco La Cagnina, Salvo Siciliano, Ferrara.

 

316.        28 aprile 1989 -venerdì

Conferenza pubblica di Padre Pintacuda a Pavia

sala del Rivellino – Castello Visconteo

con Elio Veltri

 

317.        29 aprile 1989 - sabato

IL MS SCATENA L' OFFENSIVA PINTACUDA SOTT' INCHIESTA

di Attilio Bolzoni - La Repubblica pag. 10

 

318.        29 aprile 1989 - sabato

RESI NOTI I PERCORSI SEGRETI DI PADRE PINTACUDA A PALERMO

di Umberto Rosso - CORRIERE ADRIATICO

 

319.        29 aprile 1989 - sabato

LA GIUNTA ORLANDO: GLASNOST SICULA, PERESTROJKA GESUITA

Giornale di Sicilia          G. PORTARI ROBERTO

 

320.        29 aprile 1989 - sabato

ALLA PROCURA IL CASO PINTACUDA

Il Giornale di Sicilia      G.S.

 

321.        29 aprile 1989 - sabato

MISSINI E SOCIALISTI ATTACCANO PINTACUDA: È UN ASSENTEISTA

Il Manifesto                   A.R.

 

322.        29 aprile 1989 - sabato

RIVELATI GLI SPOSTAMENTI DI PINTACUDA

L' ORA              S.R.

 

323.        29 aprile 1989 - sabato

IL MSI SCATENA L' OFFENSIVA. PINTACUDA SOTTO INCHIESTA

di Attilio Bolzoni - La Repubblica

 

324.        29 aprile 1989 - sabato

Comunicato stampa

SINDACATO AUTONOMO DI POLIZIA

 

325.        29 aprile 1989 - sabato

PESARO - ore 21,15-Cinema Loreto

Primo incontro organizzato dal Centro Socioculturale “Cittaperta”

Tema: IL POTERE E LE RAGIONI DEGLI UOMINI. DA PALERMO UNA NUOVA POLITICA?

Relatore: Padre Ennio Pintacuda

 

326.        30 aprile 1989 - domenica

IL GESUITA PEDINATO

MA ALLORA è proprio vero; aveva ragione il pubblico ministero Gianfranco Garofalo quando, sull' onda delle assoluzioni dei boss della cupola nel terzo maxiprocesso contro la mafia, aveva denunciato che in una città tormentata come la nostra le uniche inchieste in corso sembrerebbero riguardare l’attuale giunta di Palazzo delle Aquile. Come a dire che carabinieri, polizia e procura della Repubblica si occupano solo di inseguire eventuali irregolarità del sindaco Orlando e dei componenti della giunta comunale ed hanno rinunciato a perseguire i delitti di mafia. Ciò che abbiamo letto ieri sull' inchiesta giudiziaria in corso per assenteismo contro il padre gesuita Ennio Pintacuda conferma le più pessimistiche previsioni sulla normalizzazione in corso negli uffici di polizia e giudiziari di Palermo. Mentre in Sicilia ed in Campania mafia e camorra continuano ad uccidere ed intiere zone del territorio sono ormai sfuggite al controllo dello Stato e delle sue leggi; mentre l' Alto commissario per la lotta alla mafia, il capo della polizia ed il governatore della Banca d' Italia denunciano, ciascuno per la sua parte, la destabilizzazione e l' occupazione delle istituzioni democratiche e dei mercati economici e finanziari, polizia giudiziaria e procura della Repubblica di Palermo si trastullano in una minuziosa inchiesta sulle presenze di padre Pintacuda presso il liceo linguistico della Provincia ed in Consiglio provinciale un esponente missino denuncia in una mozione scritta che le presunte assenze del professor Pintacuda sarebbero comprovate dagli statini giornalieri della scorta di polizia ad esso riservata. E' inaudito: oltre alla assurdità dell’indagine giudiziaria, in sé e per sé considerata, ciò significa che vi è stata una fuga di documenti riservatissimi e che gli spostamenti di padre Pintacuda e della sua scorta sono ormai di dominio pubblico, a disposizione anche di quei mafiosi che lo avevano minacciato di morte. Padre Pintacuda era già nel mirino della mafia; ora è divenuto un facile bersaglio. Non mi si venga a dire che contro padre Pintacuda era stata presentata una denuncia per assenteismo alla procura della Repubblica e che, di fronte ad una notizia di reato, la magistratura ha l’obbligo di svolgere indagini. C' è modo e modo di assolvere all' obbligo di esercitare l’azione penale; i cassetti della procura della Repubblica di Palermo sono stracolmi di fascicoli fermi; ci sono scelte nei tempi e nella intensità e modalità delle indagini che assumono un inequivoco significato politico. NE' MI si venga a dire che la mozione presentata dai gruppi del Msi e del Psi della Provincia per la revoca dell’incarico di padre Pintacuda al liceo linguistico va interpretata come un normale episodio dello scontro politico in atto a Palermo contro il sindaco Orlando e le forze che lo sostengono. No, si sono ormai verificate tali e tante coincidenze che è impossibile continuare a non vedere nelle vicende di questi ultimi mesi le tappe di un’articolata offensiva della cultura mafiosa contro i settori istituzionali e politici impegnati in prima linea nella lotta al potere della mafia. Non voglio tacciare nessuno di essere un favoreggiatore della mafia, concedo a tutti il beneficio della buona fede, ma il clima di disarmo e di normalizzazione che si respira a Palermo e i fatti obiettivi che l’hanno propiziato sono sotto gli occhi di tutti, pesano come macigni. Le decisioni del Csm prima la nomina del consigliere Meli a dirigente dell’ufficio istruzione di Palermo e poi le confuse deliberazioni nel corso dello scontro tra Meli e Falcone hanno avuto l’effetto di smantellare nei fatti i pool antimafia. Le decisioni della prima sezione penale della Corte di cassazione non importano se presieduta o meno dal giudice Corrado Carnevale hanno vanificato per mere ragioni di forma o per la preconcetta ostilità contro il contributo dei pentiti il lavoro svolto da decine di giudici di merito nei più importanti processi di mafia nel corso di almeno un decennio, fino a negare l’unitarietà della struttura e del fenomeno mafiosi. Gli effetti della profonda frattura fra la Cassazione ed i giudici di merito non potevano non riflettersi sui processi in corso: la Corte di assise di Palermo ha assolto i boss mafiosi della cupola, le inchieste dei pool antimafia si sono prima fermate e poi disintegrate, la procura della Repubblica di Palermo sembra spendere le sue scarse risorse nelle inchieste contro padre Pintacuda e la giunta Orlando. LE DURISSIME polemiche contro la giunta Orlando e contro i professionisti dell'antimafia, il fango delle insinuazioni sulla correttezza e la capacità professionale di giudici, politici, amministratori e uomini di cultura impegnati nelle istituzioni e nella società civile contro la mafia, hanno dimostrato quanto sia forte ed abile la cultura mafiosa nel cercare di trascinare in un pantano melmoso anche le forze più sane del rinnovamento politico e degli apparati istituzionali. L' inchiesta contro padre Pintacuda è solo l'esempio più recente di quella sperimentata strategia mafiosa che mira a delegittimare ed a screditare sul piano personale e professionale gli avversari più agguerriti e pericolosi. Non possiamo dimenticare cosa venne scritto e detto del giudice Chinnici e del prefetto Dalla Chiesa prima di passare alle vie di fatto. Ed intanto, mentre in Sicilia, in Calabria ed in Campania mafia e camorra sparano ed uccidono a ritmi sempre più assillanti, l' onorevole Gava nella intervista di ieri ci ha dottamente intrattenuti sugli articoli e sui commi di legge che dovrebbero essere modificati per risolvere la lotta alla mafia: come se non fosse il ministro su cui ricade la responsabilità di garantire l' ordine pubblico e la legalità costituzionale di intiere regioni ormai fuori della legge, ma un dirigente componente della Commissione giustizia della camera. Proviamo a mettere insieme tutte queste coincidenze. Sarà forse più facile capire da dove cominciare per contrastare l'offensiva nella cultura mafiosa e per restituire ai tanti che non hanno gettato la spugna la forza di continuare a combattere e a denunciare le tante vie attraverso cui la mafia è riuscita a riconquistare, dopo la breve parentesi dei primi anni ' 80, il controllo politico, istituzionale e territoriale dei suoi tradizionali centri di potere e di dominio.

di Guido Neppi Modona - La Repubblica pag. 8

 

327.        30 aprile 1989 - domenica

VA ALL' ANTIMAFIA IL 'CASO PINTACUDA'

La Repubblica pag. 18

 

328.        30 aprile 1989 - domenica

QUELLA DI PALERMO È UNA BATTAGLIA PER AMPLIARE LA DEMOCRAZIA

di Laura Montanari - CORRIERE ADRIATICO

 

329.        30 aprile 1989 - domenica

DUE INCHIESTE SULLE " ACCUSE " CONTRO P.E. PINTACUDA

Gazzetta del Sud

 

330.        30 aprile 1989 - domenica

PADRE PINTACUDA, UNA CAMPAGNA CONTRO DI ME

L'Unità

 

331.        1° maggio 1989 - lunedì

PINTACUDA: BISOGNA CERCARE LA DEMOCRAZIA SOSTANZIALE

di Vincenzo Oliveri - CORRIERE ADRIATICO

 

332.        3 maggio 1989 - mercoledì

PER IL CASO PINTACUDA AUDIZIONI ALL' ANTIMAFIA

PALERMO- (Ansa) Il consigliere del Msi alla Provincia di Palermo Alberto Scalone ha chiesto alla commissione parlamentare Antimafia «di essere sentito senza remore ed in linea di urgenza» sul «caso» del gesuita Ennio Pintacuda, il politologo vicino alla giunta comunale «esacolore» del capoluogo siciliano. Nei giorni scorsi, attraverso un'interrogazione, Scalone aveva asserito che Pintacuda non ottempererebbe al suo incarico di coordinatore delle attività di un liceo dipendente dalla Provincia. Secondo Scalone la sua denuncia sarebbe stata «strumentalizzata» dal Pci, che ha espresso perplessità sul fatto che il consigliere missino abbia avuto notizie riservate sugli spostamenti del padre gesuita. «È una bugia ed una provocazione - afferma Scalone -, ho detto infatti e ribadisco che siccome Pintacuda è scortato dalla polizia, dagli statini di marcia "è agevolmente comprovato" ogni suo movimento e quindi risulta se è andato o meno a compiere il suo dovere di dipendente al pari degli altri». Secondo Scalone «il Pci, come è dato constatare, non vuole attendere compostamente i risultati dell'indagine dell'autorità amministrativa e di quella giudiziaria e chiede un'inchiesta parlamentare. Se è un avvertimento ne prendo atto: e perciò chiedo che la mia audizione abbia luogo con la partecipazione della stampa, per dissipare strumentali sospetti».

Gazzetta del Sud

 

333.        3 maggio 1989 - mercoledì

LA PRESIDE: PINTACUDA NON È UN ASSENTEISTA

di Francesco Foresta - Giornale di Sicilia

 

334.        3 maggio 1989 - mercoledì

PADRE E. PINTACUDA E IL RINNOVAMENTO POLITICO

LA GAZZETTA DI PESARO

 

335.        4 maggio 1989 - giovedì

PER IL CASO PINTACUDA AUDIZIONI ALL' ANTIMAFIA

Gazzetta del Sud - ANSA

 

336.        4 maggio 1989 - giovedì

SOLIDARIETA' A PINTACUDA

La Sicilia

 

337.        4 maggio 1989 - giovedì

"La lotta alla mafia assemblea studentesca al liceo Visconti", svoltasi a Roma.

Sono intervenuti: Giuseppe Ayala (magistrato), Luciano Violante (PCI), Leoluca Orlando (Sindaco di Palermo), Ennio Pintacuda, Paolo Borsellino (magistrato), Francesco Misiani (magistrato), Francesca Altomonte (Studentessa).

Tratto da pagina web di Radio Radicale

 

338.        5 maggio 1989 - venerdì

ORE 9 AL VISCONTI LEZIONE ANTIMAFIA

Questa assemblea non farà arrestare un boss mafioso in più. Eppure, nessuno potrà negare che è stata molto importante. Qualcuno di voi ha chiesto: che possiamo fare, qui a Roma, contro la mafia. Spesso ho pensato che gli studenti di oggi non hanno potuto fare la Resistenza e nemmeno il Sessantotto. Ma di certo avete l’età per trovare in voi stessi una ragione forte per fare crescere la partecipazione politica nel paese. A partire dalla sfida mafiosa. Leoluca Orlando, il sindaco di Palermo, tira le conclusioni di un dibattito che non è un dibattito qualsiasi. È mezzogiorno: ottocento studenti di uno dei più gloriosi licei classici della capitale, il Visconti, da tre ore discutono di quella che padre Ennio Pintacuda un altro protagonista della mattinata definisce la seconda Resistenza. Nell’aula magna dagli alti soffitti a cassettoni ragazzi e professori intervengono, fanno domande ed esigono risposte chiare. A fianco a Orlando e Pintacuda siedono giudici da anni impegnati sul fronte antimafia come Paolo Borsellino e Giuseppe Ayala, un rappresentante dell’Alto commissariato, Franco Misiani, il vicepresidente dei deputati comunisti Luciano Violante. Una professoressa: Si parla dei morti ma mai dei vivi. I vivi sono coperti dal sacrificio dei caduti. Una studentessa: Siete mai sopraffatti dalla paura, dalla voglia di lasciare tutto? Uno studente: La gente non fa tante distinzioni tra i politici. Pensa che potrebbero sconfiggere la mafia e non vogliono farlo. Insomma, non si fa accademia. Violante, negli anni Settanta impegnato nell' emergenza terrorismo assieme a magistrati come Emilio Alessandrini, parla della paura. Se si crede alle cose per le quali si lavora, la paura passa. Il vero punto di forza è questo. E Borsellino: Ho provato paura e non me ne vergogno. Alla paura deve fare seguito una scelta di coraggio, che non è l’antitesi della paura. Una scelta anzi che nella paura trova forte motivazione. Si parla di strategie. Sono tutti d’accordo i magistrati. Per combattere la mafia non servono leggi speciali, dice Ayala. Il terrorismo era un fenomeno straordinario, la mafia no. La mafia era già adulta quando io producevo i primi vagiti. Piuttosto servono leggi migliori applicate meglio. Prima di arrivare alla straordinarietà sarebbe necessario rendere efficiente l’ordinarietà. Violante è d’accordo, ma non su tutto. Certo la mafia non è ancora un fenomeno incontrollabile. Forse, come dice Ayala, non c' è l’emergenza: ma sicuramente c' è la straordinarietà del pericolo. E questo non si può negare. Ennio Pintacuda quando deve parlare di strategie, parte da Vassalli. Il suo mi sembra un tentativo di screditare i giudici. Ma è strategia per il gesuita del centro Arrupe di Palermo anche la partecipazione degli studenti. Per molti è solo il momento ludico della lotta contro la mafia. Non è vero, naturalmente. Questa assemblea, ad esempio, è un fatto eccezionale, dirompente. È la prova di un fronte che si allarga. Di fronte a mille e mille occhi attenti, Orlando teorizza. Il nuovo nasce sull' onda di un sentimento. Poi il sentimento diventa slogan: Sì alla vita, oppure No alla mafia. Ma sino a quando questo sentimento non diventa linguaggio comune alla gente, allora resta un fatto effimero. D’accordo, ma che cosa significano queste parole a Palermo, che cosa è veramente cambiato rispetto al passato? Qualche anno fa chi arrivava nella nostra città trovava un cartello con scritto: Palermo, è inutile. Oggi invece il cartello ha una scritta molto diversa, se non opposta: Palermo, è possibile. Certo, non è ancora al punto di non ritorno. Il rischio di tornare indietro c' è e per scongiurarlo è indispensabile non lasciar prevalere la logica dell'apparato. Il contrario di questa logica deleteria è il coinvolgimento di tutti. Pintacuda ha mano pesante anche quando parla della Chiesa. Se nel passato fosse stata quello che è oggi, il fenomeno mafioso non avrebbe toccato certi livelli. Fratture e divergenze non sono però mancate anche nell' ultimo periodo. Le ultime risalgono a poco tempo fa quando padre Sorge ha sollecitato in un convegno una pastorale diretta sulla mafia e non mi sembra sia stato capito da molti. C’era anche un vescovo che lo ascoltava. Ma i contrasti ci sono anche tra i giudici, obbietta uno studente. Anche tra magistrati possono esserci punti di vista differenti, ha osservato Misiani, ma i contrasti nascono più che altro sulla interpretazione delle norme. Fuori dal dibattito, ai giornalisti, Orlando parla dei giudizi di Vassalli sulle sentenze bocciate dalla Cassazione. Non li condivido e mi sembra improprio che un ministro della Giustizia formuli giudizi sulle sentenze dei giudici. Ma i riferimenti alla cronaca immediata ben presto lasciano lo spazio al che fare. Pintacuda: È finito il momento epico delle manifestazioni antimafia, del nostro proclamarci antimafiosi. Ora occorrono progetti e realizzazioni. E quando parla di cose concrete, Orlando ricorda i cantieri per costruire nuove scuole ed eliminare la piaga delle aule in affitto. Gli studenti ascoltano, replicano, applaudono, chiedono ancora. Il comitato studentesco annuncia che sarà proposto il gemellaggio tra il Visconti e un liceo classico palermitano. Viene letto un messaggio di solidarietà del segretario comunista Achille Occhetto. Orlando conclude senza enfasi: Cari ragazzi, intendiamoci: questa assemblea sarà stata inutile se tra un minuto, un’ora, un giorno, fermandovi per strada con qualche amico, non saprete replicare alla solita frase sulla mafia, quel vecchio e insolubile problema che riguarda una sperduta città come Palermo che sta in una sperduta regione che è la Sicilia....

di Carlo Chianura - La Repubblica pag. 23

 

339.        5 maggio 1989 - venerdì

CHIESA E TERRITORIO

Invito    ASS. CULTURALE LAURENZIANA

MONS.ANTONIO ADRAGNA E DOTT. DOMENICO LAUDICINA

 

340.        6 maggio 1989 - sabato

ATTACCO DELL' " AVANTI! " A PADRE PINTACUDA

«Gesuita arrogante e supponente»

Attacco dell'«Avanti!» a padre Pintacuda

ROMA, 6 maggio

«Arrogante supponente, il gesuita Ennio Pintacuda scorrazza per l'Italia e diffonde il suo verbo antisocialista». Così inizia un corsivo del quotidiano socialista «L'Avanti!» dedicato al sacerdote che sarà pubblicato oggi e di cui è stata anticipata una sintesi. Seguire nei suoi tour il padre Pintacuda - afferma il quotidiano socialista - è sempre più difficile: parla ovunque; ormai preda, si direbbe, di una frenesia presenzialista che potrebbe costituire utile materia di studio per uno psicologo. Nella sua smania di protagonismo il padre Pintacuda scade a livelli a dire poco penosi. Evidentemente tutto va bene pur di conquistare qualche riga sui giornali». Riferendosi alle eretiche espresse dal gesuita nei confronti del ministro Vassalli il quotidiano socialista afferma che «è un bene che questo padrino dell'antimafia parolaia, strumentale e demagogica, e il suo figlioccio spirituale Leoluca Orlando-Cascio

Il Giorno

 

341.        6 maggio 1989 - venerdì

È GUERRA A PALERMO TRA I BIG DEL GAROFANO

Poche parole, scritte in fretta. Un dazebao davanti la sala del congresso ha fatto piombare per qualche ora in un clima di grande suspense l’appuntamento decisivo dei socialisti siciliani. Quel cartello annunciava per ieri pomeriggio una riunione, parallela al congresso, dei fedelissimi di Salvatore Lauricella, presidente dell’Assemblea regionale, Nicola Capria e dell’ex deputato Saladino. E così, mentre gli uomini del gruppo Martelli arrivavano nell’aula di Ingegneria, quattrocento metri più in là si radunava l’altra corrente, in una saletta della facoltà di Agraria………Intanto l’Avanti! continua la sua violenta campagna contro i protagonisti della primavera palermitana: in un corsivo, il gesuita Ennio Pintacuda viene definito arrogante e supponente. Seguirlo nei suoi tour è sempre più difficile: parla ovunque, ormai preda, si direbbe, di una frenesia presenzialista che potrebbe costituire utile materia di studio per uno psicologo. È un bene che questo padrino dell’antimafia parolaia, strumentale e demagogica e il suo figlioccio spirituale Leoluca Orlando parlino, e il più possibile. A Milano Orlando ha detto: Sono maturi i tempi perché l'esempio di Palermo si propaghi in altre città. A rinnovare le regole arcaiche che regolano i partiti, saranno, come a Palermo, i movimenti. Perfetto: oggi l’imbroglio esacolore si fa a Palermo, domani in tutta Italia.

di Umberto Rosso - La Repubblica pag. 4

 

342.        7 maggio 1989 - domenica

FINI, " ESAME SICILIA "

di Domenico Zaccaria - La Sicilia

 

343.        15 maggio 1989 - lunedì

HIER LAUFT REBELLIAN DER MORAL

DER SPIEGEL 182 e seg.

 

344.        16 maggio 1989 - martedì

MAFIA: MINACCE IN CONFESSIONALE

di Felice Cavallaro - Corriere della Sera

 

345.        18 maggio 1989 - giovedì

TAGLIARE I LEGAMI CON IL MONDO POLITICO

La Sicilia TONY ZAURO

 

346.        19 maggio 1989 - venerdì

E LA CHIESA CACCIO' I MAFIOSI DAL TEMPIO

LA CHIESA scende in campo contro la delinquenza organizzata e minaccia di scomunicare tutti coloro che ai vari livelli fanno parte della mafia, della camorra, della ' ndrangheta o ne fiancheggiano le attività. Sono dei criminali cristiani come li ha definiti il cardinale Pappalardo e per loro, per i loro matrimoni battesimi cresime e prime comunioni non vi può essere posto nella comunità religiosa. Va detto subito che il documento esaminato dalla conferenza episcopale è ancora nella fase del progetto. Sarà messo definitivamente a punto soltanto nei prossimi mesi e non è escluso che nel frattempo esso possa subire modifiche anche sostanziali; soprattutto per la parte riguardante le sanzioni religiose. …….Di qui il cardinale Pappalardo che appena insediato paragona Palermo a Sagunto, le iniziative dei padri gesuiti Sorge e Pintacuda, la giunta di Orlando, l’azione capillare dei cattolici di base. Il pronunciamento della conferenza episcopale può essere considerato per molti versi il coronamento di questa svolta. È vero che il portavoce della Cei nel momento stesso in cui riconosceva che la mafia va condannata in sé, come un fenomeno collettivo e non solo come un insieme di violenze individuali, ha tenuto anche a prendere le distanze dalle azioni dei gesuiti palermitani ricordando che la Chiesa deve rimanere nei suoi limiti e non scivolare dal campo dell’etica a quello della politica. ……. Come si è detto: la mafia corre e lo Stato annaspa. La piovra è pronta ad affrontare l’unificazione dei mercati e noi stiamo ancora a polemizzare sui gesuiti che influenzano la giunta di Palermo o sul pericolo che l’Alto commissario interferisca con i poteri degli altri magistrati.

di Enzo Forcella - La Repubblica pag. 12

 

347.        5 maggio 1989 - giovedì 2

QUALE FUTURO PER LA POLITICA

Invito    ROTARACT    PALERMO EST

 

348.        27 maggio 1989 - sabato

PER RINGRAZIARE LA VITA POLITICA SERVE UN' ANIMA: LA CARITA'

di Pierangelo Giovanetti - Avvenire

 

349.        31 maggio 1989 - mercoledì

SI COMINCI CON LA LOTTA AI TRAFFICANTI

Il tema della lotta alla droga è monopolizzato dalla questione della punibilità dei consumatori, mentre è il traffico il vero, grande nodo cui è necessario dare una risposta politica univoca. Con queste parole inizia l’appello della Fgci al Parlamento affinché affronti subito la lotta al traffico della droga, stralciandone la parte relativa dal testo preparato dal comitato ristretto del Senato. L' appello ha già raccolto numerose adesioni: da don Luigi Ciotti e Roberto Merlo, del gruppo Abele, ai palermitani Leoluca Orlando, sindaco, Carmine Mancuso, presidente del Coordinamento Antimafia, e padre Ennio Pintacuda. Il traffico della droga conferma Marco Taradash, esponente di punta della Lista antiproibizionista, in lizza alle europee è il principale veicolo di corruzione nel paese. L' obiettivo della Lista è riportare sotto il controllo della legge la vendita e il consumo di stupefacenti per ricondurre al valore di polvere quella che in effetti soltanto polvere è. La Lista antiproibizionista ha presentato ieri la propria campagna per le europee. La nuova formazione politica si impegnerà ha detto Taradash per smascherare le complicità tra istituzioni e narcotraffico. Taradash (che non ha comunque per ora firmato l’appello della Fgci) ha ricordato che quella antiproibizionista è una lista di carcerati, poiché molti candidati hanno avuto problemi con la giustizia a causa del loro impegno contro la droga, e di gente comune. Sta raccogliendo consensi anche l’appello promosso dalla redazione di Cuore (l’inserto satirico dell’Unità) per la depenalizzazione della marijuana e la distribuzione controllata dell’eroina. Solo la depenalizzazione si dice nell' appello ha la capacità di contrastare sia la microcriminalità indotta dal consumo illegale delle sostanze stupefacenti, che i danni sociali legati alla diffusione delle droghe pesanti.

La Repubblica pag. 8

 

350.        1° giugno 1989 - giovedì

Palermo, un anno dopo

EPPUR SI MUOVE

Dodici mesi dopo il grande reportage apparso sul numero del giugno ‘88, King è ritornato a Palermo per vedere se qualcosa è cambiato, e in che modo. Primo successo: sono ancora tutti vivi. Carmine Mancuso, padre Ennio Pintacuda, il sindaco Leoluca Orlando, quelli del Coordinamento antimafia, delle spinte innovatrici, della voglia di democrazia diretta: passo dopo passo, la loro ne continua. Non hanno ancora vinto, ma non si sono certo arresi.

……………………Padre Ennio Pintacuda, lo dicono tutti qui, è la pietra dura su cui poggia tutto l'esperimento palermitano.

Lui, padre Bartolomeo Sorge e Leoluca Orlando sarebbero come i tre moschettieri, impossibile pensarli divisi. Mah, chissà come è veramente la storia. Si potrebbe chiedere a lui direttamente. Ma non è facile, padre Pintacuda, che è gesuita, insegna alla Scuola di formazione politica Pedro Arrupe, ha il telefono sempre occupato e quando è libero non risponde. Così dopo due giorni di tentativi sull'occupato-libero l'unica è stata prendere un taxi e andare sul posto, senza preavviso. Anche davanti alla sede della scuola c'è la solita scorta ei soliti che guardano male chiunque arrivi e passi di lì. E la vista delle armi che dà più fastidio, che fa diventare tutto molto serio e anche molto reale.

Per fortuna che padre Pintacuda non deve amare i convenevoli e accetta l'invasione con un sorriso rassegnato. Di fronte a chiunque si occupi di politica è sempre bene chiedersi perché lo faccia. Se questo chiunque è poi anche un gesuita bisogna interrogarsi almeno due volte. E se infine questo gesuita fa politica a Palermo, contro la mafia e contro una certa Dc allora bisogna proprio chiederselo tre volte. E poi mettersi ad ascoltare. Dice padre Pintacuda: «Siamo partiti dal rifiuto della politica come mercato, vogliano arrivare alla nuova democrazia. Gli strumenti che cerchiamo di fabbricarci per realizzare la nostra utopia sono le nuove forme della rappresentanza politica, quelle attuali non servono più... la politica secondo noi deve essere protagonista, la democrazia deve essere sostanziale... Orlando... ha carisma, in senso weberiano intendo, è in grado di assorbire e di esprimere il senso della comunità... certo la nostra è una scommessa da giocare tutti i giorni... ma finché siamo qui...»,  a Scuola diretta da padre Sorge e da padre Pintacuda ha quattro anni di vita e le giunte di Orlando quasi due. Ogni settimana loro tre lasciano Palermo e vanno in giro per l’Italia a portare il verbo della nuova politica. Una volta si sono trovati all'aeroporto alla stessa ora ma diretti a tre destinazioni diverse. A molti non piace tutto questo loro attivismo. Padre Pintacuda va a prendere un ritaglio dell’Avanti! e legge calcando sulle parole che gli sembrano più significative: «Senta questa», dice, «ascolti che linguaggio:"... che ricorda il nome di un pesce temibile nelle proprie acque ma che rischia l'asfissia se le lascia... 9 Capisce, non dovrei lasciare le mie acque se non voglio, come i barracuda, rischiare...mah, che linguaggio, sulla prima pagina dell'Avanti

di Maurizio Bertè – Foto di Franco Zecchin – KING pag. 88 e seg.

 

351.        3 giugno 1989 - sabato

CRISTIANI, LE SCUOLE DI POLITICA EDUCHINO ALLA PARTECIPAZIONE

di Salvatore Mazza - Avvenire

 

352.        10 giugno 1989 - sabato

PIU' UOMINI PREPARATI NEL BLOCCARE LA MAFIA

Intervista di Renato Campisi - SICILIA IMPRENDITORIALE

 

353.        10 giugno 1989 - sabato

Padre Pintacuda a Fossano

 

354.        11 giugno 1989 - domenica

GLI STUDENTI DEL CALATINO DAVANTI ALL' EMERGENZA MAFIA

PROSPETTIVE

 

355.        15 giugno 1989 - giovedì

CRAXI CONTRO IL PENTAPARTITO

di Giovanni Ciancimino - La Sicilia

 

356.        23 giugno 1989

Palermo. Iniziativa del Coordinamento Antimafia

 

357.        25 giugno 1989 - domenica

E ADESSO I RINNOVATORI LITIGANO

UN ' IDEA       Enzo Di Lorenzo

 

358.2 luglio 1989 – domenica

STATEGIA DELLA TENSIONE NEL DOPO ATTENTATO

Padre Ennio Pintacuda, nei giorni dell'attentato fallito a Falcone, è allarmato: «Qui siamo preoccupati per l'incolumità delle persone. Il rinnovamento è vincente, ma inizia un'estate difficile con il ricordo di Chinnici e Cassarà ancora chiaro. Forze oscure si riorganizzano su Palermo». Una strategia della tensione in versione mafiosa?

I presupposti ci sono tutti: la giunta Orlando regge, imbarca il Pci e vince le europee; il pool di giudici antimafia viene smembrato e neutralizzato; il pentito Contorno, ufficialmente protetto da due servizi segreti, viene arrestato in Sicilia. Falcone rischia di saltare in aria proprio quando arrivano a Palermo i suoi colleghi svizzeri che indagano sui narcodollari. Sul suo tavolo, le inchieste sul delitto Mattarella e su Ciancimino. Padre Pintacuda analizza: «Da qualche tempo ci sono segnali dii tensione e una nuova strategia dell'attacco mafioso.

Ci sono scenari istituzionali nella «strategia» inaugurata con tentato a Falcone?

Questa estate si decide la politica dei prossimi anni. A Palermo è la solita estate carica di rischi o di opportunità positive. A Roma, il governo De Mita potrebbe trasformarsi in “balneare”, Con pesanti tensioni sociali. Come ai tempi di Tambroni.

Cosa c'entra questo con la mafia?

Bisogna smetterla di parlare di mafia solo attraverso i racconti di Buscetta

La strategia è chiara: c'è la presenza eversiva nel delitto mafioso di Mattarella e quella mafiosa nella strage eversiva del treno di Natale dell'84. Uno strano personaggio Come Ortolani ottiene la libertà provvisoria, Noi non siamo disposti a rinunciare alle posizioni di democrazia conquistate col sangue di tanti, da Moro in poi.

Lei ha parlato spesso di «seconda liberazione nazionale», Cosa vuole dire?

Le scorte ai giudici non sono forse un segno di vita armata? Certo, 40 anni fa, si trattava di una resistenza contro un potere totalitario; questa è una lotta in democrazia. Ma a Palermo sono stati usati kalashnikov. Così chiediamo giustizia sui grandi delitti politici, chiarezza sui rapporti tra servizi deviati, eversione nera e massonerie, verità sulle vie dei narcodollari e del traffico di stupefacenti.

Prima le bombe e poi l'unità su Falcone. Cosa è cambiato rispetto al conflitto istituzionale dell'estate 88?

Molte cose: sul fronte politico, i calcoli contro la «malagiunta» non sono riusciti, la nuova politica qui ha fatto crescere la società civile, c'è stato uno scontro-chiaro, nella Dc, sulle europee. Non è facile espugnare Sagunto.

E sul fronte giudiziario?

Sul palazzo di giustizia di Palermo c'è una particolare attenzione. Con un articolo sull'Avanti! , l'onorevole Andò (Psi ndr) si è schierato al fianco di Falcone, dopo anni di attacchi ai «giudici sceriffi», lo sono contento delle conversioni, ma diffido dagli unanimismi che arrivano poco dopo lo smembramento dei pool, Detto questo, spero che l'incarico a Falcone dia impulso alle inchieste.

Ma Falcone in procura non è una «rottura storica»?

Qui a Palermo si gioca il futuro della democrazia, Quando il camminò della liberazione vince, c’è il rischio di una reazione nella quale la mafia scende in campo con tutte le sue forze.

Intervista di Antonio Roccuzzo - Il Manifesto pag. 21

 

359.        2 luglio 1989 – domenica

PINTACUDA: A PALERMO ESTATE CALDA

…..«È in atto una complessa strategia della tensione mafiosa Dopo il fallimento dell'attentato a Falcone, Inizia un'estate carica di rischi e preoccupazioni per Palermo. L'affermazione è di padre Ennio Pintacuda, dell'istituto di formazione politica dei gesuiti palermitani. Pintacuda ha rilasciato un'intervista al Manifesto, che sarà pubblicata oggi. Pintacuda ha aggiunto «Vogliamo verità e giustizia sui grandi delitti politici, e chiarezza sui collegamenti tra malia, eversione nera e massoneria emersi nel delitto Mattarella e nella strage di Natale sul treno nel 1984». Riferendosi poi alla nomina di Falcone a procuratore aggiunto di Palermo, il sociologo gesuita ha ammonito: «Molti, come i socialisti, gli erano ostili fino a pochi giorni fa Oggi tutti hanno votato per lui. lo diffido degli unanimismi, anche se spero sempre nelle conversioni».

L ' UNITA' pag. 8

 

360.        8 luglio 1989 - sabato

LA MAFIA COLPIRA' MOLTO IN ALTO NEI PROSSIMI GIORNI

Il Tempo

 

361.        8 luglio 1989 - sabato

UN GOVERNO KAMIKAZE

La Repubblica               ERMANNO GORRIERI

 

362.        8 luglio 1989 - sabato

DC- PCI TOCCATA E FUGA

La Stampa         GIAMPIERO PAVIOLO

 

363.        9 luglio 1989 - domenica

MA SE L' INTELLETTUALE FA POLITICA DEVE SAPERSI SPORCARE LE MANI

Corriere della Sera         GIULIANO FERRARA

 

364.        9 luglio 1989 - domenica

ANTIMAFIA IN ALLARME

Corriere della Sera

 

365.        9 luglio 1989 - domenica

GAVA AI SINDACI: NON VOGLIO EROI MA COLLABORATORI DELLA GIUSTIZIA

di Antonello Velardi - Il Giornale

 

366.        9 luglio 1989 - domenica

ANCHE LA DC ALLEVERA' I SUOI DIRIGENTI

Il Tempo            G.SA.

 

367.        11 luglio 1989 - martedì

LA VITA BLINDATA DEI 65 'A RISCHIO

A garantire l’incolumità del giudice Giovanni Falcone e degli altri magistrati nel mirino di Cosa nostra è una task force di 600 uomini super addestrati di polizia di Stato, carabinieri e Guardia di finanza. Sono le guardie del corpo delle 65 personalità a rischio di Palermo, 44 delle quali giudici istruttori e sostituti procuratori (oltre, naturalmente, ai dirigenti dei due uffici). Per Falcone, da anni costretto a una vita blindata, dal giorno dello sventato attentato al tritolo (il 20 giugno scorso) le misure di sicurezza sono state rinforzate. …. Come i giudici, molti politici e personaggi pubblici devono sottostare alla tutela. Alla sicurezza di Orlando, Pintacuda e degli altri sono addetti 400 uomini della polizia di Stato e 200 tra carabinieri e finanzieri.

La Repubblica pag. 5

 

368.        13 luglio 1989 - giovedì

FALCONE: UNA TALPA MI HA TRADITO

Davanti al procuratore della Repubblica di Caltanissetta, Salvatore Celesti, che guida le indagini sull' attentato dell’Addaura, Giovanni Falcone ha confermato i suoi sospetti. Anzi, i dati di fatto. Nessuno all' esterno poteva essere a conoscenza che il magistrato, all’ora di pranzo di quel 21 giugno, avesse deciso di invitare a una gita in barca i suoi colleghi giunti dalla Svizzera per uno scambio di informazioni sul riciclaggio dei soldi sporchi. E, per far scattare l’agguato, i killer non potevano contare sulla prevedibilità dei movimenti del giudice. In quella villetta sulla scogliera Falcone non aveva infatti l’abitudine di tuffarsi per un bagno: soltanto in due occasioni ha percorso lo scivolo che porta al mare …….Tutti questi elementi, queste ipotesi sono dunque ora al vaglio della Procura di Caltanissetta ma una pista può anche non escludere l' altra: sono pezzi di un mosaico che per Cosa nostra aveva un unico obiettivo, quello di saldare i conti con Falcone. Il clima a Palermo continua a restare teso. I timori sono reali dice il sociologo Ennio Pintacuda perché il fronte della battaglia è esteso, non si tratta tanto di singoli obiettivi quanto di spazi minati. E il gesuita del centro Pedro Arrupe lancia un invito: E' bene che Falcone si affretti a concludere le inchieste sui delitti politici, in modo che tutto sia chiaro per evitare facili unanimismi. Nei palazzi della politica c' è chiarezza, dovrebbe avvenire altrettanto negli altri palazzi per capire l’entità dello scontro. Davanti la villa di Falcone, martedì notte, era scattato un nuovo allarme, poi rientrato: un bidone alla deriva ha messo in movimento i dispositivi di sicurezza. E intanto la cosca dell’Arenella, il clan che avrebbe controllato logisticamente l’operazione contro il giudice, è sotto il tiro dei magistrati: una decina di persone, alcune del clan Fidanzati, colpite da mandato di cattura per traffico di cocaina. È anche la conferma che la polverina bianca sta prendendo il posto dell’eroina.

di Umberto Rosso - La Repubblica pag. 5

 

369.        13 luglio 1989 - giovedì

CIACCIO MONTALTO FU LASCIATO SOLO IN BALIA DELLE COSCHE

La Repubblica

 

370.        15 luglio 1989 - sabato

Dibattito: "Alternativa democratica per salvare la costituzione repubblicana" organizzato dal club "Amici del nuovo dovere" tenutosi a Catania, interventi di: Ennio Pintacuda, Marco Pannella, Pietro Folena Segretario Regionale del PCI.

Interventi: Salvatore Eugenio Fleres (PRI), Salvatore Grillo (PRI), Ennio Pintacuda, Pietro Folena (PCI), Marco Pannella (RAD).

Tratto da pagina web di Radio Radicale

 

371.        21 luglio 1989 – venerdì

Palermo - Atrio Biblioteca Comunale (Casa Professa) – ore 21,00

Organizzato da Federazione PCI Palermo

Incontro pubblico, tema:

BORIS GIULIANO 10 ANNI DOPO

Ripensare la trama della grande eversione politico mafiosa del 1979:

delitto Ambrosoli, delitto Giuliano, missione di Sindona in Sicilia, delitto Terranova – Mancuso, delitto Mattarella.

Fare verità e giustizia sui grandi delitti politico mafiosi:

Con M. Figurelli - C. Mancuso, L. Orlando - E. Pintacuda, R. Sgalla G. Terranova, L. Violante

 

372.        28 luglio 1989 - venerdì 

Palermo. Iniziativa del Coordinamento Antimafia

convegno organizzato dal Coordinamento antimafia, con la presenza del sindaco Orlando, di magistrati, parlamentari, giornalisti. Una manifestazione nel nome di tre uomini uccisi dalla mafia: Montana, Cassarà, Antiochia: quattro anni dopo. Fra luglio e agosto dell’85 caddero assassinati dai killer della mafia il capo della sezione catturanti della Mobile, il commissario Beppe Montana, e il vicequestore Ninni Cassarà con il suo agente di scorta Roberto Antiochia massacrati a colpi di kalashnikov. Ma il dibattito di ieri, come ha detto il presidente del Coordinamento Carmine Mancuso, non è stato soltanto un ricordo, una commemorazione, ma una riflessione soprattutto sulle ultime inquietanti pagine del caso Palermo. Ne hanno parlato in molti: da Massimo Brutti, del Csm, all’avvocato Alfredo Galasso; dal sociologo Ennio Pintacuda al sostituto procuratore di Bologna Libero Mancuso, e ancora i due rappresentanti della Commissione antimafia Gianni Lazinger e Ferdinando Imposimato.

 

373.        30 luglio 1989 - domenica

PADRE PINTACUDA ACCUSA 'UNA STORIA POCO LIMPIDA

Ennio Pintacuda, padre gesuita e sociologo, in un’intervista anticipata da Panorama, parla della situazione in Sicilia sul fronte della lotta antimafia, dell’alto commissario Sica e del ruolo della sinistra dc. Riferendosi a quanto sta succedendo in Sicilia, Pintacuda afferma: Questo momento mi ricorda i giorni del sequestro Moro. Come allora, la democrazia è in pericolo. Solo che oggi il pericolo è più forte. Dopo aver sottolineato la coincidenza che il presidente del consiglio è lo stesso Giulio Andreotti, Pintacuda aggiunge: il governo appena formato rischia di essere dalla parte degli interessi occulti che vogliono bloccare chi lotta per disinquinare la democrazia. Nella marcia verso il cambiamento, questo governo è una sconfitta, il ritorno di una vecchia politica. Padre Pintacuda parla poi della sinistra dc e di De Mita sostenendo che hanno peccato di presunzione. Parlando dell’alto commissario antimafia, Pintacuda manifesta l’impressione di assistere a giochi pirotecnici, ad uno scintillio di situazioni stranissime. Interventi seri, ricerca di collusioni, caccia ai latitanti: tutto questo non sembra davvero che ci sia.

La Repubblica pag. 5

 

374.        1° agosto 1989 - martedì

PINTACUDA STORY. VITA DI UN GESUITA SCOMODO

di Carmine Fotia           IL POTERE DC pag. 108

 

375.        2 agosto 1989 - mercoledì

IL PARTITO DEI CATTOLICI

RECENTEMENTE un gruppo di cattolici si è posto il problema di una lista cattolica a Roma, a sinistra della Dc: tra essi vi era il presidente diocesano della Caritas, monsignor Di Liegro. Questa iniziativa è stata sconfessata sul nascere non solo dal Vicariato di Roma, ma anche dal padre Sorge. L’esperienza di Città per l'Uomo, la seconda lista cattolica di Palermo, non è esportabile fuori della eccezione siciliana. A Roma, del resto, avrebbe avuto un particolare grado di esplosività. L' Osservatore romano aveva duramente criticato il sindaco andreottiano di Roma, Pietro Giubilo, e Il Sabato, espressione di Comunione e Liberazione, aveva risposto al quotidiano vaticano accusandolo con una citazione di Charles Peguy, di essere diretto da un partito degli intellettuali che non ha radici nel popolo e non sa interpretare il suo profondo sentimento cristiano. Una polemica non da poco, che avrebbe investito la campagna elettorale romana di una carica più che palermitana. È probabile che i fenomeni del degrado della politica possano dar vita a espressioni fuori dei partiti e che il mondo cattolico, specie quello più impegnato nel sociale, sia interessato a questa possibilità: lo si è visto nel documento dei cattolici di Torino. Del resto, che cosa è il movimento ecologista, che cosa sono le leghe regionali, se non l’espressione vistosa di una critica della politica, la denuncia di una sua estraneità a sentimenti diffusi? Più interessante è il fatto che a sconfessare la possibilità della lista romana siano intervenuti i gesuiti di Palermo. In realtà la linea promossa dai padri Sorge e Pintacuda non ha la Democrazia cristiana come avversario: la giunta Orlando ha riassorbito anche il dissenso dalla Dc che era stato espresso prima, con l’appoggio dei gesuiti, nella lista per il Comune di Palermo promossa da Nino Alongi, leader di Città per l'Uomo. Il dissenso a Palermo è divenuto un dissenso intrademocristiano tra Orlando e Lima. Lima è andato a Strasburgo, mentre Orlando, pur desideroso di cumulare un mandato europeo con l’incarico attuale, è rimasto sindaco di Palermo. La Dc è abbastanza grande perché ci possano stare tutti e due. Essa si estende oltre i confini del comitato Antimafia e il sospetto, anzi l’accusa, di collusioni mafiose permanenti. La Dc è al tempo stesso il partito di Orlando e quello del non mai processato Ciancimino. L' esperimento Palermo è dunque una solenne conferma dell’unità dei cattolici attorno alla Dc, che riassorbe il dissenso cattolico locale in una giunta comunale che comprende anche il Pci. L' UNITA' dei cattolici attorno alla Dc è considerata dai vescovi italiani come un’espressione propria dell’unità della Chiesa in Italia. E a far questo sono proprio i vescovi più conciliari e più montiniani. Il pluralismo politico dei cattolici si manifesta per essi all' interno della Democrazia cristiana. Se il presidente della Azione cattolica, Raffaele Cananzi, erede della scelta religiosa di Costa e di Bachelet invia la sua approvazione alla giunta di Palermo, appare chiaro che la linea di mantenere l’unità dei cattolici attorno alla Dc anche mediante una collaborazione con il Pci esprime la linea maggioritaria della Conferenza episcopale italiana. Non meraviglia che proprio questa porzione dominante nella Cei abbia avuto simpatia per la politica di De Mita. Il progetto di De Mita era chiaro e noto: introdurre nuove regole nel sistema elettorale, legate a un singolare tipo di forma maggioritaria, il premio alla scelta di coalizione. Lo scopo era quello di concentrare il voto su due sole alleanze: una attorno alla Dc e una attorno al Pci. In questo caso era evidente l’intenzione di un compromesso politico con il Pci, che però assumeva la formula dell’alternativa reciproca di Dc e di Pci. De Mita e i vescovi che lo appoggiavano erano certi che, nella scelta, la maggioranza sarebbe andata alla Dc e quindi ad essa sarebbe toccato il premio di coalizione. Una maggioranza relativa sarebbe stata trasformata in maggioranza assoluta. Ma quello che importava era sbloccare la Dc dal condizionamento delle alleanze e darle l’egemonia della politica e del governo, che è la sola formula in cui il partito della Chiesa può governare. Al contrario, meglio l’opposizione. Per decenni, dal 1870 al 1919, l’unità dei cattolici in politica era stata mantenuta mediante l’obbligo solenne di non votare. Nella storia della Chiesa italiana l’unità dei cattolici è un principio che va oltre lo status di governo o di opposizione. Ma se governo è, il partito cristiano deve essere formalmente egemone. Se l’egemonia comporta un prezzo pagato al Pci, che però contribuisce a rafforzare l’egemonia, allora ovviamente il gioco vale la candela. L' UNICA eccezione a questo principio dell’unità dei cattolici in politica fu il Partito popolare di don Sturzo, un partito fra cattolici (e non dei cattolici), aconfessionale e minoritario nei governi liberali. L' esperimento finì con l’esilio di Sturzo. La Chiesa italiana tornò politicamente unitaria sia sotto il fascismo che con l’avvento della democrazia. Quando Forlani propone che la Dc prenda il nome di Partito popolare e quindi di un partito fra cattolici, che possa quindi essere anche fondamentalmente condizionato da una coalizione di governo, di cui non è tenuto per principio a scrivere le regole, compie un gesto il cui significato è il distacco dal partito dei cattolici. È ciò possibile? Per considerare questa strada, è opportuno osservare il più vistoso esempio di collaborazione tra l’episcopato italiano e la Dc di De Mita: le scuole diocesane di politica. Ciò permette di notare che non esiste più un pensiero politico cattolico: gli ultimi autori che possono considerarsi pensatori politici cattolici sono Maritain e Mounier. Ma essi ebbero due temi centrali nel loro pensiero: la conciliazione tra Chiesa e democrazia e la fine della Cristianità. Per questo essi non furono mai democristiani: la Cristianità cioè il nesso di principio tra religione e politica, era per loro finito e questo era il fondamento della grande pace da stabilirsi tra cattolicesimo e democrazia. La dottrina della legge naturale come sistema di pensiero politico autosufficiente è stata superata dal II Concilio Vaticano e non è stata più ripresa dai teologi. Le scuole diocesane di politica non hanno pensiero, non hanno maestri. Per di più l’attuale papa, nella sua ultima enciclica sociale, ha scritto che la Chiesa non ha soluzioni razionali e sistematiche di fronte ai grandi problemi aperti nel mondo. Di fronte a questi problemi, non sono possibili che tentativi. In questo senso l’ultimo documento della Congregazione per l’educazione cattolica fa riferimento alle democrazie cristiane e alle socialdemocrazie. L' alto profilo del partito dei cattolici non è dunque più sostenibile nemmeno con argomenti tratti dalle encicliche papali. Le scuole di formazione politica perdono in autorevolezza ciò che hanno già perduto come pensiero. Il realismo democristiano induce il partito a volare più basso: ed è questo che accade. Su questo fatto termina la guida della sinistra democristiana nella Dc. Quello che comincia è chiaro nella direzione, ma ancora privo di un contenuto.

di Gianni Baget Bozzo. La Repubblica pag. 12

 

376.        2 agosto 1989 - mercoledì

IL PASTICCIO DEL 'CORVO

LE ULTIME notizie dal palazzo dei veleni dicono che il procuratore di Caltanissetta che sta indagando sul giallo delle lettere anonime è amareggiato e furioso per le fughe di notizie. Minaccia di aprire un’inchiesta e, per cominciare, ha interrogato Pietro Calderoni, il giornalista di Epoca che per primo ha fatto il nome del giudice Alberto Di Pisa come il sospettato corvo delle lettere anonime. Forse si tratta di un atto dovuto, uno dei tanti inutili adempimenti imposti dal nostro macchinoso rituale giudiziario. Mai come in questo caso, però, l’inchiesta minacciata si presenta fin dall' inizio votata al fallimento. Come si fa a difendere il segreto istruttorio quando i primi ad infrangerlo sono proprio coloro che dovrebbero gelosamente tutelarlo?............ LA STORIA dei servizi segreti deviati (deviati rispetto a cosa? Anche le deviazioni della P2 furono scoperte e denunciate a posteriori, sino a quel momento rientravano nelle competenze e nelle responsabilità dello Stato), ad esempio. Oppure quella dei retroscena politici del delitto Mattarella. Bisognerebbe riuscire ad andare al di là delle allusioni del sindaco Orlando, dei ministri ombra del Pci, delle indiscrezioni sul teorema Falcone. Mi rendo conto delle difficoltà e anche dei rischi cui si va incontro cercando di fare informazione in proprio, senza rimanere all' interno degli scenari costruiti dai protagonisti della vicenda politica e giudiziaria. Ma se è vero, come dice il padre gesuita Pintacuda, che in Sicilia si gioca la politica italiana dei prossimi dieci anni, questa è un’impresa nella quale l’intero sistema informativo italiano dovrebbe avere l’orgoglio professionale di impegnarsi.

di Enzo Forcella - La Repubblica pag. 13

 

377.        5 agosto 1989 - sabato

Omicidio Antonino Agostino e Ida Castelluccio.

Cronaca

 

378.        7 agosto 1989 - lunedì

Padre Pintacuda celebra i funerali di Antonino Agostino e Ida Castelluccio. Presenti i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Lo stesso Falcone disse ad un amico commissario pure presente al funerale “io a quel ragazzo di devo la vita”.

 

379.        8 agosto 1989 - martedì

REQUISITORIA DALL' ALTARE CONTRO I VELENI DEL PALAZZO

Chissà, forse tra qualche anno, ci si verrà a dire che i delitti politici sono stati suicidi. Padre Ennio Pintacuda, questa volta, parla da dietro un altare. Proprio a lui, al gesuita paladino dell’antimafia, è stata affidata l’omelia per i funerali dell’agente Antonio Agostino e della giovanissima moglie Ida Castelluccio. È stata una requisitoria. Una folla immensa riempie la chiesa di Sant' Eugenio Papa. Sono funerali di Stato. C' è anche una corona del presidente della Repubblica Cossiga. Ma il ministro dell’Interno Gava, giunto a Palermo domenica sera per rendere omaggio alle due salme, non c' è. Dopo un rapido vertice operativo è ripartito per Roma. Nelle prime fila, il capo della polizia Parisi, i ministri Mattarella e Vizzini in rappresentanza del governo, il presidente della Regione Nicolosi, il sindaco Orlando, i vertici di Palazzo di Giustizia al completo ascoltano a testa bassa. Pintacuda usa parole forti. Stigmatizza i silenzi romani, le minimizzazioni. Avverte: qui siamo in guerra, ma Palermo non è più Sagunto. Parla di tre vittime. La mamma di Ida Castellucci soffoca a stento un grido: proprio sabato pomeriggio aveva saputo che la figlia era in attesa di un bimbo. Flora, la sorella dell’agente Agostino, che sabato ha compiuto diciotto anni, stringe tra le mani l’orsacchiotto di pelouche, l’ultimo regalo di Nino. Il capo della polizia le accarezza la testa. Padre Pintacuda continua: C' erano segnali, in questa città, di una nuova estate di massacri. Ma questa non è una disfatta, è uno scontro, durissimo. Deve capirlo chi, in questa battaglia, è in prima linea. Pintacuda ribadisce che il caso Palermo è un caso nazionale. Qua c' è uno scontro che non è solo per la città e nella città, ma per la democrazia di tutto il paese. Il nostro è un contributo notevolissimo nel cammino verso la liberazione dalla mafia e dai loschi poteri. Poi, il gesuita punta il dito contro i palazzi romani. Non vogliamo raccomandazioni per minimizzare ciò che accade in questa città. Non vogliamo essere consolati. Non vogliamo che si discuta a Roma mentre a Palermo si uccide. Noi (e qui Pintacuda scandisce lentamente le parole) sappiamo distinguere bene dove ci sono artifizi e polveroni. A Palermo c' è uno scontro e artifizi e polveroni non ci sarebbero se le scelte di campo fossero più chiare. Nella chiesa di Sant' Eugenio ritornano alla memoria le parole pronunciate dal cardinale Pappalardo durante l’omelia per i funerali del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e della moglie Emanuela Setti Carraro. Palermo continua Pintacuda oggi non è più Sagunto. Il sangue dei nostri martiri è seme di speranza. Se non è guerra questa, non so cosa possa essere la guerra. Ma oggi Palermo dice a tutti che è possibile vincere perché qui si è cominciato a cambiare. Se perdoniamo, non vuol dire che non vogliamo giustizia. Continueremo a gridare che ciascuno, nel proprio campo, faccia giustizia. Stretto tra il capo della polizia Parisi ed il questore Masone, Leoluca Orlando annuisce. A sinistra dell’altare, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono immobili, lo sguardo fisso nel vuoto. Accigliati il consigliere istruttore Meli ed il procuratore della Repubblica Curti Giardina. Mentre le fronti si imperlano di sudore, Pintacuda conclude la sua omelia. Ogni mattina dice ci chiediamo se vale la pena continuare ed ogni mattina, ricordando i nostri morti, ci diciamo che vale la pena continuare. E continueremo. Uno scrosciante applauso saluta i due feretri che lasciano la chiesa. Intanto il sindacato di polizia ha diffuso un durissimo documento in cui sostiene che, fin dai giorni successivi al fallito attentato al giudice Falcone, per la polizia era scattato l’allarme rosso: alcuni segnali facevano pensare a una offensiva mafiosa. Ma, sostiene il Siulp, ci risulta che pochi funzionari hanno ritenuto opportuno sensibilizzare i propri dipendenti. Il Siulp non indica i nomi dei funzionari irresponsabili. Pone un interrogativo: Per quanto tempo ancora assisteremo alla presenza di personaggi che sono responsabili ma che nel loro insieme sono insignificanti? Poi il sindacato punta il dito verso il Palazzo di Giustizia. Nessuno si rende conto prosegue la nota che questo è il frutto delle roventi polemiche, delle troppe indiscrezioni del Palazzo che la mafia è riuscita abilmente a strumentalizzare. Tutto questo ha in gran parte bloccato le indagini. L' inchiesta sul duplice omicidio, intanto, sembra avere imboccato una pista ben precisa. Indipendentemente dal servizio ha dichiarato il dottor La Barbera, capo della Squadra mobile Agostino deve avere toccato qualcosa che non doveva. In ogni caso l’agente non aveva mai avuto incarichi delicati. È così stata smentita l’ipotesi secondo la quale Agostino, appassionato di pesca subacquea, avrebbe preso parte alle indagini sul fallito attentato al giudice Falcone. Così come è stata esclusa un’altra ipotesi avanzata ieri pomeriggio: che l’agente ucciso fosse stato incaricato di pedinare la moglie del boss Gaetano Fidanzati. Le piste alle quali si sta lavorando sono strettamente collegate al quartiere a rischio in cui Agostino svolgeva il suo lavoro. Certo è che l’esecuzione è di netto stampo mafioso. È comunque escluso qualsiasi collegamento col duplice omicidio di domenica sera a Palma di Montechiaro, dove sono stati assassinati Gioacchino Ribisi e Girolamo Castronovo.

di Alessandra Ziniti - La Repubblica pag. 4

 

380.        12 agosto 1989 - sabato

A ROMA È GIA' LA RESA DEI CONTI

ROMA Accuse di voler sperimentare a Roma uno schieramento clerico-reazionario. L' etichetta di cattocomunisti affibbiata ai settori del mondo cattolico capitolino che hanno resistito al richiamo della sirena Giubilo. Sciolto il Consiglio comunale, la lunga estate calda della Dc romana è appena cominciata: ma la durezza dello scontro, dietro il folklore e i risentimenti locali, rivela già il carattere nazionale della battaglia. Come Palermo, Roma sembra diventata un laboratorio: anche se chi maneggia le provette ha idee opposte a quelle di padre Pintacuda. A fronteggiarsi non sono solo gli amici di De Mita e quelli di Andreotti, ma due concezioni del rapporto tra i cattolici e la politica, tra la Dc e la Chiesa. A Roma, un anno di governo di Pietro Giubilo ha dato gambe al populismo ciellino, con un’attività amministrativa disinvolta e decisionista ma carica di significati concreti per i giovani, le parrocchie, le cooperative che si richiamano alla tradizione cattolico-popolare. Dall' altra parte c' è la galassia dei cattolici democratici, più attenta alla libertà di tutti che alla difesa della comunità, sempre in bilico tra la militanza nella sinistra dc e l’approdo nel Pci ieri e tra i verdi oggi. Nasce qui, a maggior ragione dopo la sconfitta di De Mita, la tentazione della seconda lista cattolica: un pericolo che nella Dc suscita reazioni opposte. Sul Popolo, Luigi Granelli scrive che l’anticomunismo e la paura della secolarizzazione non bastano a motivare un’ampia unità dei cattolici in politica. Quello che serve - secondo l’esponente della sinistra dc - è la capacità della Dc di diventare uno strumento trasparente e di buon governo che può consolidare a Roma e altrove un largo consenso popolare. Il bersaglio è Giubilo, autore di una denuncia di Famiglia cristiana alla Sacra Rota pensata per ottenere un avallo vaticano al monolitismo nella Dc. Don Stefano Andreatta, direttore del mensile dei Paolini Jesus, lo giudica su Epoca un tassello di un gioco che mira a circoscrivere il caso Palermo: per Granelli, si tratta di una mossa priva di senso, perché richiami alla disciplina in contrasto con il Concilio non sopprimeranno le voci legittime di un cattolicesimo democratico che chiede alla Dc aperture al nuovo più che la difesa di un impossibile monopolio politico. Vanno ancora oltre i cattolici del Centro Pistelli guidati da Roberto Di Giovan Paolo, consigliere nazionale Dc e stretto collaboratore di Sergio Mattarella. A Roma, dicono, il richiamo all' autorità ecclesiale nel segno dell’anticomunismo richiama l’Operazione Sturzo degli anni Cinquanta: la tentazione di sperimentare nella Città Sacra la costituzione di un blocco clerico-reazionario costituisce una sfida nazionale che chiama sempre più in causa la sinistra democristiana. Su Panorama, l’ex proconsole di De Mita a Roma, Francesco D' Onofrio, colloca nel futuro il rischio di una seconda lista, ma insiste sulla necessità per la Dc di arrivare al voto con un programma serio e candidati credibili. Ma a pesare è un’intervista al leader di Mp Giancarlo Cesana: Noi difendiamo ancora la giunta, siamo d' accordo con Giubilo e Sbardella, messi alla gogna - spiega - in un clima dominante di falso moralismo. A parlare di seconda lista contro quella Dc - dice Cesana - sono parti di mondo cattolico che hanno idee alla Pintacuda ed esprimono una posizione cattocomunista che non è un bene per il Paese, per la gente, per il popolo. Gli interlocutori restano Andreotti e Forlani, un uomo della Dc più legata alla tradizione, meno appassionata della tecnocrazia, meno cedevole verso certe posizioni laiciste.

La Repubblica pag. 7

 

381.        13 agosto 1989 - domenica

UNA CITTA' SOTTO CHOC TRAVOLTA DALLA VERITA'

Una conferma-choc, che raggiunge i palazzi palermitani semideserti in un sabato pomeriggio alla vigilia di Ferragosto. Ma non ci sono tregue a Palermo, non ci sono pause per disintossicarsi dai veleni. Le impronte del corvo appartengono al sostituto procuratore Di Pisa, dicono le indiscrezioni che giungono da Caltanissetta sulla perizia degli esperti del Cis. Ci sono 25 punti di contatto, viene precisato, fra le tracce lasciate sulle lettere anonime e le impronte digitali del giudice che per dieci anni è stato uno degli uomini di punta del pool antimafia della Procura. Sconvolgente. Sconcertante. Agghiacciante. Sono le prime parole, le prime reazioni pronunciate dagli uomini che in questa città occupano i vertici della magistratura o che sono militanti dell’antimafia, da quelli che si occupano di anime e di fede come dagli altri che vivono nei palazzi della politica. E c' è anche chi non si arrende alle notizie sempre più precise, che ancora metterebbe la mano sul fuoco per il giudice Di Pisa e che ricorda le sue inchieste sulla mafia e su Ciancimino. Ma non sembra che Palermo si spacchi fra innocentisti e colpevolisti dopo il verdetto di Caltanissetta. Le certezze, per così dire, si erano già formate prima ancora dell’esito della perizia. La sua presenza è incompatibile. Gli schieramenti, i fronti, si erano già divisi all' indomani delle prime indiscrezioni sul sostituto procuratore, un mese fa. Dall' esame delle impronte, chi si è convinto subito delle responsabilità del magistrato, attendeva un riscontro. Così come i dubbiosi, gli scettici, gli increduli parlano ancora di polverone, di manipolazioni, di giochi tutti da chiarire. Il primo presidente della Corte d’Appello, Carmelo Conti, era stato uno dei più duri nei confronti di Alberto Di Pisa. Due giorni fa, prima della perizia, mediando la pace fra Falcone e Sica, Conti aveva praticamente chiesto le dimissioni dal pool del sostituto procuratore: Non so se sia lui il corvo, mi auguro di no, ma questa presenza è ormai incompatibile con il palazzo di giustizia di Palermo. È tale da richiedere un pronunciamento del Csm. Parole taglienti, come un’anticipazione degli eventi, di questa nuova burrasca che da ieri spazza Palermo. Presidente, adesso dunque è arrivata la conferma, il giallo è risolto, secondo le notizie che filtrano la perizia dattiloscopica incastra Di Pisa. Lei che ne dice? Carmelo Conti non commenta: Io non posso dire nulla su ciò che filtra. I filtri li usano quelli che manipolano i veleni. Non posso fare nessuna anticipazione sui risultati della perizia, non ho le carte in mano.... Dateci qualche giorno di pausa, dice ancora, lasciamo decantare per un po' la situazione, abbiamo tutti un gran bisogno di qualche momento almeno di serenità, di riflessione lontano dalle polemiche. Ma la perizia, ammette, non lascia ombra di dubbio sul piano dei risultati, non ci sono incertezze da un punto di vista tecnico. Un esito che non lascerà zone grigie. Sapremo se ci sono responsabilità o vanno escluse. Niente nomi e conferme, dunque, dal più alto magistrato del distretto giudiziario di Palermo, che però lancia un invito alla prudenza, rivolto in primo luogo agli organi di informazione: Bisogna fare molta attenzione, i risarcimenti dei danni possono costare molto cari.... Ma la città è troppo indignata e confusa, avvilita e sconvolta, per raccogliere inviti ad attendere, alla prudenza. Se davvero ci sono uomini che dall' interno stesso del pool antimafia dice Ennio Pintacuda hanno minato l’azione di altri giudici, questo è l’indizio di qualche cosa di molto più grave e complesso. È la ragione per cui sempre più urgente, sempre più necessario è stringere i tempi delle inchieste sui delitti politici di Palermo. Padre Pintacuda l’aveva gridato nella sua omelia, nella messa funebre celebrata per l’agente Agostini e la moglie. Adesso, poche settimane dopo, i sospetti sui veleni del palazzo di giustizia imboccano la strada di una dirompente conferma. Il rischio è che individuato l’untore non si debelli completamente la peste. Bisogna andare fino in fondo: la società civile, le vittime di tanti scempi compiuti a Palermo non possono più attendere verità e giustizia. Che vuol dire, siamo soltanto alla punta dell’iceberg, il caso Palermo e i suoi misteri sono tutt’altro che chiusi con la perizia sul corvo? C' è ancora incredulità Pintacuda lancia una bordata, parla della grande pace siglata proprio a Palazzo di giustizia fra i duellanti Sica e Falcone: Spero che la riappacificazione non sia solo un ricompattamento. Ripeto: non va colpito solo l’untore ma la peste di Palermo. Ma la verità sul corvo non convince tutti. Troppi polveroni in queste infuocate settimane di fughe di notizie e fughe di smentite: Di Pisa assolutamente colpevole, Di Pisa totalmente estraneo. Un balletto che ha provocato un grande scetticismo in Rita Bartoli Costa, deputato regionale del Pci, la vedova del procuratore assassinato dalla mafia, di fronte alle notizie che arrivano sulle conclusioni della perizia. Ma c' è qualcosa in più che le fa difendere il sostituto procuratore: Mi stupirei molto della sua colpevolezza. Non ho mai creduto che Di Pisa sia il corvo. Perché? Basta vedere le conseguenze di questa vicenda. Le inchieste di Falcone sono rimaste paralizzate a lungo. E il lavoro di Di Pisa rischia di esserlo per sempre. A chi giova tutto ciò? Ma ecco, subito, sul fronte opposto, un giudizio durissimo. Quello di Carmine Mancuso, il presidente del Coordinamento antimafia. Dice: È una conclusione sconcertante. Dimostra quanto astio vi sia all' interno del palazzo dei veleni, e quanto personalismo nel giudicare gli uomini. Si riferisce all' inchiesta sul commissario Montalbano messo sott' accusa proprio da Di Pisa, ma assolto nel processo, per favoreggiamento nel delitto del poliziotto Natale Mondo. E aggiunge: Sarebbe ora che il Csm si decidesse ad intervenire in maniera drastica per far chiarezza in un palazzo dove il pool non è più punto di riferimento. Già, un pool antimafia che dopo gli attacchi esterni ora risulta inquinato dall’interno. E c' è poi quella agghiacciante pista che ipotizza un filo fra il corvo e la talpa. Io credo dice Mancuso che il corvo abbia agito per rancore personale, per livore. Ben altra cosa è la talpa, che forse si è inserita in questo gioco, ma che ha radici molte più profonde. Un gioco al massacro, dunque, con un anonimo scientificamente usato dai registi che hanno puntato a far saltare in aria gli equilibri e le inchieste dei magistrati antimafia? Sia il ministro dell’Interno che quello della Giustizia dice il deputato dc Vito Riggio hanno parlato di un piano di destabilizzazione. Effetti devastanti E adesso il caso Di Pisa getta un’ombra gravissima: il sospetto è che possano essere stati utilizzati persino giudici dentro il pool, che una parte della magistratura palermitana si sia prestata a questo gioco. È arrivato il momento di accertare la verità senza guardare più in faccia nessuno. Così, per il deputato democristiano, la clamorosa vicenda del corvo sta producendo effetti devastanti: Qui l’impressione che se ne ricava è di questo tipo: la lotta alla mafia si trasforma in una guerra interna alle istituzioni. Gli uomini chiamati a dar battaglia alle cosche si affrontano invece fra di loro.

di Umberto Rosso - La Repubblica pag. 8

 

382.        19 agosto 1989 – sabato

PADRE PINTACUDA DICA QUELLO CHE SA" ROMA

Rivista cattolica critica il gesuita "

Quando il gesuita padre Ennio Pintacuda afferma al TG3 che esistono politici in affari con la mafia e mandati di cattura non ancora eseguiti, ha il dovere di uscire dalla genericità. Altrimenti diventa lui stesso un seminatore di veleni sia pure involontario. È quanto si legge su un editoriale che apre la rivista cattolica Prospettive nel mondo. Un giudizio piuttosto perentorio sul comportamento del religioso da sempre in prima fila a Palermo nella battaglia contro la mafia. Dica ciò che sa padre Pintacuda prosegue la nota faccia nomi anche ai magistrati, ma esca dal vago. Diversamente egli alimenta la cultura del sospetto, favorisce la disaffezione dalla politica e dal sociale già tanto pericolosamente diffusa. Inoltre, dà fiato al coro di coloro che lo vedono uomo di parte nella vicenda siciliana. L' intervento della rivista cattolica Prospettive nel mondo insiste ancora sulla necessità di allontanare ogni ombra, di intervenire in maniera il più possibile esplicita sul caso-Palermo. Ogni cittadino conclude la nota e in special modo chi ha l’autorità morale, ha il dovere verso Dio e il prossimo della denuncia chiara e motivata. E l’obbligo di portare un contributo alla chiarezza in situazioni complesse e avvelenate come quella siciliana. Purtroppo, il metodo seguito alcune sere fa davanti alle telecamere del Tg3 da padre Ennio Pintacuda va in segno opposto. Lo scandalo delle lettere anonime nelle tappe più importanti e clamorose. …

di Giovanna Maria Bellu - La Repubblica pag. 3

 

383.        4 settembre 1989 - lunedì

PINTACUDA IL COORDINATORE CULTURALE DEL LINGUISTICO

Giornale di Sicilia

 

384.        5 settembre 1989 - martedì

IL SINDACO ORLANDO ACCUSA ANDREOTTI

Il nostro è un paese dove il capo della P2 può consentirsi di esprimere, rilasciando interviste ai giornali, il suo pubblico apprezzamento all' attuale governo della Repubblica. E il governo, che mi risulti, non l’ha ancora respinto. Intanto però un inquietante silenzio e un clima di isolamento circondano i lavori della commissione d' inchiesta sulla P2. Nel settimo anniversario dell’omicidio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, così chiama in causa quegli apparati dello Stato che ancora non hanno permesso al paese di conoscere i nomi dei responsabili dei grandi delitti politici. Al meeting organizzato dalle associazioni antimafia in cinquemila hanno ricordato Dalla Chiesa. Tanti erano quelli che domenica sera hanno partecipato alla fiaccolata, con i gonfaloni di venti Comuni italiani. Sbaglia chi crede che queste manifestazioni non servano a nulla, ha detto padre Ennio Pintacuda. Presente alla fiaccolata Nando Dalla Chiesa, figlio del generale ucciso, che accusa espressamente Andreotti: Dobbiamo constatare ha affermato che l’uomo più responsabile del clima che 7 anni fa ha determinato l’omicidio di mio padre, si trova oggi a capo del governo. Ed ha mentito anche davanti ai giudici del maxiprocesso. Alla sfilata, hanno preso parte anche il presidente della commissione antimafia Gerardo Chiaromonte, il segretario regionale comunista Pietro Folena, studenti, tante donne con a capo Michela Buscemi, la donna costretta dalle minacce mafiose a ritirare la costituzione di parte civile al maxiprocesso.

 di Alessandra Ziniti - La Repubblica pag. 6

 

385.        6 settembre 1989 - mercoledì

Padre Pintacuda a Prato per partecipare a manifestazioni pubbliche organizzate dal Comune di Prato.

 

386.        8 settembre 1989 – venerdì

MAFIA, È INVASIONE

Fiaccolata a Figline per ricordare la Liberazione. Sfilano i nuovi partigiani

di Francesco Alboretti - Il Tirreno

 

387.        8 settembre 1989 - venerdì

PADRE PINTACUDA IN VISITA AL PECCI

Il Tirreno

 

388.        8 settembre 1989 - venerdì

DALLA MARCIA PER I MARTIRI UN APPELLO PER LA LIBERTA'

Alla fiaccolata per celebrare le vittime dei nazifascisti l’intervento del padre gesuita Pintacuda

di Francesco Barbetti - La Gazzetta di Prato

 

389.        8 settembre 1989 - venerdì

OGGI FESTA TRA SACRO E PROFANO

LA NAZIONE

 

390.        29 settembre 1989 - venerdì

E DE MITA ANDRA' DA PADRE SORGE PER I CORSI DELLA SCUOLA DI POLITICA

Sarà Ciriaco De Mita ad aprire il nuovo anno accademico della scuola di politica del Centro studi sociali Pedro Arrupe di Palermo, diretta dal gesuita Bartolomeo Sorge. Il presidente democristiano pronuncerà il suo discorso il giorno dell’inaugurazione dei corsi, in programma per il 3 novembre, come informa un comunicato emesso dal centro palermitano. Scopo dell’istituto affermano i gesuiti è la formazione di una nuova classe politica, ispirata a rigore morale, valori cristiani e preparazione professionale. Tra i docenti quest' anno figurano lo stesso padre Sorge (insegnamenti sociali della Chiesa), padre Ennio Pintacuda (soggetti e processi nel sistema politico), il sindaco di Palermo Leoluca Orlando (il governo della città), lo storico Francesco Renda, comunista, il magistrato Alfonso Giordano, presidente della prima sezione della Corte di Assise che giudicò i 464 imputati del maxiprocesso, inoltre, docenti universitari di economia e di diritto.

La Repubblica pag. 7

 

391.        29 settembre 1989 - venerdì

TRA GRAMSCI E DON MILANI

CARLINO        C.M.

 

392.        21 ottobre 1989 - sabato

NON C' È UN ORDINE DI CRAXI

In visita pastorale alla sezione di Borgo Cavalleggeri, proprio a ridosso delle mura del Vaticano, Arnaldo Forlani non s' è trattenuto: Ora basta: anch' io voglio un sindaco dc, e lotto perché questo sia il risultato. Poi ha attaccato i comunisti: C' è meno paura del Pci. Oggi il partito svolazza un po' con Occhetto, ma ieri era legato a Stalin.... …….Su Roma ieri è intervenuto anche padre Ennio Pintacuda, del Centro studi sociali di Palermo. Per il religioso, il cammino del rinnovamento della politica è lungo e molto difficile, e, per di più, è ostacolato da interessi di parte e da speculazioni, specialmente in grandi città come Roma, che Pintacuda giudica ancora priva di maturazione. Secondo il religioso, oggi assistiamo sempre più a collusioni di appalti, P2 e mafia, che non ci rendono tranquilli: Nel governo della città non si deve ripetere questa matrice di accordi, ma si deve far esprimere la grande domanda di vivibilità, e Roma sicuramente ne ha bisogno.

La Repubblica pag. 5

 

393.        24 ottobre 1989

Torino: Speciale Gattopardo c/o Teatro Carignano.

Interventi: Santo Della Volpe giornalista, Gioacchino Lanza Tomasi professore, Marcello Sorgi giornalista, Ennio Pintacuda, Gian Carlo Caselli magistrato.

Tratto da pagina web di Radio Radicale

 

394.        29 ottobre 1989 - domenica

MAFIA, TERRORISMO E P2 ORA LA CITTA' VUOLE CAPIRE

Dei collegamenti tra mafia, terrorismo nero, servizi segreti e P2 e, soprattutto, delle analogie tra le situazioni nei palazzi di giustizia di Palermo e Bologna parleranno domani Leoluca Orlando, padre Ennio Pintacuda, il sostituto bolognese Claudio Nunziata e Alfredo Galasso, avvocato di parte civile al maxiprocesso. Il tema dell’incontro (alle 17,00 a Palazzo delle Aquile a Palermo) è 1980: anno di stragi, omicidi eccellenti, attentati alla democrazia. Saranno presenti anche Carmine Mancuso, presidente del Coordinamento antimafia, e molti giudici siciliani. L' obiettivo è, spiegano gli organizzatori, gettare una luce su tutta una serie di avvenimenti di estrema gravità verificatisi nell' 80: l’assassinio del presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella, il disastro aereo di Ustica, la strage alla stazione di Bologna.

La Repubblica pag. 5

 

395.        30 ottobre 1989 - lunedì

Palermo. Iniziativa del Coordinamento Antimafia

Palazzo delle Aquile, ore 17,00

Collegamenti tra mafia, terrorismo nero, servizi segreti e P2.

Interventi: Leoluca Orlando, padre Ennio Pintacuda, il sostituto bolognese Claudio Nunziata e Alfredo Galasso, avvocato di parte civile al maxiprocesso. Tema dell’incontro: “1980: anno di stragi, omicidi eccellenti, attentati alla democrazia”.

 

396.        31 ottobre 1989 - martedì

PALERMO, MAFIA BOLOGNA E P2: PARLA NUNZIATA

Fra Palermo e Bologna, fra il delitto Mattarella e la strage della stazione, non c' è soltanto un killer in comune. C' è un’identità di obiettivo: colpire due città che nel 1980 erano simbolo dell’opposizione alla degenerazione del sistema politico. Parla il sostituto procuratore di Bologna Claudio Nunziata. Dopo il trasferimento d' ufficio deciso dal Consiglio superiore della magistratura è la sua prima partecipazione ad un dibattito pubblico: Palermo e Bologna, mafia e P2 organizzato dall' associazione coordinamento antimafia di Palermo. Dopo quel tragico 1980, i destini di Palermo e Bologna sembrano tornare a confluire anche nelle vicende interne delle rispettive magistrature ancora impegnate, dopo nove anni, a fare verità e giustizia su terribili fatti di sangue che portano la firma di mafia e terrorismo. Afferma Nunziata: In entrambe le inchieste, Mattarella e strage della stazione, c' è un’azione di depistaggio che serve a capire quali sono i referenti politici dei delitti. Ma c' è forse una stessa trama occulta che adesso colpisce anche i giudici di Palermo e Bologna? Quando l’azione di depistaggio non riesce risponde Claudio Nunziata si mette in moto la manovra di delegittimazione della magistratura. Un meccanismo che, a volte, riesce a strumentalizzare inconsapevolmente alcuni comportamenti dei giudici. È una strategia esterna alla magistratura, ma nei confronti della quale non si riesce ad attivare alcun meccanismo di difesa. Nell’aula consiliare del Comune di Palermo intervengono i giudici Di Lello, Conte e Natoli, il sindaco Leoluca Orlando, il sociologo padre Ennio Pintacuda e l’avvocato Alfredo Galasso. Carmine Mancuso, presidente del coordinamento antimafia, afferma: Fino adesso, in Italia nessun processo di strage si è mai concluso con la condanna dei responsabili. Strage uguale impunità. Il fatto che si stiano colpendo i giudici di Palermo e Bologna è sintomo di un comportamento politico mafioso affaristico che vuole decapitare chi fa emergere eventi emblematici quali la strage di Bologna ed il delitto Mattarella.

di Alessandra Ziniti - La Repubblica pag. 7

 

397.        5 novembre 1989 - domenica

ANDREOTTI HA SCOPERTO CHI COMANDA IN VATICANO

CHE QUESTE elezioni romane si annunciassero sotto il segno dell’eccezionale lo si sentiva nell' aria. Era in atto un grosso scontro politico all' interno del mondo cattolico, sia nella componente ecclesiastica che in quella democristiana. Che vi sia una connessione tra correnti ecclesiastiche e correnti democristiane è apparso ben chiaro con la politica dei padri gesuiti. Basta leggere gli articoli di padre De Rosa su La Civiltà Cattolica per vedere disegnata in forma discreta ma chiara la medesima linea praticata dal padre Sorge apertamente a Palermo. Esiste una strategia politica, della Compagnia, che potremmo definire quella del buon uso del Pci da parte della Chiesa. Al vertice di questo buon uso vi è la convinzione che la Chiesa ha più bisogno della Democrazia cristiana di quanto la Democrazia cristiana non abbia bisogno della Chiesa. I padri gesuiti non credono a una tenuta autonoma della vita religiosa e della realtà ecclesiale in Italia: senza il supporto del potere e del consenso che esso procura il sentimento religioso non è sufficiente al ben vivere della Chiesa cattolica. Esso esiste, ma è vago, diffuso e infine non molto ecclesiastico. I gesuiti però non vogliono solo il potere: oltre al potere vogliono la buona coscienza. Vogliono il potere con il presidio della morale. Il gesuita moderno scrive con padre Pintacuda trattati di morale politica negli anni Ottanta del nostro secolo, come scriveva cento anni fa trattati di diritto naturale appoggiato sul fatto con il padre Taparalli D' Azeglio: e come scriveva nel secolo XVII la difesa del libero arbitrio con padre Molina. La Compagnia ha una tradizione di pensiero e la rispetta. La politica ha sempre avuto per i reverendi padri un interesse proprio, non come mero gusto del potere ma come difesa appunto della civiltà cattolica. Anche il padre Curci era su questa linea: non rimane che lodare la fantasia dell’aggiornamento. ECHI può dare una garanzia etica alla Chiesa in Italia, in cambio di una legittimazione politica, se non il Pci? Non è questo l’ammirevole scambio che ha così sollevato i padri gesuiti quando vi sono riusciti? Non sempre basta avere il confessore del re, come nei giorni di Luigi XIV. A questa domanda il Pci ha più che risposto. Orlando di Palermo è il nuovo volto dell’eroe rosso, il padre Sorge riceve lettere di sbalordita ammirazione da parte di alcune sedi della Federazione giovanile comunista; il testo di Pintacuda corre nel nuovo Pci. La sinistra democristiana era divenuta con De Mita il mediatore di questo incontro. Perché questa linea è fallita quando tutto sembrava farla riuscire? Rispondere a questa domanda oggi vorrebbe dire rispondere a un altro interrogativo: quale è il settore ecclesiastico che sta dietro Il Sabato? Sbardella non chiederebbe le dimissioni del cardinale Poletti se non avesse le spalle coperte. Andreotti non sarebbe stato in grado di eleggere. Nessuno al tetto della lista democristiana facendone il più votato dei romani, se la rete parrocchiale non avesse risposto: obbedisco. Ma a chi? E perché? Basta leggere Il Sabato e soprattutto il suo mensile ecclesiastico, Trenta giorni, retto dal responsabile romano del Movimento Popolare, Marco Bucarelli, per svelare il segreto. Quel mensile indica la situazione delle singole Chiese locali dal punto di vista del cardinale Ratzinger, cioè dell’uomo più potente oggi in Vaticano. Se l’immagine della Santa Sede è alla sua età slava, il potere curiale è alla sua ora tedesca. Così va il mondo, è il caso di dire. L' equilibrio vaticano ha anticipato gli eventi europei. Se è così, la risposta alla domanda di chi stia dietro a Il Sabato è facile a formularsi: dietro il settimanale romano sta di fatto il cuore forte del potere oltre il portone di bronzo. Quando Sbardella attacca Poletti, sa non solo di parlare a qualcuno, ma anche di parlare per qualcuno. È difficile dire quale sia la teologia del cardinale Ratzinger: ma certo egli non tende a quella conciliazione tra cultura e religione che è da sempre la linea dei padri gesuiti. L' approccio ratzingeriano è di scontro: suo è il no alle mediazioni. Anche lo scontro ha le sue possibilità. È accaduto in Polonia. E accade anche in Russia: il papa andrà a Mosca solo se potrà recarsi a Vilnus e a Kiev, nella piena legittimazione dei cattolici di rito slavo, forzosamente annessi da Stalin alla Chiesa ortodossa russa. E ALLORA si spiega perché Poletti abbia avallato, sia pure con ripugnanza, l’opera di Giubilo, da lui sdegnosamente sconfessato qualche settimana prima. Anche la comunità di Sant' Egidio, che aveva con la Caritas patrocinato la possibilità di una seconda lista cattolica, si è premurata di assicurare l’obbedienza, ammettendo, al più, di aver commesso qualche astensione dal voto. Dov' era la ripugnanza ecclesiastica a votare Garaci? Non a caso il primo eletto dei romani ha esposto il ringraziamento agli elettori non nella sede del comitato romano della Democrazia cristiana ma in quella del Movimento Popolare. I padri gesuiti possono promuovere ovunque vogliano scuole di politica per rinforzare la tenuta etica della Democrazia cristiana. Le elezioni romane hanno chiarito i rapporti di forza sia all' interno della Dc che del mondo ecclesiastico italiano rispetto a quello vaticano. Andreotti ha, come il Giustiniano di Dante, imparato che il primo principio di un politico cattolico romano è muovere con la Chiesa i passi: sapere cioè chi veramente comanda in Vaticano. A quest' arte egli non è mai venuto meno. Ed è per questo che può ottenere da una Dc attonita la nomina di un fedelissimo, lontano dalla politica militante fin dagli anni Quaranta ma andreottiano da sempre, Franco Nobili, alla presidenza dell’Iri al posto di Romano Prodi: il sigillo del potere.

di Gianni Baget Bozzo - La Repubblica pag. 12

 

398.        10 novembre 1989 – venerdì

Corato

 

399.        11 novembre 1989 – sabato

Gravina di Puglia

Pinacoteca dell’Episcopio - Piazza Benedetto XIII, ore 18,30

Padre Pintacuda a partecipa ad un seminario di studi su “I cattolici e il neo-associazionismo», con relazione su:

I CATTOLICI E L’INIZIATIVA POLITICA NEL TERRITORIO

Intervento di Mons. Tarcisio Pisani.

 

400.        15 novembre 1989 - mercoledì

CATTOLICI DIFFIDENTI CON FORLANI

L' assemblea nazionale Dc-cattolici proposta da Arnaldo Forlani è solo un tentativo gattopardesco, una pura operazione di facciata, affinché tutto resti invariato tra democristiani e mondo cattolico. È il drastico giudizio che emerge da un’inchiesta svolta tra i direttori e i notisti politici dei maggiori settimanali diocesani, intervistati in merito all' idea avanzata dal segretario dc di indire un’assemblea con i rappresentanti dell’associazionismo cattolico. All' inchiesta, svolta dall' agenzia di informazione religiosa Adista, hanno risposto, con giudizi altrettanti negativi, anche il gesuita Ennio Pintacuda, del centro Studi sociali di Palermo, Leoluca Orlando, sindaco democristiano del capoluogo siciliano, e padre Stefano Andreatta, direttore di Jesus, il mensile della più importante casa editrice cattolica, i Paolini, editori, tra l’altro, del settimanale Famiglia cristiana. I primi tiepidi sì alla proposta Forlani, espressi in particolare da Azione cattolica, Acli, Movimento popolare, Cl, con il passare dei giorni stanno, quindi, cedendo il passo a diffidenze e, in alcuni casi, ad aperti dissensi. È un atteggiamento che potrebbe creare non pochi problemi allo stesso Forlani, che, come ha reso noto ieri Luigi Baruffi, responsabile organizzativo del partito, sull' assemblea cattolici-Dc terrà una relazione nel Consiglio nazionale di venerdì prossimo. Durissimo e senza appello è il no di padre Andreatta, che non esita a polemizzare anche con quanti, come Ac e Cl, hanno già dichiarato la loro disponibilità alla chiamata del segretario democristiano. Don Andreatta vede nell' idea di Forlani solo uno scoperto escamotage, varato durante la rissa delle elezioni romane, per mettere un coperchio sul compromettente pentolone romano-adreottiano e la sordina ai litigi innescati dal Sabato. Un' idea maldestra, insiste Andreatta, con cui Forlani ha voluto anche premunirsi da ben prevedibili rischi specialmente in vista delle elezioni amministrative di primavera. Mancate risposte Secondo il religioso paolino, quello che preoccupa maggiormente, non sono la disinvoltura e le proposte del segretario dc, ma i sì già espressi dall' associazionismo cattolico comunque targato, da Ac a Cl. E per avvalorare ancora di più la sua diffidenza, porta come esempio le mancate risposte democristiane a precedenti importanti convegni indetti dai cattolici, come il convegno sui mali di Roma del ' 74, e le successive assise indette dalla Chiesa italiana nel ' 76 a Roma e nell' 85 a Loreto. Padre Andreatta conclude definendo Forlani un beato che si muove tra smemorati, per aver dimenticato anche la ripresa delle Settimane sociali, gli incontri sociopolitici dell’associazionismo cattolico che saranno ripresi dai vescovi italiani, dopo le interruzioni decise negli anni Settanta. Quello di Forlani è un tentativo gattopardesco, commenta amaramente padre Pintacuda, che confessa: Sono molto diffidente perché ogni volta che nella Dc si attutisce la tensione per un rinnovamento e c' è il riassestamento di certi poteri, arrivano iniziative come questa per dare una parvenza di apertura del dialogo con l’area cattolica. Il dialogo va aperto con i fatti, avverte il gesuita, secondo il quale l’assemblea con i cattolici farebbe pensare che la Dc sia animata da una grande volontà di cambiamento, mentre, al contrario, ci sono segnali (come la scelta dei candidati nelle liste per le elezioni) che fanno pensare che tutto resterà fermo. E' mistificatorio, conclude Pintacuda rivolgendosi a Forlani, dare l’impressione di avere canali privilegiati con il mondo cattolico. Gli fa prontamente eco il sindaco di Palermo Leoluca Orlando: Occorre evitare di ritenere i valori della tradizione cristiana come un abito da festa da usare e da richiamare in occasione di competizioni elettorali, assemblee o citazioni strappa-consenso. Quando un partito come la Dc si collega alla tradizione cattolica, deve correttamente, aggiunge Orlando, essere strumento di quella tradizione e non pretendere di essere luogo o fonte di quell' identità. Ispirazione cristiana Prima di indire assemblee o cose del genere, la Dc, rammenta Gianfranco Brunelli, notista politico della rivista Il Regno dei padri Dehoniani, dovrebbe ricordarsi prima di tutto di essere un partito ad ispirazione cristiana. Se questo aspetto, dice Brunelli, creava un legittimo interrogativo con la gestione demitiana della Dc, credo che vada perlomeno rafforzato con Andreotti e Forlani. Il giornalista del Regno non si fida dell’attuale segretario democristiano: Basterà rammentare afferma Brunelli che sulla proposta che egli ha formulato nel suo discorso di investitura al XVIII congresso della Dc circa il mutamento del nome del partito non se ne è saputo più nulla. Forlani, conclude il notista politico cattolico, non è nuovo a impennate di interesse verso l’area cattolica, che tuttavia si risolvono tranquillamente in un non luogo a procedere. Riccardo Della Rocca, segretario del Masci, il movimento adulti scout cattolici, intervistato dall' agenzia Asca, lancia, invece, una proposta provocatoria: Forlani si faccia promotore di un incontro tra tutti i partiti democratici e il mondo cattolico, perché il problema della frattura tra mondo politico e società civile non è solo della Dc. È un problema, nota Della Rocca, del Pci, che nella difficoltà di darsi un nuovo progetto credibile non ha neanche il coraggio di difendere la propria storia passata, come pure è un problema del Psi la cui prassi politica è così lontana dall' esperienza dai cattolici democratici. E proprio il dialogo tra cattolici e Psi ieri è stato difeso dal senatore socialista Gennaro Acquaviva in un dibattito ad Assisi sul suo libro I colori della speranza. La tesi di Acquaviva, ha detto padre Nicola Giandomenico, vicario del Sacro Convento, è affascinante, ma deve essere ancora dimostrata e costruita. Tra gli ostacoli individuati dal vicario della curia di Assisi, monsignor Vittorio Peri, i recenti atteggiamenti del Psi su aborto, scuola e divorzio.

di Orazio La Rocca - La Repubblica pag. 12

 

401.        2 dicembre 1989

Reggio Calabria

Convegno “Radici locali per un pensare nazionale”

 

402.        3 dicembre 1989 - domenica

CREDENTI, DISERTATE LA DC

I cattolici delusi dalla Dc presto avranno un nuovo punto di riferimento nazionale. Non sarà un secondo partito cattolico, ma un Coordinamento costituito dai movimenti politici cittadini sorti negli ultimi tempi specialmente nel sud, sul modello di Città per l'Uomo di Palermo o di Insieme per la città di Reggio Calabria. Il primo passo verso questa decisione è stato fatto ieri, al convegno Radici locali per un pensare nazionale, che ha riunito a Reggio Calabria, per la prima volta, i rappresentanti dei più noti movimenti politici cittadini. Presenti ai lavori, che si concluderanno oggi, un centinaio di delegati in rappresentanza di 22 sigle sorte, tra movimenti e associazioni locali, negli ultimi tempi in tredici città italiane, tra cui Catania, Bari, Napoli. Scarsa la presenza delle città del nord, ad eccezione di Vicenza, Aosta e Ferrara. Hanno aderito istituzioni cattoliche come il Centro studi sociali dei gesuiti di Palermo, rappresentato da padre Arrupe, il Coordinamento antimafia del capoluogo siciliano e la scuola di formazione di politica Lazzati di Roma. La prima giornata di lavori si è conclusa con la stesura di un documento comune, che ha sancito la nascita del Coordinamento. L' iniziativa è stata autorevolmente battezzata dal gesuita Ennio Pintacuda, ispiratore di Città per l'Uomo di Palermo, che l’ha presentata come l’unica valida risposta oggi al mancato rinnovamento dei partiti italiani a partire dalla stessa Dc. Una risposta ha precisato il religioso, in sintonia con i bisogni della gente specialmente dei più poveri, con lo sforzo di cambiamento avviato nel Pci da Occhetto e con le sconvolgenti novità che ogni giorno arrivano dall' Est. Col Coordinamento nasce, quindi, un nuovo soggetto politico che non vuole avere niente a che fare con le tradizionali forme partitiche. Pace, ambiente e economia. In linea di massima, come ha spiegato Giuseppe Cannavò dell'Unione popolare e democratica di Vicenza, il Coordinamento dovrà avere a livello nazionale tre aree di riferimento: l’impegno per la pace, la difesa dell’ambiente e l’economia, specialmente quella legata agli investimenti negli enti locali. Come configurazione politica, il Coordinamento guarderà in particolare ai gruppi progressisti, alle nuove aggregazioni della sinistra, ai movimenti di base, agli ambientalisti, ma senza nessuna forma di collateralismo. E proprio la fine del collateralismo politico è stato uno dei momenti centrali del convegno, come hanno sottolineato sia padre Pintacuda che Cipriani, di Insieme per la città la cui relazione è stata accolta da scroscianti applausi. Essendo i movimenti politici cittadini formati in larga maggioranza da cattolici provenienti dal mondo del volontariato delle Caritas diocesane, il discorso sulla fine del collateralismo non poteva che avere come destinatario principale la Dc. I cattolici, ha avvertito Cipriani, sono insoddisfatti di questo partito, per cui rifacendosi all' insegnamento del Concilio, ancora inattuato, chiedono con forza la netta distinzione tra piano religioso, fede e cose temporali, cioè l’impegno nella politica. Da qui ha insistito il relatore la necessità della legittimità del pluralismo politico dei cristiani, senza più quel consenso scontato verso un solo partito di ispirazione cristiana, che cristiano non è. Il collateralismo Dc-cattolici è una male che ha prodotto troppi guasti: quindi va abolito e a niente servono le operazioni di recupero fatte specialmente in periodi preelettorali, come l’assemblea nazionale proposta dal segretario democristiano Forlani. Manovre camaleontiche Non sono convincenti, ha detto Cipriani, certe manovre camaleontiche, sul modello della convocazione forlaniana: tutti hanno il diritto di convocare assemblee e convegni, ma sarebbe interessante fare la conta di quanti cattolici gradirebbero scoprire comuni ispirazioni ideali con Lima, Gava, Sbardella e compagnia.... Per Pintacuda l’assemblea cattolici-Dc sarebbe solo una operazione machiavellica puramente di facciata. Per questo, dal convegno di ieri è stato lanciato un messaggio ed un avvertimento: i movimenti locali non sono collaterali a nessuna corrente o a nessuna area della Democrazia cristiana come a nessun' altra forza politica nazionale. Respingono anche quelle forme di neo-collateralismo legate al nuovo assetto di potere sancito dalla Dc e dal Psi, potere perseguito per difendere interessi di parte: ed è chiaro il riferimento al Movimento popolare. Ma come vedono i vescovi e la gerarchia ecclesiale i nuovi movimenti politici creati dai cattolici? Bene, dai vescovi verso di noi c' è simpatia, assicura garbatamente il gesuita Pintacuda. Non così prudenti si sono mostrati gli altri relatori, che hanno ricordato ad esempio al cardinale vicario Ugo Poletti che ripugnanza per la Democrazia cristiana è un sentimento di vecchia data per molti cattolici. Pollice verso anche per i tradizionali appelli all' unità politica dei cattolici come barriera anticomunista, lanciati da una parte delle alte sfere episcopali in appoggio alla Democrazia cristiana sempre in prossimità di appuntamenti elettorali. Con i positivi svolgimenti in corso culminati con la stretta di mano tra papa Wojtyla e Gorbaciov ha affermato Pintacuda, tutto viene rimesso in discussione, svaniscono le vecchie e superate certezze e il movimentismo di base dei cattolici va in questa direzione. Un movimentismo politico cittadino, gli ha fatto eco il professor Lino Prenna, docente all' università pontificia lateranense della scuola di politica Lazzati di Roma, che deve restare sempre tale, senza farsi tentare dalla forma partitica. Solo così i movimenti cittadini saranno sempre la spina nel fianco della società e i veri controllori dei partiti.

 di Orazio La Rocca - La Repubblica pag. 8

 

403.        15 dicembre 1989 - venerdì

MA QUANTI FLIRT TRA PCI E PRELATI

……Sullo sfondo si agitano i presenzialisti gesuiti siciliani Bartolomeo Sorge ed Ennio Pintacuda (prete con la scorta), padrini di una scuola politica che teorizza l’embrassons nous tra cattolici e e comunisti ……….

 

di Antonio Tajari - Il Giornale

 

404.        18 dicembre 1989

Palermo. Palazzo delle Aquile - Sala delle Lapidi (Piazza Pretoria) – ore 17,00

Iniziativa del Coordinamento Antimafia

Presentazione del libro «GIOVANE CHI SEI? -La conoscenza di sé stessi nella profondità dell’anima: di Nicola Mannino

Incontro dibattito sul tema:

LA MAFIA NON POTRÀ MAI PIEGARCI LE GINOCCHIA

Interventi: Carmine Mancuso, Vito Mercadante, Leoluca Orlando, Ennio Pintacuda, Carla Stampa. Presente l'autore.

 

405.        4 gennaio 1990 – giovedì

Palermo - Palazzo delle Aquile (Sala Consiliare) – ore 9,30

Convegno nazionale sul cattolicesimo democratico nel decennale dell'assassinio di Piersanti Mattarella

QUALE FUTURO PER LA POLITICA

Interventi di: Salvatore Butera (capo servizio studi del Banco di Sicilia), Giacomo Conte (giudice per le indagini preliminari), Giancarlo Licata (giornalista Rai Sicilia), Leoluca Orlando (Sindaco), Ennio Pintacuda (sociologo)

Organizzato dal: GRUPPO DANIELE

 

406.        6 gennaio 1990 - sabato

S. Stefano Quisquina

Sala Convegni Chiesa Madre

Presentazione del libro di Don Angelo Chillura

COSCIENZA DI CHIESA E FENOMENO MAFIA

Analisi degli interventi delle Chiese di Sicilia sulla mafia

Relatori: Dr. Salvatore Cardinale (Sost.to Proc. Gen. le Caltanissetta), Padre Ennio Pintacuda.

Coord.re: Dr. Gianfranco D’Anna (Giornalista RAI)

 

407.        13 gennaio 1990 - sabato

Aosta – Corso di Formazione Politica organizzato dall’ACLI di Aosta con partecipazione come relatore di P. Pintacuda

 

408.        14 gennaio 1990 - domenica

UN PARTITO DI SINISTRA NUOVO E DIVERSO

Il prossimo numero del settimanale Espresso, in edicola domani, pubblicherà il testo di un appello sottoscritto da sette intellettuali della sinistra italiana, di diversa tradizione politica e ideologica, in vista del processo costituente che il prossimo congresso del Pci si propone di aprire. I sette firmatari sono Alberto Cavallari, Paolo Flores D' Arcais, Gian Giacomo Migone, Toni Muzi Falconi, padre Ennio Pintacuda, Antonio Lettieri e Fernando Bandini. Il paese si legge nell' appello ha bisogno di un radicale cambiamento. Che ripristini legalità, che inverta la tendenza al regime. Che realizzi democrazia contro partitocrazia, cittadinanza contro appartenenze (a correnti, cordate, clientele, logge, mafie). Il paese ha bisogno di un partito della sinistra nuovo e diverso. Nuovo e diverso innanzitutto nel senso che a fondarlo non siano solo cittadini che già oggi militano in un partito, ma anche, e con uguale peso e dignità, i molti che nei partiti tradizionali e ufficiali della sinistra non hanno potuto riconoscersi: come singoli, club, movimenti di opinione. Questa nuova forza della sinistra prosegue l’appello avrà senso solo se saprà sottrarsi, fin dalla sua fase costituente, alla deriva partitocratica. Avrà senso solo se saprà garantire coerenza democratica, attraverso una improcrastinabile riforma istituzionale ed elettorale, la rigorosa difesa di una informazione libera, cioè critica verso ogni potere, e una radicale innovazione quanto alle sue forme organizzative. Un incontro nazionale promosso dai sette firmatari si terrà Roma il 10 febbraio prossimo.

La Repubblica pag. 8

 

409.        19 gennaio 1990 - venerdì

RESTERO' PER TUTTA LA VITA UN COMUNISTA ITALIANO

GLI "ESTERNI" SONO GIA' AL LAVORO.  Alberto Cavallari, Paolo Flores d' Arcais, Gian Giacomo Migone, Toni Muzi Falconi, Ennio Pintacuda, Antonio Lettieri, Fernando Bandini: sono i sette intellettuali che nei giorni scorsi, sotto il titolo Per una forza riformista da costruire, hanno lanciato un appello ai singoli cittadini e ai gruppi politico-culturali della sinistra diffusa in vista del processo costituente avviato dalla proposta di Occhetto. All' iniziativa, che ha raccolto già le adesioni di personaggi di diversa provenienza e formazione, si sta affiancando in questi giorni anche il lavoro di parte dei gruppi parlamentari della Sinistra indipendente. Promossi da Vittorio Foa, Franco Bassanini, Antonio Giolitti e Laura Balbo, sono già iniziati incontri con esperti di diritto e di economia per definire le idee guida della nuova formazione, una sorta di bozza di programma fondamentale da discutere all' indomani del congresso comunista di marzo: un manifesto, dicono, per un partito che non dovrà essere dominato dai professionisti della politica.

di Stefano Marroni - La Repubblica pag. 4

 

410.        21 gennaio 1990 - domenica

LA SVOLTA VIENE DA LONTANO

L' appuntamento è questa mattina al Lirico. Passa per Milano, la città in cui forse più secca è stata la spaccatura tra il fronte del sì e quello del no, la tappa odierna della tre giorni di Achille Occhetto. Organizzate per celebrare il 69ø anniversario della fondazione del Pci, che cade oggi, le tre manifestazioni vedono impegnato il segretario comunista nelle ultime battute della sua campagna di persuasione. Ieri è stata la volta di Firenze, domani il leader del Pci spiegherà le ragioni della svolta a Torino, davanti ai cancelli della Fiat Mirafiori. Da ieri, intanto, i primi congressi di sezione hanno avviato la conta tra i comunisti: sul tappeto, la scelta tra la proposta postcomunista del segretario (Dare vita alla fase costituente di una nuova formazione politica), quella neocomunista di Natta, Tortorella e Ingrao (Per un vero rinnovamento del Pci e della sinistra) e quella comunista senza aggettivi di Armando Cossutta. Su due fronti, si moltiplicano le iniziative a sostegno delle mozioni, integrate in alcune città da documenti locali. È il caso di Roma, dove il sì è minoritario e marcatamente di sinistra, e probabilmente è il caso anche di Milano, dove viceversa è più forte e contrastata la presenza dei miglioristi. Grande attesa per il raduno di domani sera al Piccolo Eliseo di Roma degli intellettuali del no, che hanno raccolto 250 adesioni all' appello con cui Argan, Badaloni, Conti, Ferrara, Ginzburg, Loy, Luporini, Ongaro Basaglia, Spinella, Staino e Zanardo si sono schierati a sostegno della mozione Natta-Ingrao sollecitando una rifondazione del Pci nell’ambito di una confederazione della sinistra. Un' assemblea nazionale per il 10 febbraio a Roma è stata indetta anche dallo schieramento raccolto attorno ai sette intellettuali (Cavallari, Flores d' Arcais, Migone, Muzi Falconi, padre Pintacuda, Lettieri e Bandini) solidali con Occhetto e autori di un appello che invita la sinistra sommersa a prendere parte alla fase costituente ipotizzata dal segretario del PCI ….

di Paolo Vacheggi - La Repubblica pag. 8

 

411.        21 gennaio 1990 - domenica

PER UNA FORZA RIFORMISTA DA COSTRUIRE

Questo è l'appello con cui sette intellettuali della sinistra italiana di diversa tradizione politica e ideologica, si propongono di sollecitare singoli cittadini e gruppi politico-culturali a iniziative comuni, in vista del "processo costituente” che il prossimo congresso del Pci si propone di aprire.

……………………………………………………………….

Alberto Cavallari, Paolo Flores d'Arcais, Gian Giacomo Migone, Toni Muzi Falconi, Ennio Pintacuda S.J., Antonio Lettieri, Fernando Bandini

L ' ESPRESSO

 

412.        24 gennaio 1990 - mercoledì

UN' 'ANOMALIA' CON TROPPI NEMICI

I suoi nemici rimasero a bocca aperta, spiazzati, senza la forza di reagire. Lo definirono il golpe di Ferragosto, dissero che Orlando non sarebbe riuscito a mangiare il panettone, che la sua strana giunta sarebbe caduta prima di Natale. Strana lo era davvero: non c’era più il re dei repubblicani siciliani Aristide Gunnella, non c' erano più gli amici degli amici di don Vito Ciancimino, non c' erano più quei due o tre assessori legati al comitato d' affari. In quel senso il golpe era davvero riuscito. Nella notte tra il 14 e il 15 agosto del 1987 a Palazzo delle Aquile nacque il pentacolore. Il sindaco era ancora lui, il democristiano Leoluca Orlando (nei due anni precedenti aveva guidato il pentapartito), ma i suoi alleati diventarono i Verdi di Letizia Battaglia, i cattolici di Città per l'Uomo, i socialdemocratici del ministro Vizzini, la sinistra indipendente con Aldo Rizzo. Fuori dalla nuova giunta, per la prima volta dopo vent' anni, restavano anche i socialisti. Così cominciò la grande guerra di Palermo: da una parte Orlando e i movimenti, dall' altra i partiti con i loro vecchi leader. Una battaglia quotidiana con un incontrollabile tam-tam che di settimana in settimana dava per spacciato l’esperimento portato avanti da quel democristiano così anomalo. Palermo divenne un caso nazionale, uno scandalo politico. I socialisti spararono a zero: È un governo ombra di giudici e gesuiti. Il riferimento era al vicesindaco Rizzo (un ex magistrato) e agli amici di Orlando, l’ex direttore di Civiltà Cattolica Padre Sorge ed Ennio Pintacuda. Gli avversari del pentacolore sostennero che i giochi di Palazzo delle Aquile erano stati ispirati da quel laboratorio politico che è il centro Padre Arrupe di Sorge e Pintacuda. L' assalto contro Orlando fu su tutti i fronti. Psi, Pri e Pli lo accusarono di pensare troppo all' immagine e poco ai problemi della città. Lo chiamavano Leo-look, dicevano che sognava una Palermo europea mentre la sua città somiglia più a Beirut. La faida esplose anche dentro la Dc, dove Orlando veniva lavorato ai fianchi. La sua giunta sembrava avere i giorni contati già dopo un anno, quando il sindaco denunciò una mafia con il volto delle istituzioni. Erano le settimane infuocate della guerra Meli-Falcone, e Orlando alzò ancora il tiro. Piano piano prese corpo il progetto dell’ingresso dei comunisti in giunta. L' entrata del Pci nella maggioranza avvenne nella primavera dell’89, pochi giorni dopo l’arrivo di Forlani alla segreteria Dc. Il pentacolore divenne esacolore, la giunta di Palermo sempre più anomala. Da Roma si scatenò un’altra campagna targata psi contro la mala giunta e i figli dei consigliori della mafia: accuse al veleno contro Orlando e il ministro Mattarella. Poi ecco le elezioni europee e la sfida lanciata a Salvo Lima. O lui o io, annunciò Orlando. Il sindaco restò fuori dalla lista, Lima perse migliaia di voti. Cominciarono subito le grandi manovre in vista delle amministrative del maggio ' 90, alla Vigilia di Natale il colpo di scena: il segretario provinciale della Dc Rino La Placa scrisse una lettera a Forlani annunciando le dimissioni. A Palermo diceva è tornata in campo la vecchia Dc, sono in agguato ancora i comitati di affari. Dal fronte del rinnovamento l’allarme era già partito da mesi: Sta tornando a comandare Ciancimino.

La Repubblica pag. 3

 

413.        26 gennaio 1990 - venerdì

VOGLIONO FARCI TORNARE AL SILENZIO

No, non ci sentiamo sconfitti. A Palermo si andrà avanti. Le dimissioni della giunta hanno aperto nuovi scenari, nazionali: la sinistra Dc ha finalmente deciso di passare all' opposizione nel partito, ha finalmente deciso di riprendere la lezione di Aldo Moro. Parla padre Ennio Pintacuda, il grande amico di Leoluca Orlando, il sacerdote che i nemici dell’anomalia di Palazzo delle Aquile hanno definito il papa nero di Palermo. Nel suo studio del centro Pedro Arrupe, il laboratorio politico guidato da Bartolomeo Sorge, il gesuita racconta come sta vivendo il grande crollo dell’esacolore. È stata una vera e propria resa dei conti, dice padre Pintacuda. Chi ha voluto la fine della giunta guidata da Orlando? Se una parte della Dc ha cercato di capovolgere questa esperienza c' era sicuramente un conto da saldare, un debito, oppure c’era un credito da aprire. Insomma, delle necessità tali da non potere più rinviare il siluramento di Orlando. È stata una svolta imposta dai vertici romani? Stiamo assistendo ad uno scontro tra due realtà. Da una parte l’Italia che tende alla partecipazione, dall' altra il tentativo di creare un regime con l’accordo di governo. La città di Palermo rappresentava un punto di riferimento, cancellando la giunta si è voluto spazzare via anche un progetto di rifondazione della politica. A Palermo sono davvero tornati i comitati d' affari? La discriminante di quella giunta è stata la lotta alla mafia, la trasparenza sulla concessione dei piccoli e dei grandi appalti. Ribaltare questa situazione, tornare indietro, fa certamente sospettare una riapparizione dei gruppi affaristici. Con Orlando il Palazzo della politica ha chiesto conto e ragione agli altri Palazzi, adesso si vuole un ritorno ai vecchi silenzi. Andreotti ha detto che i gesuiti devono occuparsi solo di anime... Chi dice così vuole proprio quel ritorno al silenzio di cui parlavo prima. Strano davvero, è una tentazione ricorrente in tutti i movimenti anticlericali. E in Salvador, proprio per il loro impegno, i gesuiti sono stati uccisi. Orlando costretto alle dimissioni, una nuova maggioranza nella Dc: c' è ancora spazio per lui dentro le liste elettorali del suo partito? Oppure guiderà una lista civica? In questa città accadono fatti sconvolgenti, si vive alla giornata, cercando di gestire gli eventi. A mio parere su questo fronte tutto è ancora aperto. Il sindaco dice che è cominciata ora la resistenza... Non bisogna dimenticare cos' è accaduto in questi ultimi anni, il cammino di questa seconda liberazione di Palermo. E non dimentichiamo le vittime: Piersanti Mattarella, che rappresentava il rinnovamento della politica. Rocco Chinnici, che creò il pool antimafia. I commissari Giuliano e Cassarà, che hanno aperto una stagione nuova nelle indagini di polizia. Pio La Torre, l’uomo del nuovo corso del Pci siciliano. Resistenza è anche opporsi al tentativo di cancellare la memoria di Palermo. Lei dice di non sentirsi sconfitto, perché? La crisi della giunta, se vogliamo, è un fatto anche esaltante: le carte sono finalmente scoperte. Siamo quelli che avrebbero tutto il diritto alla disperazione, invece continuiamo a sperare nel cambiamento della democrazia.

La Repubblica pag. 5

 

414.        26 gennaio 1990 - venerdì

“HA VINTO LIMA” - La denuncia di Orlando e Pintacuda

Non è soltanto il ritorno dei comitati d'affare locali, ma l'estensione di un sistema di regime nazionale. Palermo era un grosso ostacolo perché qui si stava sperimentando una democrazia sostanziale, si era superata la questione morale e i partiti si iniziavano a rinnovare.» Padre Ennio Pintacuda, una delle anime della «primavera palermitana», sostiene che bisogna alzare il livello di analisi sulle dimissioni, della giunta esacolore. «Bisogna comprendere - dice il gesuita - che la Dc, sia a livello locale che nazionale, aveva previsto che con la caduta della giunta Orlando avrebbe avuto un calo d'immagine. Questo deve farci supporre che ci sono grossi conti da pagare, dei debiti verso qualcuno oppure che bisogna aprire un credito. Si tratta, comunque, di operazioni che non riguardano il livello politico, ma le collusioni tra questo livello ed altri affari». Alcuni anche locali. Leoluca Orlando, ricordava, due settimane fa da Parma (in un'intervista al Corriere) che a Palermo due anni fa sedevano allo stesso tavolo «politici, uomini di stato, imprenditori e capi mafia. Prima di questa giunta i comitati d'affari governavano tutta la città. Pensiamo che Ciancimino facesse politica da solo? Perché nessuno ricorda che era alleato di Salvo Lima? Adesso è tornato, più potente di prima, pronto ad orchestrare la campagna elettorale con facce presentabili». Ma la consapevolezza è diffusa anche nella società civile. «Palermo è lo spartiacque della politica nazionale» afferma padre Pintacuda e 'Città per l'uomo' ribatte che «le dimissioni della giunta riguardano il futuro del paese. È una responsabilità che coinvolge l'intera Dc». Per la Fuci locale questa esperienza, amministrativa e culturale, «ha rappresentato per il paese la possibilità di riformare soggetti, contenuti, regole e comportamenti della politica rendendola strumento per governare la realtà squilibrata ed ingiusta piuttosto che gestire l’esistente».

In una lettera ai Verdi firmata da ambientalisti e militanti del Partito radicale si afferma che siamo «di fronte al blocco degli oligopoli e delle consorterie politiche andreottiane e craxiane» che può essere superato soltanto nel momento elettorale. Un'interpretazione parzialmente diversa arriva da Dp. «Orlando non ha mai rotto con la sua appartenenza alla DC - afferma in un documento - e proprio su questo è caduto. Non ha saputo rompere quando ciò sarebbe stato possibile».

di Rino Cascio - Il Manifesto

 

415.        27 gennaio 1990 - sabato

MAGISTRATI, I RAPPORTI TRA MAFIA E POLITICA SONO NEI VOSTRI CASSETTI

Dopo Ciancimino ha attaccato Lima, dopo Lima è arrivato ad Andreotti. Il sindaco Orlando alza il tiro sugli intrecci tra mafia e politica: accusa il presidente del Consiglio di avere preso i voti congressuali degli uomini di don Vito, si scaglia contro lo stato maggiore andreottiano in Sicilia, invita i giudici a stringere i tempi nelle inchieste sui grandi delitti di Palermo. Dalle guerre nella Dc ai legami del crimine organizzato nei Palazzi, tre giorni dopo la caduta della giunta esacolore si riapre un altro fronte di fuoco. È ancora Leoluca Orlando ad infiammare la scena politica, l’ultima polemica la rilancia davanti le telecamere che Samarcanda ha portato dentro le sale di Palazzo delle Aquile. Si è parlato del crollo dell’esacolore, ma soprattutto si è puntato il dito contro il comitato d' affari che vuole riprendersi la città. Il primo obiettivo di Orlando è Giulio Andreotti: Ci sono atteggiamenti veramente indisponenti di autorevoli personaggi del mio partito, a cominciare dal presidente del Consiglio. Parla della vicenda palermitana per dire che non si occupa di Palermo. Parla delle nostre dimissioni e aggiunge di non averne responsabilità perché lui tanto non fa l’impresario di pompe funebri.... Poi il sindaco sferra l’attacco: Credo che sia di gran cattivo gusto esprimere queste valutazioni quando queste vengono fatte da personaggi come l’onorevole Andreotti, che ha avuto in passato, e non soltanto in passato, i voti congressuali degli uomini di Vito Ciancimino e di Salvo Lima. Io credo che Andreotti dovrebbe essere molto più prudente nel parlare, e rendersi conto che qui a Palermo stiamo portando avanti una battaglia importante per la democrazia, nonostante i suoi amici cerchino di impedircelo. Ma Orlando non ce l’ha soltanto con Andreotti e il suo esercito siciliano di fedelissimi. Se la prende con gli amici di Gava che lo hanno silurato, se la prende anche con i socialisti che si sono collocati in una posizione di conservazione a fianco della vecchia Democrazia cristiana. Il sindaco lancia poi un allarme: Ciancimino non era un marziano, né faceva politica da solo, è responsabile di tante cose ma evitiamo di trasformare questo personaggio in una specie di parafulmine per cui alla fine, rimosso Vito Ciancimino, scompare anche il rapporto tra mafia, politica e affari. Un SOS partito dalla Sala delle Lapidi, un’accusa dopo l’altra fino ai delitti che hanno fatto tremare Palermo, gli assassinii del presidente della Regione Piersanti Mattarella, del leader del Pci Pio La Torre, dell’ex sindaco Giuseppe Insalaco. Sono stati tutti uccisi in base ad un disegno politico, ripete Orlando, e ci assumiamo fino in fondo le responsabilità delle affermazioni che facciamo. Il sindaco torna così a riaprire una polemica esplosa nella torrida estate del 1988, quando il Palazzo di Giustizia di Palermo era dilaniato dalla guerra tra Falcone e Meli. Orlando disse che la mafia ha il volto delle istituzioni, fu subito ascoltato dai giudici, seguì un comunicato dei magistrati della procura della Repubblica che in qualche modo ridimensionava alcune sue dichiarazioni. A Samarcanda Orlando è tornato alla carica: Dico con grande serenità, pur sapendo che qualcuno si agita e si agiterà molto, che tutta la collaborazione che potevamo dare ai giudici l’abbiamo data. E aggiunge, lanciando un segnale inequivocabile al Palazzo di Giustizia: La collusione tra mafia e politica è un’acquisizione che è negli atti giudiziari, in tanti cassetti della magistratura. Vorremmo che un bel giorno diventino dibattimento perché si possa recidere definitivamente questo rapporto tra mafia, politica e affari. Un invito nemmeno tanto cifrato ai giudici, per chiudere al più presto inchieste aperte dieci anni fa e che coinvolgono per ora solo presunti autori materiali dei delitti. Dal tribunale nessuno ha voglia di commentare il giorno dopo le dichiarazioni del sindaco, i giudici preferiscono mantenere il silenzio. Ma lo show di Leoluca Orlando a Samarcanda ha scatenato subito reazioni a catena a Roma e a Palermo. Il primo a rispondere al sindaco è stato Roberto Formigoni: Avevo sempre pensato che la partecipazione a Samarcanda fosse gratuita, vedo invece che Orlando ha pagato il biglietto, un biglietto molto salato: un soffietto di notevoli proporzioni ai comunisti e un attacco pesante al governo del presidente del Consiglio pari pari sulla linea del Pci. Di strabismo parla invece il segretario regionale del Psi Nino Buttitta: Siamo ormai a quella che Leonardo Sciascia chiamava l’epopea del cortile. Mi pare che Orlando sia diventato strabico e veda in casa altrui cose che appartengono alle sue frequentazioni di partito. E sull' Avanti! il vicesegretario Di Donato attacca duramente Samarcanda, che in un’ora, 51 minuti e 30 secondi, un tempo televisivamente infinito ha celebrato l’elegia di Orlando, condita con i comprimari del laboratorio di Palermo, dal confessore padre Pintacuda al vicesindaco il comunista Rizzo, agli apostoli della Fede cioè i verdi palermitani, con filmati girati capziosamente da entusiasti e affannati cronisti. Tutto per far venir fuori l’immagine di un sindaco alle soglie della beatificazione. Gli andreottiani di Sicilia, i principali bersagli del sindaco di Palermo, come ribattono alla valanga di accuse scaricate da Orlando? Nessuna risposta dal limiano di ferro Sebastiano Purpura (quelle dichiarazioni non meritano né battute né considerazioni), un attacco alla trasmissione arriva invece da Calogero Pumilia: degna della Bucarest di Ceausescu: giornalisti commossi di fronte al leader, il coro osannante di ben selezionati giovanotti che interpreta la parte del popolo... Sono stati superati tutti i confini della verità e del ridicolo.... Alle accuse di Orlando sulla trasparenza a Palazzo delle Aquile e alla cacciata dei comitati di affari replicano anche due ex sindaci di Palermo, Elda Pucci e Nello Martellucci. Dice la prima: Quando si deve accusare qualcuno, così feci io, bisogna fare nomi e cognomi. Precisa il secondo: Certo Orlando non può riferirsi a me, mi ha pure inviato una lettera in occasione del santo Natale. Un' ultima controaccusa ad Orlando viene da Franz Gorgone, assessore regionale al Territorio, esponente dell’ala dura del Grande Centro, la corrente che ha firmato la fine della giunta di Palermo. In un’intervista al Giornale di Sicilia racconta che ormai in città si respira un’aria da guerra di religione, un clima da Beirut.

di Attilio Bolzoni e Umberto Rosso - La Repubblica pag. 7

 

416.        27 gennaio 1990 - sabato

IN CAMPO A FIANCO DI OCCHETTO PER NON MORIRE DEMOCRISTIANI

Un politologo, Paolo Flores D' Arcais; un giornalista, Alberto Cavallari; un esperto di pubbliche relazioni, Toni Muzi Falconi; un gesuita, Ennio Pintacuda; due docenti universitari, Giangiacomo Migone e Fernando Bandini; un sindacalista, Antonio Lettieri. Quasi tutti senza partito. Intellettuali di sinistra, di quella sinistra sommersa che mai si è riconosciuta nel Pci, ma che è rimasta al centro dell’elaborazione teorica di Achille Occhetto, al momento di affrontare il tema della costruzione di un partito nuovo della sinistra. Ad Occhetto i sette hanno creduto e dalle pagine dell’Espresso, nelle scorse settimane, hanno lanciato un appello al mondo della cultura affinché sostenga la svolta decisa dal segretario comunista……

di Antonello Caporale - La Repubblica pag. 6

 

417.        27 gennaio 1990 - sabato

LA SVOLTA PCI, INCANTA 200 INTELLETTUALI

di Maurizio Caprara - Corriere della Sera

 

418.        27 gennaio 1990 - sabato

UNA RETE DI TANTI SI

Molte adesioni all’appello di Flores, Migone, Pintacuda, Lettieri

di Guido Moltedo - Il Manifesto

 

419.        27 gennaio 1990 - sabato

PCI, ARRIVANO GLI INTELLETTUALI DISORGANICI

………………I sette si sono presentati ieri alla stampa, C’erano Paolo Flores d'Arcais, politologo quarantenne…Assenti giustificati gli altri tre: Fernando Bandini, Ennio Pintacuda e Alberto Cavallari. Nessuno iscritto al Pci, ma rispetto al Pci intendono operare e darsi da fare. Per che cosa? ….

di Nino Bertolari Meli - IL MESSAGGERO

 

420.        27 gennaio 1990 - sabato

Gli intellettuali del si pongono condizioni a Occhetto: efficienza e glasnost

CON IL PCI, MA A QUESTI PATTI

di Alberto Rapisarda - La Stampa

 

421.        28 gennaio 1990 - domenica

UN ADDIO A PALERMO?

……………C'erano le ragazze e i ragazzi del Coordinamento antimafia, con quell'italiano allegro e forte che è Carmine Mancuso. C'era padre Pintacuda, che non mi ha mai chiesto se credessi nel padreterno eppure ogni volta mi accoglieva come un fratello. C'era il sindaco Orlando che m'aveva fatto sentire cittadino di una Palermo che prima rifiutavo. C'erano i giudici del pool antimafia, Caponnetto, Falcone, Borsellino, Di Lello, Ayala e altri simili a loro capaci di dare una speranza a chi non voleva un'Italia fradicia. E c'erano, soprattutto, tanti amici sconosciuti, la gente di una certa Palermo, la gente che avevo visto con Nando dalla Chiesa all'incontro per il suo Delitto Imperfetto, e che avrei trovato ancora qualche mese fa, a Villa Niscemi, per discutere di un mio malloppo sulla polimafia. E adesso?...................

di Giampaolo Pansa - Panorama

 

422.        4 febbraio 1990 - domenica

OCCHETTO ALLA CONQUISTA DELLA SINISTRA SOMMERSA

di Federico Orlando - Il Giornale

 

423.        7 febbraio 1990 - mercoledì

FRA DEMOCRAZIA E REGIME

Il caso Palermo non riguarda solo la giunta Orlando, anche se il traguardo politico raggiunto nel cammino della città ha dato ai cittadini la possibilità di esprimersi con libertà, dopo il lungo dominio esercitato da un sistema di potere inquinato. Ma non che la città di Palermo. non avesse fatto progressi prima d'ora. Nessun cambiamento nella società ha vero significato se non si traduce in fatti politici. Infatti, sono soltanto apparente segno di modernità tutte le trasformazioni che non si traducono nella reale possibilità dei cittadini di essere protagonisti e di potere costruire essi stessi la propria città.

Questa verità vale molto nel caso Palermo; non si può negare che nel passato vi erano stati dei progressi nella vita economica e sociale, nello sviluppo urbanistico, nel tenore di vita della gente, tuttavia il sistema di potere che la dominava aveva un'organica presenza di un potere oppressivo e violento quale è quello della mafia. Lo sviluppo pertanto era essenzialmente inquinato, e non era pertanto produttivo di una vera liberazione della gente. Le condizioni reali erano tali da mortificare ogni dignità umana. Ecco perché il traguardo raggiunto di un governo della città espressione del coinvolgimento della società civile, è finalizzato al vero bene comune, può definirsi come il vero grande traguardo raggiunto ed un momento apicale.

A Palermo è avvenuto quello che si vuole accada nei paesi dove si sta conquistando libertà e possibilità di far politica, come in Romania, in Polonia e con la perestroika di Gorbaciov ecc.

Nel caso Palermo, una giunta, un governo quali quelli degli ultimi anni, costituiscono pertanto la tappa più importante di un lungo e complesso cammino che è segno e realtà di liberazione, contenuto e immagine. Nel far politica, pertanto, si ha il segno della libertà. Questa tappa però ha comportato cambiamenti radicali nella coscienza sociale della gente, nel modo di intendere il proprio impegno sociale, e nel rapporto delle istituzioni con la comunità; e tra queste indubbiamente l'esempio più palpabile è quello del palazzo di giustizia, in specifico riferimento ai processi di mafia e ai delitti politici. Nel passato anche non lontano della città di Palermo, su tutti questi aspetti del vivere sociale pesavano gli influssi di un potere di oppressione sull'uomo che è quello mafioso. Il caso Palermo è complesso ed è pertanto insipiente e di basso profilo descriverlo nel modo di essere della giunta: esacolore, pentacolore, con i socialisti, senza i Socialisti, ecc.

La chiave di analisi è quella che usa come discriminante il dominio del sistema politico-mafioso, oppressivo dell'uomo, ovvero, modello in cui la gente vive come protagonista del proprio vissuto. A differenza, pertanto, del passato la libertà della gente non può non esprimersi in un modo di governare la città. La giunta che è stata costretta alle dimissioni costituiva una vera liberazione raggiunta.

Non è allora fuori posto temere che un ritorno al passato ed il rigetto di un'esperienza di nuova politica costituiscano il rientro di forze e di interessi che abbiamo già sperimentato per le oppressioni, le violenze e le speculazioni operate.

La complessità del caso Palermo, inoltra, è data dal fatto che esso costituisce un paradigma significativo di tutta la situazione in cui versa la democrazia nel paese.

Quanto con paradossalità è avvenuto nella città di Palermo e che abbiamo attribuito ben a ragione alla mafia, è quello che sta avvenendo nei rapporti tra concentrazione economica e democrazia, modelli di governo e democrazia, riforme istituzionali e democrazia, per portare taluni esempi. È la condizione di regime. La verità è che dobbiamo affermare che il caso Palermo costituisce la coscienza critica della democrazia italiana, è come la voce di Giovanni Battista, di cui fu chiesta la testa. Il gioco è veramente difficile ed i rischi sono enormi per tutto il paese. Quanto è avvenuto a Palermo fa cessare una speranza per lo sviluppo democratico del nostro paese.

di Ennio Pintacuda S. J.

 

424.        8 febbraio 1990 - giovedì

IL DOPPIO ALLEATO DEL FRONTE DEL SI'

C' è sempre più gente che ci telefona per dire che non gli piace l’etichetta di sinistra sommersa. Ha ragione. Sabato mattina, infatti, nasce la sinistra dei club. Paolo Flores sorride. A due giorni dall' appuntamento del cinema Capranica di Roma, ci sono oltre mille firme sotto l’appello Per un nuovo partito della sinistra che Flores ha lanciato con Alberto Cavallari, Toni Muzi Falconi, Gian Giacomo Migone, padre Ennio Pintacuda, Fernando Bandini e Antonio Lettieri. Le migliori carte del segretario Sono i personaggi della sinistra senza partito che hanno offerto ad Occhetto una delle carte migliori per rispondere a chi gli chiede con chi? L' altra è quella costituita dai professionisti della politica raccolti attorno a Vittorio Foa e Antonio Giolitti, il gruppo di teste d' uovo e di parlamentari della Sinistra indipendente che si sono già messi al lavoro per mettere a fuoco gli elementi programmatici del futuro partito, e che a loro volta hanno lanciato appelli e raccolto adesioni……

di Stefano Marroni - La Repubblica pag. 12

 

425.        10 febbraio 1990 - sabato

OCCHETTO SENZA OSTACOLI

Con oltre il 65,1 per cento dei voti a poco meno di metà corsa, per Occhetto la strada di una larga vittoria congressuale è ormai in discesa. Dall' Emilia, continuano ad affluire risultati che da soli sembrano destinati a garantire al segretario quasi un terzo dei delegati alle assise di Bologna. ……Per un nuovo partito della sinistra lanciato da Paolo Flores d' Arcais, Alberto Cavallari, padre Ennio Pintacuda, Gian Giacomo Migone, Antonio Lettieri, Toni Muzi Falconi e Fernando Bandini……

La Repubblica pag. 9

 

426.        11 febbraio 1990 - domenica

UNA MAGNIFICA AVVENTURA

Nuovo inizio, rinascita. La svolta di Achille Occhetto ha raggiunto la sinistra senza voce e senza partito. L’ha scossa e l’ha fatta riemergere. La sinistra sommersa ha chiamato a raccolta i suoi militanti. Nessuno dubitava che fossero in tanti. Il dubbio, semmai, era un altro: che non tutti rispondessero, puntuali, all' appello. Così avranno pensato i sette intellettuali (Cavallari, Flores D' Arcais, Pintacuda, Bandini, Migone, Lettieri e Muzi Falconi) al momento di indire la prima assemblea nazionale dell’Altra sinistra: sinistra appena ribattezzata dei club. Hanno infatti messo a disposizione dei partecipanti la sala del cinema Capranica, nel cuore di Roma. Abbiamo peccato di modestia ha ammesso Lettieri dal palco quando ci si è accorti che i mille posti a sedere risultavano assolutamente insufficienti. Centinaia di persone hanno dovuto sostare tra i corridoi, lungo le scale, in piazza.

di Antonello Caporale - La Repubblica pag. 8

 

427.        17 febbraio 1990

Savona

 

428.        22 febbraio 1990 - giovedì

VINCEREMO ALL' OPPOSIZIONE

Leoluca Orlando è soddisfatto. Dalla sinistra dc, passata all' opposizione, ha ottenuto il massimo della solidarietà possibile. È convinto che l’unità del suo partito si è giocata in buona parte sul caso Palermo e che vincerà la sua battaglia dall' opposizione. Direi che l’esperienza palermitana esce assai rafforzata da questo consiglio nazionale. La sinistra del partito ha riconosciuto il valore alto di questa esperienza, l’ha difesa con grande forza, ed è passata, a seguito di questa vicenda palermitana, all' opposizione. Credo che sia un fatto importante, che testimonia come il caso Palermo sia sempre un caso nazionale. ……..E' per questo che socialisti, missini, liberali e repubblicani hanno messo in moto il meccanismo delle dimissioni per provocare l' autoscioglimento del Consiglio comunale e la nomina di un commissario. Una soluzione per la quale occorre il sì della Democrazia cristiana. Sebastiano Purpura, per gli andreottiani, ha fornito una disponibilità di massima, ma ogni decisione resta affidata al neosegretario provinciale democristiano. E mentre i partiti affilano le armi per la battaglia elettorale, le associazioni e i movimenti, da sempre vicini all' esacolore, presentano l’idea-progetto della città di Palermo da sottoporre ad una convenzione della società civile. Un patto federativo, sottoscritto tra gli altri da padre Ennio Pintacuda, da Carmine Mancuso, dal giudice Giuseppe Di Lello, che impegni le forze politiche di progresso su programmi e su candidati che assicurino la continuità con la politica del rinnovamento.

di Alessandra Ziniti - La Repubblica pag. 4

 

429.        1° marzo 1990 - giovedì

LA LEGA STRIZZA L' OCCHIO ALLA RETE

Articolo

 

430.        2 marzo 1990 - venerdì

DAI SOCIALISTI SEGNALI DI PACE AL PCI E RUFFOLO CHIEDE 'UNITA' D' AZIONE

Nasce nel Psi una nuova corrente? Si coagulano umori anti-Craxi? Il convegno tenuto ieri da un gruppo di sindacalisti socialisti di diversa estrazione sembra fatto apposta per suscitare questi dubbi e per lasciarli galleggiare nell' aria……. Rivolto ad Achille Occhetto, Ottaviano Del Turco ha chiesto che cosa intende fare il segretario del Pci con i due terzi del partito che gli danno ragione, con chi vuole allearsi, con quali filoni culturali pensa di incontrarsi: Se sceglierà l’orizzonte riformista troverà noi e gente come noi, altrimenti troverà padre Pintacuda. Servendosi di un richiamo storico - Saragat che diventò presidente della Repubblica quando il partito socialdemocratico era al tramonto - Del Turco ha lanciato indirettamente a Craxi un avvertimento, quando ha detto a noi non interessa cambiare gli inquilini al Quirinale, ma cambiare un po' questo Paese. Massima apertura di credito verso la svolta del Pci da parte di Giorgio Ruffolo………

di Vittoria Sivo - La Repubblica pag. 5

 

431.        4 marzo 1990 vedi foto ???

 

432.        9 marzo 1990 – venerdì

Senigallia

 

433.        10 marzo 1990 - sabato

INGRAO, IL TRIONFO DELLO SCONFITTO

Non si è mai visto un partito comunista in grado di discutere in questo modo. Per gente come noi, di sinistra ma non comunisti, questa vicenda è il segno che il Pci ancora una volta si distingue per la sua originalità. Il giudizio è di Antonio Lettieri, segretario confederale della Cgil, uno dei promotori dell’appello alla sinistra sommersa. Ieri Lettieri, con Giangiacomo Migone e Luciano Ceschia, anch' essi firmatari insieme a Paolo Flores D' Arcais, Alberto Cavallari, Ennio Pintacuda e Toni Muzi Falconi dell’appello, ha presentato al Palasport il volume Una magnifica avventura. Dalla sinistra sommersa alla sinistra dei club, in cui sono raccolti tutti gli interventi, le adesioni e i messaggi dell’assemblea che si è svolta qualche settimana fa in un cinema romano. I club sono già in grande espansione: le firme finora raccolte sono più di millecinquecento e i circoli spontanei nati in tutta Italia una trentina.

di Stefano Marroni - La Repubblica pag. 5

 

434.        10 marzo 1990 - sabato

Padre Pintacuda a Macerata.

Incontro cittadino c/o la Facoltà di Giurisprudenza su "La riforma della politica e le nuove rappresentanze"

 

435.        11 marzo 1990 - domenica

Padre Pintacuda a Tolentino

 

436.        13 marzo 1990

Palermo. Iniziativa del Coordinamento Antimafia

 

437.        23 marzo 1990 - venerdì

ACCELERIAMO LA RIFORMA DELLA POLITICA

La Sinistra dei club scrive a Craxi. In una lettera aperta Ferdinando Bandini, Paolo Flores D' Arcais, Antonio Lettieri, Gian Giacomo Migone e Toni Muzi Falconi (gli altri due firmatari dell' appello che ha dato origine alla Sinistra dei club, Alberto Cavallari e padre Ennio Pintacuda, non sono stati rintracciati) invitano il segretario del Psi, in occasione della conferenza programmatica di Rimini, ad accelerare il processo verso la riforma della politica avviata con la svolta di Occhetto per trasformare il disgelo tra Pci e Psi in confronto, dialogo, unità. Uno dei punti di possibile accordo a breve termine, secondo i firmatari, è quello della riforma istituzionale. La necessità della riforma è stata di recente ribadita dai dirigenti socialisti e ha ricevuto da parte comunista la risposta di una disponibilità totale senza preclusioni. Esistono quindi le premesse per una riforma che offra al cittadino la possibilità di scegliere direttamente sindaci, presidenti delle regioni, premier, votando le coalizioni che si contenderanno il governo a livello locale e nazionale.

La Repubblica pag. 3

 

438.        24 marzo 1990 – sabato

Badia Polesine – Centro Giovanile “Papa Luciani”

Padre Pintacuda partecipa come relatore ad un incontro pubblico

 

439.        25 marzo 1990 – domenica

Adria – Ore 10,00 Ridotto del Teatro Comunale

Organizzato dal Movimento Cristiano Sociale

Padre Pintacuda partecipa come relatore ad incontro pubblico

Tema: RINNOVAMENTO DELLA POLITICA

 

440.        25 marzo 1990 - domenica

A SINISTRA DI DIO

Da Palermo a Roma, a Torino i figli di Loyola risfoderano la spada. Contro la Dc. «Panorama» racconta nomi, pensieri, azioni.

Roma: padre Giuseppe De Rosa fustiga i partiti; la Dc, ormai ha poco di cristiano, il Psi, addirittura, quasi più nulla di socialista. A Torino: giunta pentapartito con sindaco socialista; padre Eugenio Costa denuncia, assieme a un gruppo di intellettuali cattolici, un modo distorto e spregiudicato di amministrare. A Genova: padre Pietro Millefiorini dirige una scuola di formazione politica; il Pci, alla ricerca di liste aperte per le elezioni del 6 maggio, spera di attingere a piene mani. A Palermo: padre Bartolomeo Sorge profetizza il suicidio politico dell‘attuale DC e predica I’ esigenza di una costituente cattolica; padre Ennio Pintacuda, ispiratore della giunta di Leoluca Orlando, firma il documento della sinistra sommersa in appoggio del nuovo Pci. A Milano: padre Angelo Macchi, indicato come amico di CL, fa invece quadrato intono alla Dc, contro quel che rimane del Comunismo.

De Rosa, Costa, Millefiorini, Sorge, Pintacuda, Macchi. Tutti padri gesuiti. Tutti attentissimi all'Italia della politica, dentro e fuori del Palazzo. Questi religiosi acuti, talvolta in contrasto tra loro, spesso scomodi, anche per la Chiesa, sono i leader di una sorta di partito? Al solo sentir parlare di partito dei gesuiti, Federico Lombardi………….

di Antonio Paladino - Panorama

 

441.        25 marzo 1990 - domenica

PRIMA DI TUTTO, SACERDOTI

Intervista           Panorama        70-71

 

442.        25 marzo 1990 - domenica

MARX NO, OCCHETTO SI

di Giorgio Galli – Panorama pag. 73, 74

 

443.        1° aprile 1990 - domenica

IL CAPO DEI GESUITI DIFENDE SORGE E I PALERMITANI

I gesuiti scrivono di politica, ma non fanno politica. E non c' è una politica della Compagnia di Gesù: forse ci sono venticinquemila opinioni politiche, tante quante sono oggi le teste dei figli di Sant' Ignazio di Loyola. È quanto afferma il Preposito generale dei gesuiti, Peter Hans Kolvenbach, in un libro-intervista, Fedeli a Dio e all' uomo, delle edizioni Paoline, a cura di Renzo Giacomelli, giornalista di Famiglia cristiana. Kolvenbach parla di Civiltà cattolica, degli articoli che la rivista quindicinale pubblica regolarmente sulla politica italiana e fa capire che, sia pure non ufficialmente né ufficiosamente, essa riflette semmai l’opinione del Vaticano. Il superiore generale parla anche del Centro Arrupe di Palermo, che ha come esponenti i noti gesuiti padre Sorge e padre Pintacuda, e sostiene che questi compiono bene la loro missione di educatori alla politica. Il mestiere di cronisti. Dovrebbe essere arcinoto, afferma il Preposito generale della Compagnia, che non esiste una politica dei gesuiti. Esistono, semmai, dei gesuiti che scrivono di politica, ma quando lo fanno non esprimono certo una linea politica della Compagnia. Fanno semplicemente il loro mestiere di cronisti e di commentatori della politica. Come esempio, Kolvenbach prende il caso di Civiltà cattolica. Ogni quindici giorni, afferma, sui giornali italiani si presentano i commenti politici di questa rivista, attribuendoli genericamente ai gesuiti, mentre tutti sanno che Civiltà cattolica è piuttosto un periodico tradizionalmente legato più alla Santa Sede che alla stessa Curia generalizia della Compagnia di Gesù, senza essere un portavoce né ufficiale né ufficioso del Vaticano. Oltre a ciò, posso garantire che non esiste una politica dei gesuiti: credo anzi che di opinioni politiche ce ne siano circa venticinquemila, cioè una per ogni membro della Compagnia. Come mai, allora, per esempio se si parla del Centro Arrupe di Palermo, i gesuiti sono accusati di immischiarsi nella politica? I gesuiti di Palermo, replica Kolvenbach, hanno giustamente sentito il dovere di rispondere con una proposta educativa alle esigenze della questione morale, che non riguarda solo l’onestà degli uomini politici, ma la corruzione diffusa nel funzionamento delle stesse istituzioni. In questa, come in analoghe iniziative dei gesuiti, non c' è alcun disegno nascosto per indirizzare il gioco politico in una determinata direzione, anche se i gesuiti, a Palermo come altrove, hanno il diritto e il dovere di assumere, a seconda dei casi, posizioni di solidarietà o di critica verso chi, soprattutto nelle situazioni sociali più difficili, pone segnali o fatti che aiutano o bloccano il giusto sviluppo della comunità umana. Un difficile comportamento. Si chiede al gesuita prosegue Kolvenbach di non essere un esponente della politica di un partito, un uomo che agisce in nome di una istituzione o di una ideologia. Questo è un comportamento tutt’altro che facile, poiché un Centro sociale non può assolvere alle sue funzioni senza tenersi in contatto con le realtà politiche e senza accettare responsabilità in merito alla ricerca che esso effettua su istituzioni, ideologie e partiti politici. Richiesto se ammetta il pluralismo politico dei cattolici, il superiore generale dei gesuiti ha risposto: In linea generale direi di sì, ma occorre guardare alla situazione concreta dei vari paesi. Ad esempio, non è escluso che in Italia l’episcopato ritenga necessaria, per salvaguardare i valori del Vangelo, una coerenza politica dei cattolici. D' altra parte, è possibile che in altri paesi gli episcopati, a causa di situazioni politiche diverse, non abbiano questa preoccupazione.

di Domenico Del Rio - La Repubblica pag. 6

 

444.        6 aprile 1990 - venerdì

GLI ANNI VISSUTI PERICOLOSAMENTE LOTTANDO NELLE CITTA' DELLA MAFIA

…..Sala delle Lapidi, la splendida aula consiliare del Comune di Palermo, era piena come al solito. Da una parte studenti, operai, poliziotti, ragazzi e ragazze. Dall' altra l’ex sindaco Leoluca Orlando, il presidente del coordinamento antimafia Carmine Mancuso, il segretario regionale del Pci Pietro Folena, il vicedirettore di Repubblica Giampaolo Pansa, l’ex assessore verde Letizia Battaglia. Tutti intorno a Nando Dalla Chiesa, autore di 270 pagine sull' Italia che non ha accesso all' informazione e non ha santi in paradiso. A Palermo s' è presentato l’ultimo libro del sociologo milanese: Storie di boss ministri tribunali giornali intellettuali cittadini.  In prima fila anche il gesuita Ennio Pintacuda e l’editore, Giulio Einaudi. Nella Sala delle Lapidi s' è parlato di un libro che serve per non perdere la memoria….

La Repubblica pag. 8

 

445.        10 aprile 1990 - martedì

ANCHE A FIRENZE SI È COSTITUITO IL CLUB DELLA SINISTRA SOMMERSA

Anche a Firenze si è costituito il club della sinistra sommersa. L' iniziativa è nata a seguito di quelle per la costituzione di una nuova forza politica della sinistra italiana a cui hanno aderito, fra gli altri, padre Pintacuda, Tonino Lettieri, Giangiacomo Migone, Paolo Flores d' Arcais. Animatori dell’esperienza fiorentina del club sono i docenti universitari Anna Scattigno e Bruno Accarino, i sindacalisti della Cgil Giuliano Giuliani e Antonio Lazzaro, il fondatore della rivista Testimonianze Severino Saccardi, redattori della rivista Il ponte. Obiettivo dichiarato del club è quello di partecipare attivamente alla fase di preparazione della costituente della nuova forza politica sostenuta dal segretario del Pci Achille Occhetto.

La Repubblica pag. 4

 

446.        12 aprile 1990 - giovedì

SUL VOTO CATTOLICO POLETTI 'RETTIFICA

I vescovi italiani non hanno cambiato atteggiamento sull' orientamento politico dei cattolici, le illazioni afferma un comunicato emesso dal presidente della Cei, cardinal Ugo Poletti tendenti a prefigurare un mutamento nelle posizioni costantemente espresse dall' episcopato italiano circa gli orientamenti politici dei cattolici, sono destituite di ogni fondamento. La puntualizzazione non si è fatta attendere. Poletti, in sostanza, smentisce ogni interpretazione delle sue parole che suoni come la sanzione di un ciclo storico giunto a conclusione, quello segnato dalla unità politica dei cattolici. Dice in sostanza il cardinale che la Chiesa ha sempre tenuto distinte la sfera della fede da quella dell’impegno politico. ………Donat Cattin sembra persino diffidare del pulpito da cui viene l’appello alla costituente: I padri gesuiti dice sono sempre stati vicini a qualcuno. Padre Tacchi Venturi è stato vicino a Mussolini. Due padri gesuiti sono stati amici della famiglia Berlinguer. Padre Macchi si è occupato di Fanfani. Ho fretta di morire per scoprire chi fosse il gesuita vicino a Stalin. Al centro, gli uomini della segreteria democristiana negano ritardi e attendismi e, con Pierferdinando Casini, invitano Sorge a chiarire contenuti e metodi della costituente, che altrimenti rischia di essere una cosa vuota e indefinita. Il dibattito esce anche oltre l’ambito democristiano. Stando a quanto riferito dall' agenzia Adn Kronos la proposta di Sorge troverebbe perplesso padre Ennio Pintacuda, l’altro animatore del centro Arrupe di Palermo. La vera novità è la nascita di aggregazioni diverse rispetto al passato. Il vero spartiacque è rappresentato dal progetto di sviluppo, dalla capacità che le forze di sinistra e di progresso dimostreranno nel fissare nuove regole per una maggiore partecipazione dei cittadini.... E davanti a queste prospettive, anche i partiti come tali sono obbligati a dividersi, a scegliere, a rinnovarsi. A sinistra, la proposta di Sorge suscita reazioni secondo uno schema prevedibile. Agli echi favorevoli del Pci fa’ da controcanto il sarcastico commento di Craxi: Non conosco il saggio di padre Sorge e non so cosa sia questa proposta di costituente. Ma se è un saggio consigliato dall' ordine dei gesuiti vedrò di leggerlo.

di Alberto Stabile - La Repubblica pag. 2

 

447.        25 aprile 1990 - mercoledì

UN NUOVO PATTO GENTILONI? COMMENTI

L' INIZIATIVA di rifondazione di un nuovo partito da parte dei comunisti italiani è un’impresa destinata a suscitare dibattito, a creare parole. Non sempre la parola è produttiva della cosa, come viene chiamata ora la nuova formazione: forse con riferimento a un testo di Heidegger, visto il ruolo che in essa hanno i filosofi. Tra le parole emerse vi è anche la domanda se dei cattolici possano aderire in quanto tali alla nuova formazione, visto che essa rinuncia a qualunque predefinizione ideologica e affida il suo contenuto alla scelta dei suoi aderenti. L' idea che dei gruppi cattolici possono essere presenti in qualche forma alla nuova iniziativa è discussa negli interventi, pubblicati sulla rivista MicroMega, di Pietro Scoppola e di Bartolomeo Sorge. La loro posizione è diversa. Sorge propone una costituente cattolica proprio per battere in breccia la proposta di Occhetto e riconvogliare quei cattolici che dissentono dalla Dc su una rinnovata sinistra democristiana: egli arriva ora, come Pintacuda, già promotore della sinistra dei Club pro-Occhetto, a preferire Natta e Ingrao alla proposta di costituente del segretario comunista. Costituente cattolica contro costituente comunista: il disegno non potrebbe essere più scoperto. E spiega infine la scelta di Leoluca Orlando di candidarsi come capolista della Dc a Palermo, pur continuando a dire che la Dc è spaccata e che la parte cui lui non appartiene è mafiosa in Sicilia e pro-mafiosa in Italia………

di Gianni Baget Bozzo - La Repubblica pag. 8

 

448.        27 aprile 1990 - venerdì

A PALERMO È ACCADUTO, E SE NAPOLI

di Luigi Cancrini - L'Unità

 

449.        29 aprile 1990 - domenica

MINACCE DI MORTE AI GESUITI PALERMITANI

Minacce di morte ai due gesuiti Sorge e Pintacuda e al presidente del Coordinamento antimafia Mancuso. Un messaggio anonimo è giunto ieri, per posta, alla redazione palermitana dell’Ansa. Un solo foglio: nella parte superiore le fotografie dei tre personaggi minacciati, riprodotte in fotocopia da immagini prese dai giornali; in basso il macabro avvertimento, racchiuso in due sole parole muore e massacro composte con lettere ritagliate da titoli di giornali. La busta è stata spedita da Palermo, come conferma il timbro di due giorni fa. E nell' indirizzo, scritto con una penna a sfera e in stampatello, l’anonimo ha commesso un errore grammaticale: ha inviato la lettera al direttore l’agenzia Ansa. I due gesuiti e Mancuso erano finiti sotto il tiro delle minacce già in altre occasioni, sempre con il sistema delle lettere anonime alle agenzie di stampa. Una serie di avvertimenti, iniziati nella caldissima estate dell’88, che ha fatto scattare l’allarme. Bartolomeo Sorge, direttore del Centro di formazione politica Pedro Arrupe, ed Ennio Pintacuda che oltre ad insegnare nella stessa scuola è assai vicino ad Orlando sono così da due anni scortati dalla polizia. Sotto protezione anche Carmine Mancuso, ispettore di Polizia, che guida l’associazione Coordinamento antimafia. Nei momenti più delicati e difficili del caso Palermo ricorrere alle minacce di morte è quasi diventata una drammatica costante. Macabri messaggi contro Ninni Cassarà, il questore poi assassinato, fotografato accanto al giudice Falcone, e contro altri uomini della Polizia, come il commissario Saverio Montalbano e alcuni dirigenti provinciali del Siulp.

La Repubblica pag. 2

 

450.        12 maggio 1990

Trieste

Padre Pintacuda partecipa come relatore ad incontro pubblico

 

451.        23 maggio 1990 - mercoledì

COL VANGELO E LA SCORTA CONTRO IL DIAVOLO – MAFIA

…….Allora, a Palermo, andiamo a trovare padre Sorge, che ha fatto irritare la ' ndrangheta di Locri. Al Centro Pedro Arrupe, nel cortile, subito dietro il cancello, c' è una macchina della polizia. Quattro agenti col mitra bloccano il visitatore. È la scorta armata di Bartolomeo Sorge e di Ennio Pintacuda, i due gesuiti responsabili del Centro di studi politici. Quando esce, Sorge è preso in custodia dovunque vada. Pochi giorni prima era venuta una troupe della televisione francese a girare un documentario. I francesi hanno esagerato un po’. Davanti alle telecamere, gli uomini della scorta hanno dovuto fare i Rambo. Sorge è stato ripreso mentre andava alla libreria delle Paoline. I poliziotti si sono piazzati a gambe larghe, coi mitra spianati, all' entrata del negozio. Una suorina si è spaventata ed è corsa a vedere che cosa succedeva. Padre Sorge, che cosa è avvenuto a Locri? È avvenuto racconta il gesuita che un mese fa sono stato invitato dal vescovo di Locri, Antonio Ciliberti, a tenere una conferenza nel teatro dei Salesiani sul tema della Chiesa che risponde alla sfida della mafia. Ho fatto vedere l’incompatibilità tra cultura mafiosa e testimonianza cristiana. Ho usato parole forti, quando ho parlato della vedova con due figli, cui la mafia aveva ucciso il marito, ricattata dopo che si era costituita parte civile: le hanno fatto sapere che le avrebbero ucciso i figli, se non si ritirava. Allora dissi: Dove siamo noi cristiani? Se la Chiesa deve essere credibile quando si fa voce di chi non ha voce, come per il bambino non nato, perché non dovrebbe farsi voce anche di coloro ai quali la mafia, con la lupara, toglie la voce? Presentiamoci tutti: preti, vescovi, religiosi, fedeli, aderenti ai movimenti... Non so se la mafia avrà tanto piombo da ammazzarci tutti! Il piombo, alle dieci di sera, lo hanno piantato con colpi di lupara nella porta della curia vescovile. L' ingresso del teatro dei Salesiani lo hanno cosparso di benzina e vi hanno dato fuoco. Per fortuna, l’incendio è stato spento in tempo.

di Domenico Del Rio - La Repubblica pag. 7

 

452.        24 maggio 1990 - giovedì

AL PIU' PRESTO UN INCONTRO ANTIMAFIA - REGIONE SICILIA

Ci sarà al più presto un incontro tra Regione Sicilia e Commissione antimafia. Il presidente della Regione siciliana, Rino Nicolosi, lo ha concordato con il senatore comunista Gerardo Chiaromonte, che presiede la Commissione. L' iniziativa fa seguito alla visita di una delegazione della stessa Commissione a Palma di Montechiaro, e alle dichiarazioni dei vicepresidenti Cabras e Calvi, i quali hanno parlato di pesanti responsabilità della Regione. Il presidente della Regione è detto in una nota ritiene che si renda necessaria una verifica, nella sede propria, degli elementi acquisiti dalla Commissione. A Palma di Montechiaro i membri dell’Antimafia avevano ascoltato amministratori comunali, rappresentanti sindacali e professionisti. Al termine della visita il senatore Calvi aveva parlato di luogo del pessimismo, dove è trasparente la carenza della risposta dello Stato. Intanto ieri, il senatore dc Elio Fontana, membro della Commissione antimafia, ha chiesto che l’organismo parlamentare ascolti al più presto l’ex sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, padre Pintacuda e il giudice Di Maggio.

La Repubblica pag. 3

 

453.        25 maggio 1990 - venerdì

LA PAURA PER UN' ALTRA ESTATE DEI VELENI

Il procuratore generale Pajno è soddisfatto: Il comunicato finale del Quirinale è un riconoscimento alla serietà e all' impegno, svolti al limite del sacrificio, dei magistrati palermitani. Più di questo non potevamo chiedere. Ieri, nella tarda mattinata, ha convocato nel suo ufficio gli uomini del pool della Procura e i giudici istruttori Guarnotta e Natoli, titolari rispettivamente dell’inchiesta La Torre e di quella Mattarella. Ci sono quasi tutti i dodici firmatari del documento di risposta ad Orlando, anche se manca proprio Falcone impegnato fuori Palermo. Il fronte dei magistrati questa volta sembra unito, ma Giuseppe Di Lello, giudice delle indagini preliminari, è tutt' altro che ottimista: Chi gioisce per questa vittoria di Pirro dimostra di non avere capito la gravità del momento. Non voglio riacutizzare le polemiche ma una vicenda simile può avere conseguenze pesanti. Stiamo assistendo all' inizio di un’altra estate di veleni che non vedrà né vincitori né vinti, ma delegittimerà ulteriormente il fronte antimafia. E Giacomo Conte, l’unico giudice istruttore del disciolto pool che non ha firmato la risposta ad Orlando, preferisce non commentare le decisioni di Cossiga. In ogni caso, si profila una nuova estate difficile e caldissima. Lo lascia chiaramente intendere il giudice Guarnotta: Il caso Palermo è appena all’inizio.... Torneranno gli ispettori di Vassalli, si rimetterà in moto palazzo dei Marescialli, e nell' immediato c' è da valutare in termini giudiziari l’accusa di Orlando. La partita è delicata ripete il procuratore generale nessuno può far passi sbagliati, anche se involontariamente. Intanto, non restano che cinque mesi per risolvere i delitti politici palermitani: entro il 24 ottobre prossimo, come prevede il nuovo Codice, dovranno concludersi le indagini condotte con il vecchio rito. Archiviazione oppure rinvio a giudizio. Diversamente tutto da rifare seguendo il nuovo rito. Non c' è tempo da perdere, meglio non parlare e lavorare dice il giudice Natoli. Ci sono cinque mesi per chiudere quelle inchieste e un’estate di mezzo. A pensarci sudo freddo. Consensi all' iniziativa di Cossiga arrivano anche dai politici, anche se con diverse sfumature. Per il presidente Nicolosi la gravità della presenza della mafia in Sicilia ha trovato il più alto livello di sanzione istituzionale. Anche padre Pintacuda, il consigliere spirituale di Orlando, non è contrario: Il problema di Palermo non è Orlando ma è la mafia. Il sentimento che anima il presidente della Repubblica è quello che abbiamo sempre sostenuto noi. Finché non c' è certezza sui delitti politici cresce il sospetto che a lungo andare è destabilizzante. Ecco Pietro Folena, segretario regionale comunista: Ci auguriamo che a questo intervento straordinario possano seguire anche nei prossimi giorni elementi concreti di novità sulla lunga catena dei delitti politici di mafia a Palermo. Non la pensa così invece il deputato Vito Riggio, area Cisl, che dice: L' intervento di Cossiga dimostra che la lotta alla mafia non può essere strumentalizzata per tornaconti personali.

di U.R. - La Repubblica pag. 2

 

454.        25 maggio 1990 - venerdì

DE MITA SI SCHIERA CON IL SUO EX ALLIEVO

Ad albero caduto, accetta, accetta... dice il proverbio siciliano che recita a Montecitorio il deputato della sinistra dc Vito Riggio, tradizionalmente non legato ad Orlando, eppure adesso deciso a sostenerlo. Di fronte a questo coro di gente che lo vuol liquidare spiega Riggio anche se credo che abbia sbagliato, altri hanno più torto di lui. Lo scambio di biglietti. Ed è proprio in questo continuo confronto tra Leoluca Orlando e quelli che stanno dall' altra parte che si misurano i giudizi politici sulla vicenda siciliana. Il comunicato di Cossiga non era stato ancora letto nella sua interezza, né interpretato fino in fondo che già si organizzavano le truppe d'assalto degli oppositori dell’ex sindaco. La parola d' ordine, semplice e gelida: Orlando è stato delegittimato dal Capo dello Stato; non può fare il sindaco. Addirittura, in ambienti vicini al presidente del Consiglio si cominciava a far circolare la voce che potrebbe essere Rino La Placa, appena rieletto capogruppo dc al comune, a ricevere l’eredità di Orlando. Un tentativo di rompere le file, di mettere gli uni contro gli altri. Di fronte al coro individuato da Riggio, anche De Mita torna a proteggere il suo ex allievo. Lo fa esclamando: Se tutti i politici che dicono cose non provabili fossero delegittimati.... E raccontando che ieri mattina, leggendo i titoli dei giornali ha fatto un salto. Sembrava di essere in uno Stato dai caratteri rigorosamente garantisti. Questo non sarebbe male in sé, ma temo che in questo caso lo schema sia funzionale solo a sostenere una tesi. Negli anni scorsi sui giornali non si leggevano cose del genere. Adesso cambiano e dicono: finché non c' è la prova non si può fare una condanna e quindi chi condanna senza prove, sbaglia. Io sarei d' accordo se i discorsi di oggi fossero accompagnati da un’autocritica. Ma siccome così non è, mi pare tutto strumentale. De Mita critica i giornali per criticare Cossiga? Niente autorizza questa interpretazione, ma molti la fanno propria. Lui non si è mai tirato indietro quando si trattava di ricordare ad Orlando e a padre Pintacuda che la politica si fa con la capacità oltre che col protagonismo……..

di Sandra Bonsanti - La Repubblica pag. 2

 

455.        5 giugno 1990 - martedì

IL GIUDICE DA DE MICHELIS

PALERMO Come testimoni dovranno spiegare perché il sindaco pentito ha fatto i loro nomi. Gli assessori regionali saranno interrogati a Palermo, invece per ascoltare il ministro De Michelis i magistrati voleranno a Roma. Sullo scandalo degli appalti miliardari di Baucina i giudici confermano tutti i nomi elencati nelle indiscrezioni del settimanale L' Espresso. Sull' intreccio mafia e politica arriva una conferma clamorosa anche da alcuni uomini politici citati nella confessione di Giuseppe Giaccone, ex sindaco di Baucina e da otto mesi collaboratore della giustizia gestito dai carabinieri e da Falcone. In quel piccolo comune alle porte di Palermo regnava un comitato d' affari per la spartizione dei grandi appalti, una lobby che superava il tradizionale legame tra gli uomini d' onore e il Palazzo, una consorteria interessata a mettere le mani su tutti i finanziamenti pubblici. A Palermo, intanto, si incrociano le voci. Una riguarda anche una telefonata, sabato pomeriggio, tra il Quirinale e la procura palermitana. L' inchiesta giudiziaria ha già individuato due piani diversi di responsabilità e di organizzazione. Da una parte gli amministratori locali e gli imprenditori mafiosi già finiti in galera. Dall' altra il contesto, ancora nebuloso, in cui si muovevano assessori della Regione, ex sottosegretari, europarlamentari. La prima indagine è sul tavolo del giudice istruttore Leonardo Guarnotta. Il magistrato ha risentito l’ex sindaco pentito e ascolterà come testi gli uomini politici, chiuderà l’inchiesta con il vecchio rito. La seconda indagine è solo all’inizio. Punta al Palazzo, agli assessorati, ai rapporti tra i boss e i partiti. Un caso seguito con il nuovo codice dai sostituti procuratori Lo Forte e Pignatone. S' indaga sui segreti rivelati da Giaccone, sulle carte già sequestrate nelle stanze della Regione, su documenti trovati inspiegabilmente nelle abitazioni di alcuni imputati. Sui nomi degli uomini politici citati dal pentito (L' Espresso ha fatto quelli del ministro Gianni De Michelis, di Salvo Lima, del parlamentare Calogero Pumilia, dell’assessore socialista Turi Lombardo, del capogruppo dc all' Ars Angelo Capitummino, dell’ex assessore regionale al Bilancio Nicola Ravidà) ieri mattina il giudice istruttore Leonardo Guarnotta ha finalmente chiarito un po' le cose. Prima ha precisato che quei nomi l’ex sindaco effettivamente li ha elencati, poi ha detto che ascolterà come testi tutti i personaggi entrati nell' inchiesta, infine ha puntualizzato: La ricostruzione del settimanale presentava alcune imprecisioni sui tempi e sulla collocazione dei nomi... di più non posso dire.... Una nuova indiscrezione intanto è filtrata. Secondo l’ex sindaco pentito, il ministro De Michelis avrebbe incontrato l’imprenditore mafioso di Baucina Giuseppe Taibbi per discutere la costituzione di un consorzio tra imprese siciliane (quelle appunto legate al boss) e un’azienda del nord. La circostanza è stata negata dal ministro in una lettera a Bettino Craxi. Ma le notizie più interessanti sullo scandalo di Baucina sono arrivate a sorpresa da alcuni degli assessori coinvolti a vario titolo nella cantata di Giaccone. Ecco, ad esempio, cosa dice Nicola Ravidà, ex assessore al Bilancio, dopo avere annunciato querela contro l’ex sindaco, contro L' Espresso, contro Repubblica e chiunque altro dovesse calunniarmi. Ravidà, uno dei duri del Grande centro che ha fatto la guerra ad oltranza ad Orlando, si tira fuori dall' intera vicenda, spiega che è stato un oppositore della lista del professor Giaccone, sostenuta all' esterno dall' imprenditore Taibbi, aggiunge di non avere interessi societari né di altro tipo in imprese edili. Poi lancia un siluro: Io ho sempre sostenuto le forze che nella Dc di Baucina si opponevano all' intreccio di interessi tra mafia e politica.... Dichiarazioni che confermano sostanzialmente quanto sostengono i carabinieri in quattro rapporti e quanto spiegano i mandati di cattura firmati dal giudice Guarnotta. Sulla stessa lunghezza d' onda dell’assessore Ravidà anche il capogruppo democristiano all' Assemblea regionale Angelo Capitummino, negli anni passati assessore alla Presidenza. In un comizio - afferma il capogruppo democristiano - invitai a non votare la lista Giaccone-Taibbi, indicandola come un comitato di affari. E rilancia Calogero Pumilia: Io ho tentato di far qualcosa per Baucina come parlamentare e fuori sempre da qualsiasi comitato di affari. Spero che si conosca integralmente la confessione di Giaccone e non ci si limiti a questi spezzoni. Conoscevo Taibbi. Per tutti, anche per i magistrati, fino alla sua morte, era un incensurato ucciso proprio perché si opponeva a certe pressioni. Replica il socialista Turi Lombardo: Io non c' entro nulla, sto subendo un’aggressione politico-giornalistica. Un' ultima precisazione è arrivata anche da Lima: sostiene di non avere mai parlato di appalti con l’ex sindaco e di avere avuto con lui rapporti assolutamente trasparenti. L' inchiesta su Baucina va avanti in un Palazzo di giustizia dove domani entrerà per la seconda volta in pochi giorni Giuseppe Pellegriti. Un altro faccia a faccia con i giudici che vogliono trovare il regista delle false confessioni del pentito, insomma l’ambiente che avrebbe ispirato Pellegriti a fare il nome di Lima in relazione alle inchieste su Mattarella e Dalla Chiesa. L' indagine sul caso Mattarella in questi giorni ha subito un’accelerazione con un paio di interrogatori a sorpresa. Ieri il giudice Natoli ha ascoltato padre Ennio Pintacuda sui suoi rapporti con il presidente della Regione. Subito dopo ha testimoniato il presidente del coordinamento antimafia Carmine Mancuso. Il magistrato ha voluto conoscere qualche particolare sul summit dei pentiti nel carcere di Alessandria, dove Mancuso era stato invitato

di Attilio Bolzoni - La Repubblica pag. 14

 

456.        5 giugno 1990 - martedì

PALERMO, SI SPACCA IL FRONTE ANTIMAFIA

Anche l’ultimo baluardo del fronte antimafia a Palermo si spacca tra le polemiche. Diciotto iscritti al coordinamento antimafia stracciano la tessera e sottoscrivono un durissimo documento che spara a zero contro lo schieramento Mancuso-Pintacuda-Orlando. Dopo le ultime prese di posizione del coordinamento antimafia si legge nel documento il disegno politico che muove le polemiche di questi giorni a Palermo appare più chiaro: screditare e far tacere ogni possibile espressione e voce che, pur all' interno dello schieramento antimafioso, si collocano fuori dal recinto orlandiano. Secondo i diciotto fuoriusciti dal coordinamento ispiratori, mandanti ed esecutori degli attacchi al Partito comunista siciliano perseguono il progetto di colpire il partito al fine di screditare ed isolare i suoi dirigenti più impegnati nel rinnovamento e nella lotta alla mafia. I dissidenti del coordinamento sono tutti vicini alle posizioni della rivista Segno di padre Fasullo e alla segreteria regionale del Pci. La manovra messa in atto a Palermo sostengono è di ampio respiro politico, tale forse da condizionare pesantemente anche la formazione della prossima giunta comunale di Palermo. Si vuole sferrare il colpo decisivo al Pci si chiedono i diciotto, si vogliono creare le condizioni politiche perché la sinistra democristiana non debba avere problemi di coerenza nel rendere impraticabile ad Orlando la prospettiva dell’esacolore? In poche righe la replica del coordinamento antimafia che definisce strana la dissociazione di ex iscritti. Schierati da sempre dalla parte dei familiari delle vittime replicano abbiamo chiesto verità e giustizia su tutti i delitti politici. Piaccia o no a tutti i partiti. E abbiamo chiesto ai nostri iscritti di rinunciare alle appartenenze in nome di questa guerra di liberazione. Ciascuno scelga da che parte stare. E intanto gli autori della lettera aperta inviata nei giorni scorsi alla direzione nazionale del Pci ripropongono a Botteghe Oscure tutti gli interrogativi espressi sull' impegno antimafia del partito. E rincarano la dose: Non una sola risposta precisa e credibile alle nostre domande. Solo rigurgiti di stalinismo, tentativi di isolamento e gratuite insinuazioni su presunti complotti anticomunisti. Nessun appunto al segretario regionale del Pci, Pietro Folena, che si è inspiegabilmente fatto carico della difesa di episodi e disegni politici di cui non è responsabile. Ai compagni di partito, gli autori della lettera aperta ricordano che chi si propone come forza antagonista rispetto al sistema di potere politico-affaristico deve avere, più di ogni altro, le carte in regola.

di Alessandra Ziniti - La Repubblica pag. 14

 

457.        28 luglio 1990

Palermo. Iniziativa del Coordinamento Antimafia

 

458.        29 agosto 1990 - mercoledì

ORLANDO, COSI' ESAGERI NON CREARE DUE PARTITI'

ROMA I toni sono diversi, alcuni concilianti, altri decisamente duri. Ma la sostanza è la medesima: una bocciatura per Leoluca Orlando e per le proposte lanciate lunedì al convegno di Brentonico. Critiche severe arrivano ed era prevedibile dagli esponenti della maggioranza che governa piazza del Gesù. Ma dalla rete gettata dall' ex sindaco di Palermo anche la sinistra democristiana si tiene a debita distanza. Il senso delle critiche dell’area Zac alla neonata corrente è unanime: Orlando si è spinto troppo oltre, le sue proposte delineano una visione troppo conflittuale della vita interna alla Dc, l’esigenza, pur comprensibile, di ritagliarsi un ruolo più centrale arriva ai limiti del protagonismo. Ed è questo il rischio che indica Luigi Granelli, esponente di punta della sinistra democristiana, pur accompagnandolo a un attestato di stima ad Orlando. L’ex sindaco di Palermo, sostiene il senatore dc, tende a identificare le proprie idee con l’ambizione di imporsi più che come leader aperto al confronto, come capo con seguito di fedeli tendenti al culto della personalità. Un rischio e un errore. Se questo è per adesso solo un rischio, Granelli indica anche qual è l’errore che Orlando ha già compiuto, quello cioè di ridurre la dialettica interna a una inconciliabile contrapposizione tra due Dc. Non siamo mai stati né possiamo stare nel partito con un piede dentro e l’altro fuori, ammonisce, e delinea il ruolo della sinistra: ogni forma di frazionismo va evitata, la Dc è una sola, anche se l’area Zac ha il compito di concorrerne a definire la linea e recuperare, anche con aspri scontri, il ruolo popolare e riformatore. E Clemente Mastella, fedelissimo di De Mita, che la rete gettata a Brentonico sa di gabbia, mentre invece c' è bisogno di tante sensibilità, di tante opinioni, di tante voci. Dalle correnti di maggioranza la posizione più conciliante è di Gianni Prandini, che reputa la proposta di Orlando, comunque, un contributo alla dialettica interna al partito, mentre i più duri sono il vicesegretario Silvio Lega (nelle reti cadono solo i pesci...) e l’andreottiano Luigi Baruffi, secondo cui l’ex sindaco è troppo egocentrico e il suo giro d' Italia del tutto inutile e dannoso di fronte agli attuali problemi della Dc. Lega si chiede se esista e quale sia il disegno politico di Orlando: se è quello di dar vita ad alleanze analoghe a quelle portate avanti a Palermo allora questo disegno è sbagliato. Un' alleanza con il Pci non è certamente nella nostra strategia. Di una cosa proprio non c' è assolutamente bisogno aggiunge Baruffi la costituzione di una nuova corrente così come non servono coloro che alimentano il dissidio e il dissenso interno. Le critiche del direttore del Popolo Sandro Fontana tornano ad appuntarsi sulla sostanza politica della proposta: mancano le soluzioni, afferma, Orlando si limita ad amplificare le situazioni di malessere senza tuttavia dare delle risposte ai problemi. Le situazioni di malessere. In questo coro di dissensi, l’unica voce che si leva a difesa di Orlando è quella del gesuita palermitano Ennio Pintacuda: la rete creata dall' ex sindaco, dice in una intervista a Italia Oggi, è un’altra tappa della crescita della nuova sinistra, dell’area del cattolicesimo democratico. Quanto è successo a Trento in questi giorni prosegue è come una scossa elettrica che attraversa l’Italia. Sempre da casa dc, infine, giungono risposte negative alla richiesta di congresso anticipato, avanzata lunedì da Paolo Cabras (sinistra). Più che un congresso straordinario ha commentato il forlaniano Prandini c' è bisogno di discutere e di dare un contributo in positivo. Personalmente sono ancora convinto che esistono margini per una ripresa di collaborazione di tutte le componenti con il segretario. No al congresso straordinario anche da Lega, Baruffi e Fontana e da alcuni esponenti della sinistra come Brocca e Azzolini.

La Repubblica pag. 12

 

459.        2 settembre 1990 - domenica

MARTINAZZOLI AMMONISCE L' ALTRA DC

Andreotti ottimista, Forlani invita i dc all' unità.

"LA MAGGIORANZA È SALDA E COMPATTA"

Giulio Andreotti ostenta sicurezza per il futuro del governo: la maggioranza è compatta, l’atteggiamento sulla crisi nel Golfo l’ha dimostrato e il pentapartito può quindi affrontare con serenità la ripresa autunnale. In un’intervista al Gr2, il presidente del Consiglio ha anche indicato nella modifica del sistema elettorale la principale questione all’ordine del giorno della ripresa politica. La Dc presenterà una propria proposta, ha ricordato Andreotti, riaffermando la sua contrarietà al referendum: c' è un problema, ha detto, che deve essere affrontato dai partiti e non può essere lasciato alla popolazione. Non è né la caccia, né la pesca. È il sistema elettorale. Il presidente del Consiglio ha quindi difeso la manovra economica del governo dai critici: Penso che ci siano delle persone a cui non va mai bene niente ha detto. Ancor prima di sapere cosa si fa dicono che non è sufficiente. Certo la situazione è difficile e quindi bisogna fare molto, ma vorrei che almeno avessero la pazienza di vedere prima cosa il governo decide e poi valutarlo. Sulle polemiche interne alla Dc è invece intervenuto Arnaldo Forlani, sostenendo che nei discorsi e nei convegni di questa stagione c' è di tutto, ma forse non è il realismo la nota dominante delle manifestazioni estive. Con l’autunno le cose devono cambiare, ha affermato il segretario, e la Dc deve presentarsi unita per affrontare le esigenze concrete di governo. Anche Forlani ha difeso l’operato dell’esecutivo: Può darsi che si possa far di meglio realizzando maggioranze parlamentari più coese e determinate ha concluso ma in un grande partito democratico la via giusta per preparare il futuro non è quella di demolire il presente, ma di concorrere insieme alle responsabilità attuali. L' epiteto sfasciacarrozze lanciato da Andreotti senza precisare il destinatario (ma molti hanno pensato che fosse rivolto a De Mita) continua intanto a far discutere. E se Claudio Vitalone, fedelissimo di Andreotti, nega che fosse riferito a De Mita, il vicesegretario Silvio Lega afferma che nella Dc non ci sono sfasciacarrozze, ma piuttosto molti che immaginano di risolvere i problemi senza passare per i canali normali. L' andreottiano Nino Cristofori rivolge infine un invito alla pacificazione, sostenendo che ha torto chi pensa che l’attuale confronto interno alla Dc sia destinato a produrre fratture, mentre Gerardo Bianco nega il rischio di elezioni anticipate e afferma che non è dalla Dc che giungono minacce alla legislatura, ma semmai dal Psi. Padre Pintacuda: "La Rete non è un sogno”.

"ORLANDO TIENE VIVA L' EREDITA' DI MORO"

Orlando si avvicina molto a Moro per la sua capacità di percepire i passaggi nuovi della storia. L' ha detto il gesuita Ennio Pintacuda, consigliere dell’ex sindaco di Palermo, in una intervista a Panorama. Secondo Pintacuda La Rete di Leoluca Orlando non è un sogno, è una scossa elettrica con la quale dovranno fare i conti tutti i partiti. L’ex sindaco, dunque, come simbolo di una società civile che vuole sbloccare il sistema politico e vuole contare. Da qui l’analogia con Aldo Moro: per la volontà di realizzare le cose pur essendo gruppo di minoranza. Pintacuda definisce la crisi della sinistra democristiana uno degli aspetti più preoccupanti della politica italiana. La sinistra dc è in crisi afferma perché più che mai è sballottata tra suggestioni di Palazzo e le spinte di valori altissimi, soprattutto quelli della solidarietà e della democrazia sostanziale. Pintacuda, però, esclude che si possa parlare di un tradimento: piuttosto si tratta di funambolismo tra Palazzo e valori. E' questa commistione che ha procurato un offuscamento dei valori e del progetto nobile di De Mita di rinnovare la politica a cominciare dalla Dc. Il consigliere politico di Orlando ammette che anche De Mita ha occupato larghi spazi di potere: Ma nulla è paragonabile a quanto accade oggi aggiunge Il regime governativo ha messo i suoi uomini dappertutto, alla Rai, nelle istituzioni, nei servizi segreti. Pintacuda, quindi, rimprovera alla sinistra dc di aver accettato di entrare nel governo Andreotti (È rimasta in trappola) e la accusa di contraddizione per aver ritirato i suoi ministri. Pur escludendo la formazione di un nuovo partito cattolico (È un problema che sembra superato, è possibile l’aggregazione di un’area più vasta), il gesuita rileva che il progetto di De Mita all' interno della Dc sembra in grande difficoltà e che l’apporto di Orlando potrebbe farlo rinascere... la sinistra dc ha bisogno di una leadership aperta, a più voci, come è stato ai tempi migliori della Dc. Quanto all’accusa di trasversalità lanciate dai socialisti a proposito delle iniziative referendarie, il consigliere dell’ex sindaco di Palermo le definisce inspiegabili a meno di non interpretarle con la paura di perdere posizioni di potere. Pintacuda, infine, definisce fantapolitica l’ipotesi di un Orlando alla guida della futura Cosa post-comunista: Non credo che lascerà la Dc. Lo ha detto lui stesso.

di Sandra Bonsanti - La Repubblica pag. 11

 

460.        4 settembre 1990 - martedì

E LO VASCO HA SFILATO TRA I FISCHI

PALERMO Un 3 settembre molto diverso dagli altri: nel corteo che, come negli otto anni precedenti, ieri sera ha attraversato le vie del centro nel nome del prefetto dei cento giorni, non c' erano in prima fila né i figli del generale Dalla Chiesa, né Orlando, né il Coordinamento antimafia. Ad accendere le fiaccole, a Palermo, stavolta c’era il comitato promotore, un cartello nato per l’occasione e che comprende 36 riviste di tutta Italia. La fiaccolata prende le mosse da via Carini, dove la sera del 3 settembre dell’82 i killer massacrarono con il generale, la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo. Sotto la pioggia, con la fascia tricolore c' è anche Domenico Lo Vasco, che sfida il dissenso e i fischi. Insieme al vicecommissario Giorgio Postal, l’ex dc Elda Pucci, gli altri politici e le delegazioni di mezza Italia, il sindaco si trova però isolato: il resto del corteo parte in ritardo, si tiene separato dalle autorità. C' è un’altra città, Bologna, legata a Palermo da molti lutti e molti misteri. Ne parla il sindaco di Bologna, Renzo Imbeni: Queste due città sono state unite da una staffetta della morte, con stragi come quella della stazione e di Ustica. Adesso è tempo di una staffetta della vita. Lentamente, la fiaccolata raggiunge villa Whitaker, sede della prefettura, dove il generale combatté la sua battaglia contro Cosa nostra. E, nella notte, si ricorda e si prega sottovoce. Da questo 3 settembre il movimento antimafia esce definitivamente scomposto in tanti pezzi: si muovono ormai su orbite differenti i gruppi che sia pure con accenti diversi facevano fronte comune durante la primavera palermitana. Antimafia a pezzi? C' è chi, piuttosto, parla dell’inizio di una nuova stagione in cui non sarà più uno solo il polo di attrazione nella mobilitazione contro la Piovra. È stato proprio questo il senso dell’appello lanciato dall' assemblea nazionale riunita, in mattinata, in un Palazzo delle Aquile presidiato dai carabinieri. L' idea è quella di un comitato nazionale di coordinamento di tutti i gruppi antimafia, con la creazione della figura di un garante: un compito che sarà offerto a Norberto Bobbio. Un atto di nascita punteggiato dalle decine di messaggi di adesione che Saveria Antiochia, madre dell’agente ucciso con il vicequestore Cassarà, ha letto dalla presidenza con voce rotta dall' emozione (è sempre più disperata la mia attesa di giustizia per Roberto). Qualcuno ha però contato le assenze nel salone del Consiglio comunale. Non sono venuti i magistrati antimafia, non si sono fatti vedere gli altri uomini delle istituzioni. Assenti, ad eccezione del Pci che ha trainato l’iniziativa, gli altri partiti, dalla Dc ai socialisti. Neanche un assessore a rappresentare il monocolore. Alfredo Galasso, ex patrono di parte civile al maxiprocesso per i Dalla Chiesa, ha polemizzato con Falcone: Questo giudice ha rinnegato ormai sé stesso. Folena ha attaccato sia Orlando (è stato utilizzato per dare forza non tanto al modesto sindaco Lo Vasco quanto alle forze che gli stanno dietro), sia padre Pintacuda. Dal fondo della sala a un certo punto s' è alzato uno striscione bianco, scritto a lettere cubitali dagli studenti di Napoli: Lo Vasco, la tua fiaccola è comunque spenta. Ma il sindaco del dopo-Orlando non ha avuto timore a venire: arrivato al tavolo della presidenza quasi a fine lavori, mentre il giudice Carlo Palermo stava chiudendo il suo j' accuse allo Stato che non ha strutture per combattere la mafia, Lo Vasco ha sentito levarsi prima un brusìo, poi scendere un silenzio glaciale. Non un saluto di circostanza da parte della presidenza dell’assemblea, non una sua parola di saluto al convegno. Il sindaco e questa fetta dell’antimafia hanno fatto finta di ignorarsi a vicenda. Ad assemblea conclusa, Lo Vasco ha raggiunto in fretta la sala rossa della giunta monocolore. Senza raccogliere le provocazioni: Polemico io con Orlando? E perché mai? Forse l’anno prossimo sarò io ad andare a Parma.... Intanto, non molto lontano, i magistrati (in un dibattito sul libro del giornalista Saverio Lodato Dieci anni di mafia) hanno fatto il punto sulla guerra alla mafia. Ottimista Paolo Borsellino, procuratore della Repubblica a Marsala (è una garanzia la nascita di una nuova coscienza antimafia), per il giudice Giuseppe Di Lello il potere economico e quello affaristico-politico sono aumentati vertiginosamente: ormai non è più possibile vederne la linea di demarcazione.

di Umberto Rosso - La Repubblica pag. 6

 

461.        9 settembre 1990 - domenica

CADRETE TUTTI NELLA RETE

Società civile contro regime: è la battaglia dell'ex Sindaco di Palermo, dice il gesuita amico. Che garantisce: non è solo un sogno.

La pattuglia dei carabinieri con il giubbotto antiproiettile fa uno strano contrasto nella viuzza del paese tutto saliscendi. Ennio Pintacuda, il padre gesuita amico e ispiratore politico di Leoluca Orlando, come ogni estate è nella sua casa natale. I clamori del progetto politico, la «rete», lanciato da Orlando, ex sindaco di Palermo alla testa della giunta esacolore aperta al Pci e autocandidato alla segreteria DC, sono arrivati anche nella quiete di Prizzi, provincia di Palermo. Panorama ne ha parlato con padre Pintacuda.

Domanda. La «rete» ricorda l'apostolo Pietro, il pescatore. Padre Pintacuda l'ha suggerito lei questo nome?

Risposta. Storicamente il nome è di Orlando, ma correva già, da quando si è constatato che c'erano nuovi soggetti politici, gruppi, pezzi di partito.

Della DC?

Non solo della DC. Il problema fa parte di una situazione più generale: il nostro Paese vive in una soffocante condizione di partitocrazia, di democrazia bloccata, di regime.

Ed ecco Orlando, il salvatore.

Orlando non è un uomo solo, politicamente ormai è un simbolo, ha un vasto consenso popolare. Palermo ha fatto scuola e oggi amici e gruppi, dalla Sicilia a Trento, sono presenti in molte amministrazioni locali.

Padre Pintacuda, sono minoranze. Per ora. Ma sono frammenti sparsi ovunque, nell'associazionismo cattolico, nel mondo che non si ritrova più nella tradizionale sinistra.

Che cosa chiedono questi soggetti?

Si rifanno innanzitutto a una proposta di nuova politica, alla riforma delle istituzioni, ai referendum elettorali. E la società civile che vuole sbloccare il sistema politico e vuole contare, come è scritto nella Costituzione.

Il suo, sembra un sogno.

E una realtà meravigliosa, che non immaginavo si potesse realizzare in così poco tempo. Non è un sogno, è una scossa elettrica. Con Orlando dovranno fare i conti tutti i partiti.

Non c'è nessun altro uomo politico paragonabile a Orlando?

Oggi credo di no.

E in passato?

Nell'area cattolica l'unico che Orlando mi ricorda è Aldo Moro.

Addirittura, Moro?

Si, proprio lui: la strategia di Orlando è soprattutto di attacco, quella di Moro era di accerchiamento. Orlando però si avvicina molto a Moro per la sua capacità di percepirei passaggi nuovi nella storia. Orlando sa intuire le situazioni nuove e sa collocarle in un futuro migliore. E la più grande eredità morotea: portare avanti le cose e realizzarle, pur essendo gruppo di minoranza. Come Moro, Orlando incarna una minoranza di innovazione.

Ma oggi la sinistra democristiana appare in piena crisi.

E uno degli aspetti preoccupanti della politica italiana. La sinistra DC è in crisi perché più che mai è sballottata tra suggestioni di Palazzo e le spinte di valori altissimi, soprattutto quelli della solidarietà e della democrazia sostanziale che sono nella migliore tradizione del cattolicesimo democratico.

Vuol dire che questi valori la sinistra DC li ha traditi per il Palazzo?

Non parlo di tradimento, parlo di funambolismo della sinistra DC, tra Palazzo e valori. Noto un certo offuscamento di questi valori.

Anche il leader della sinistra dc, De Mita, è stato a lungo nel Palazzo.

È vero, ma almeno quello di De Mita era un progetto nobile, rinnovare la politica a cominciare dalla DC.

De Mita ha occupato larghi spazi di Potere.

E vero anche questo. Ma nulla è paragonabile a quanto accade oggi: il regime governativo ha messo i suoi uomini dappertutto, alla Rai, nelle istituzioni, nei servizi segreti.

In questo che lei chiama regime, molti, nella stessa Dc, vedono il segretario democristiano Arnaldo Forlani debole, quasi succube, di fronte a Bettino Craxi. Lei che cosa ne pensa?

Non è un fatto di uomini, di singoli, ma appunto di regime. L'attuale blocco di potere agisce con determinazione e tracotanza, non per nobili fini: il massimo l'ha raggiunto con la legge Mammì sull’emittenza tv, un vero patteggiamento di interessi partitici e perfino personali. Uno scandalo.

Lei accusa di ogni malefatta il Caf, il cosiddetto asse Craxi, Andreotti, Forlani. De Mita, tuttavia, una mano al Caf l'ha data: nel governo c'erano ministri della sua corrente.

Un anno fa proprio a Panorama dichiarai che era meglio per la sinistra DC restare fuori del governo. I fatti hanno dato ragione alla mia analisi politica; entrata nel Palazzo la sinistra è rimasta in trappola. I ministri demitiani si sono dimessi, ma alla fine per disciplina di partito De Mita e tutta la sinistra hanno anche votato a favore della legge Mammi. Una bella contraddizione per dei moralizzatori.

È deluso di De Mita?

Ho avuto fiducia in De Mita, l'ho seguito con un rapporto personale molto stretto, gli ho suggerito di prendere esempio dalla strategia di Palermo: se, da segretario, De Mita avesse fatto meno mediazione tra le due anime della Dc, non si troverebbe messo da parte e la stessa Dc non sarebbe arrivata nelle condizioni in cui si dibatte, tanto da far parlare della sua stessa sopravvivenza.

Pensa a un altro partito cattolico?

No davvero. E un problema che mi sembra superato, è possibile un'aggregazione di un’area più vasta.

Il Psi la chiama trasversalità, parla di un golpe contro le istituzioni.

Un tempo i socialisti guardavano con grande rispetto e interesse ai movimenti che crescevano nella società. La loro posizione di oggi è inspiegabile. Oppure si spiega solo con la paura di perdere posizioni di potere.

Orlando si è candidato a leader del- la sinistra e perfino a segretario della Dc. Lei è d'accordo?

Per verità, credo che siano i fatti ad aver posto Orlando in questa condizione: storicamente è avvenuto spesso che personaggi nuovi siano diventati leader naturali. Molti guardano a lui.

Per verità la sinistra ha già rigettato I ‘idea di avere Orlando come leader.

Sono meccanismi istintivi di difesa rispetto al nuovo. Provo un profondo rammarico, ma ho la speranza che la sinistra DC faccia una riflessione più attenta: un’esperienza come quella che Orlando rappresenta non può essere, non deve essere sprecata.

Sta proponendo un'alleanza Orlando-De Mita?

È una semplificazione che non accetto. Dico che il progetto di De Mita all'interno della DC mi sembra in enorme difficoltà. L'apporto di Orlando potrebbe farlo rinascere. La sinistra ha bisogno di una leadership aperta, a più voci, come ė stato ai tempi migliori della DC. I tempi di Moro, La Pira, Dossetti.

E se Orlando non dovesse avere nella Dc il ruolo che cerca?

Il suo non è un progetto di ambizioni personali. Orlando poteva fare il sindaco di Palermo in una qualsiasi giunta, ma ha preferito dire di no anche al monocolore dc, ingiustificabile di fronte alla città. Comunque, Orlando non ha problemi di trovare una casa politica.

Occhetto, si dice, lo accoglierebbe a braccia aperte.

E se fosse Orlando il segretario della futura Cosa postcomunista?

Oggi come oggi mi sembra pura fantapolitica. Io non credo che Orlando lascerà la Dc, lo ha detto lui stesso.

Ma se proprio lui si sentisse costretto ad andare via dalla Dc?

Sarebbe una scelta tutta sua. lo, da uomo, da amico, da cristiano, gli potrei solo dire che non ci si può immolare sempre.

Lunedi 3 settembre è l'ottavo anniversario dell'assassinio del generale dalla Chiesa. Lei ha tuttora la scorta sotto casa. Padre Pintacuda, sono passati inutilmente questi anni a Palermo?

Assolutamente no. La società civile avanza, è un processo che la mafia non potrà fermare.

Intervista con Ennio Pintacuda di Antonio Padalino - Panorama pag. 56, 57

 

462.        12 settembre 1990 - mercoledì

LA CONVERSIONE DEL PSI

Il cardinale Joseph Ratzinger ha conquistato il Psi. Anche il partito di Bettino Craxi, come da sempre fanno i ragazzi di Comunione e liberazione, ora applaude il prefetto della Congregazione della dottrina della fede (l’ex Sant' Uffizio), vedendo nel porporato tedesco una delle figure più alte e coerenti della Chiesa. A raccontare l’improvvisa folgorazione socialista per Ratzinger è nientemeno che il capo della segreteria politica di via del Corso, il senatore Gennaro Acquaviva, fido consigliere di Craxi, autore di un entusiastico articolo sul discorso tenuto dal cardinale al meeting di Cl di Rimini. Nel commento, pubblicato dal settimanale Il Sabato oggi in edicola, Acquaviva analizza, in modo particolare, gli aspetti politici trattati da Ratzinger al Meeting, elogiando apertamente il punto in cui il cardinale aveva affermato che la Chiesa non deve mai identificarsi in nessun partito. ……….La lucidità del pensiero del cardinale-Prefetto emerge, a parere di Acquaviva, nei confronti del problema dell’aborto, il tema della più profonda divisione fra cattolici e laici. E proprio a proposito dell’interruzione volontaria della gravidanza, il capo della segreteria socialista dichiara di apprezzare l’invito di Ratzinger a Rimini alle forze politiche cristiane a lavorare per allargare la tutela della vita nascente e non pretenderne il monopolio. Un gran sasso in piccionaia è stato lanciato, conclude Acquaviva, ed è un buon segno che lo abbia fatto Ratzinger, perché è impossibile che la lotta politica italiana resti congelata ancora sulle asfissie dell’unità del voto cattolico, sull' anticraxismo di De Mita, sull' indovinello della Cosa e sulle allucinazioni dei vari Sorge-Orlando-Pintacuda.

di O.L.R. - La Repubblica pag. 6

 

463.        15 settembre 1990 – sabato

IL 'POPOLO' IN GUERRA CON I GESUITI

La Dc prende le distanze dai gesuiti. La dura analisi sullo stato di salute di democristiani fatta dalla rivista della Compagnia di Gesù, Civiltà Cattolica, non è piaciuta ai responsabili di piazza del Gesù, che oggi scendono in campo con il loro giornale, il Popolo, criticando, in particolare, l’appello lanciato dai gesuiti all' unità della Dc mediante la riappacificazione tra maggioranza Forlani-Andreotti-Gava e la minoranza di De Mita e Bodrato. Un passo ormai necessario per salvare l’unità della Dc e la stabilità del governo, aveva sostenuto, tra l’altro, Civiltà Cattolica nell' editoriale firmato da padre Giuseppe De Rosa. Si tratta scrive oggi sul Popolo il direttore Sandro Fontana di una unità e di una stabilità che mal si conciliano con le pretese di coloro che (cioè la corrente De Mita-Bodrato n.d.r.), come scrive lo stesso padre De Rosa, intendono guardare alle forze nuove, politiche e sociali, che emergono nella società italiana, anche in vista di maggioranze alternative. Per Fontana è l’attuale alleanza politica, il pentapartito Dc-Psi-Pri-Pli-Psdi, l’unica in grado di rappresentare al meglio gli interessi e le preoccupazioni dei cattolici italiani. E non è certo lanciando ponti nel vuoto verso non meglio precisate aggregazioni radical-marxiste, come parrebbero suggerire alcuni padri gesuiti isolani, che ci auguriamo anche isolati (chiaro il riferimento ai gesuiti Sorge e Pintacuda n.d.r.), che potranno trovare udienza gli interessi morali e materiali di ceti popolari cattolici italiani.

di O.L.R. - La Repubblica pag.11

 

464.        19 settembre 1990 - mercoledì

I GESUITI GUARDANO A EST

CITTA' DEL VATICANO Digitus Dei est hic! Così esclamò Paolo III, papa Farnese, quando a Tivoli, un cardinale gli lesse per la prima volta la bozza della regola della Compagnia di Gesù, scritta da Ignazio di Loyola: Qui c' è il dito di Dio! Sempre entusiasta, papa Farnese, un anno dopo, il 27 settembre 1540, a Palazzo Venezia, firmava la Bolla di approvazione del nuovo Ordine religioso, che doveva diventare, per ragioni varie e contrastanti, il più famoso nella storia della Chiesa. E così, i Gesuiti festeggiano quest' anno, alla fine del mese, i loro quattro secoli e mezzo di vita: quattrocentocinquant' anni tutti spesi. Ad maiorem Dei gloriam, come dice il loro motto. Il superiore generale, padre Peter Hans Kolvenbach, ha indetto un anno ignaziano, denso di manifestazioni, convegni, pellegrinaggi. ……….Oggi, almeno in Italia, di gesuiti che diano fastidio a qualcuno, a qualche politico, ce n' è forse un paio a Palermo: padre Sorge e padre Pintacuda, con il loro centro di formazione politica. Di loro ha parlato, ieri, padre Lombardi. In sostanza, ha detto il superiore provinciale per l’Italia, non si deve pensare, come tendono a suggerire i mass-media, che la presenza dei gesuiti nel nostro paese si esaurisca con gli interventi dei gesuiti palermitani. La Compagnia opera nel campo missionario, della carità, dell’insegnamento. Ma questo non fa quasi mai notizia. Ad ogni modo, ha concluso Lombardi, non c' è nessuna sconfessione dell’operato dei gesuiti palermitani. Abbiamo una secolare tradizione di intervento e di presenza apostolica anche nella politica. I padri del Centro Arrupe rispondono ad una missione specifica e importante. La loro, però, non può essere una presenza esclusiva. Una regola fondamentale della Compagnia è il pluralismo, soprattutto su un terreno così mutevole come quello politico. 

di Domenico Del Rio - La Repubblica pag. 23

 

465.        25 settembre 1990 - martedì

LA SCONFITTA DEI MILLE...

LA PRIMA impressione che si ricava dalla lettera di Cossiga è di una drammatica presa d' atto: appare ormai compromesso il ruolo delle istituzioni della Repubblica in una parte del territorio statale, con effetti eversivi sulle stesse istituzioni e sulla società democratica. Si potrebbe chiosare che, dopo centotrent' anni, gli esiti della spedizione dei Mille sono stati annullati: ma a riconquistare il regno delle Due Sicilie non sono oggi neppure i Borboni ma mafia e camorra, con la occupazione terroristica del territorio. La voce che, finalmente, si è levata del garante dell’unità nazionale dovrebbe indurre a una sgomentata autocritica quanti finora indulgevano in una rappresentazione riduttiva del fenomeno in corso, quasi a giustificare una rassegnata convivenza con l’assalto criminale. Solo qualche settimana orsono il presidente del Consiglio e il ministro degli Interni si consolavano, del resto, con statistiche che davano... il Lussemburgo più insanguinato dell’Italia! Per questo, quando, pochi giorni fa, sostenemmo sulle colonne di Repubblica l’urgenza di misure straordinarie, non ardimmo sperare in un rapido mutamento della situazione. L' assassinio del giudice Rosario Livatino, la sua disperata solitudine, la condanna morale che ha investito e investe non solo i carnefici ma quanti tollerano la carneficina e rifuggono da vere misure per porvi fine, deve aver spinto il capo dello Stato a uscire dalle liturgiche condanne d' obbligo, che rischiavano di coinvolgerlo negativamente davanti all' opinione pubblica, per assumere in prima persona una eccezionale iniziativa politica.

LA RICHIESTA di misure straordinarie politiche, amministrative e legislative atte a rafforzare l’azione, la capacità dissuasiva e punitiva, l’incisività della Magistratura e delle forze di polizia impegnate contro il crimine organizzato, fornisce l’orientamento della svolta ritenuta indispensabile. L' invito a responsabilizzare nelle scelte, che l’ardua impresa impone, tutte le forze politiche e parlamentari, culturali, civili e religiose, non è solo una dichiarazione di buone intenzioni ma la premessa ad una collaborazione su questo terreno tra maggioranza e opposizione che richiama il periodo della lotta al terrorismo. Alla luce di questa indicazione appare, peraltro, inopportuna la polemica della vigilia nei confronti di Orlando e Pintacuda, che aveva, sia pure per un momento, ridotto il capo dello Stato ad esponente di una delle fazioni in cui è divisa la Dc. Significativo, invece, di un ripensamento positivo ci sembra il ruolo che il messaggio attribuisce al Consiglio superiore della Magistratura, fino a ieri vibratamente negato proprio da Cossiga. Resta ora tutta da verificare la rispondenza tra gli inviti del Presidente e l’azione di chi è chiamato a tradurli in atti e comportamenti coerenti. ……..

di Mario Pirani - La Repubblica prima pagina

 

466.        25 settembre 1990 - martedì

ORLANDO: 'INQUIETANTE L' INTERVENTO DI COSSIGA'

Un commento secco: L' intervento di Cossiga? È un episodio inquietante anche perché riguarda e coinvolge la massima autorità di questo Stato democratico. Così replica Leoluca Orlando al presidente della Repubblica. Ripete le stesse parole anche quando, nel tardo pomeriggio, la Croma blindata lo scarica al quartier generale dei gesuiti, Casa Professa, per la presentazione di un nuovo libro sul caso Palermo, con la sua immagine in copertina. Insiste con la voce su quell' aggettivo, inquietante, che è la chiave di lettura del messaggio di risposta spedito al Quirinale. Nessuno può impedirci di sentirci vivi si limita a puntualizzare Orlando anche se in qualche caso questo vuole dire violare la disciplina di partito. Una disciplina dietro la quale si nascondono spesso cose impresentabili, come cose altrettanto impresentabili si nascondono dietro al richiamo al senso delle istituzioni. Il malessere che c' è in tanti palazzi è il sintomo di quella rivolta morale auspicata da Cossiga che a Palermo è già avvenuta. Ad avviso di Orlando il problema della politica è di stabilire un rapporto tra consenso e potere; c' è una parte di potere, come l’economia, i mass media e la criminalità che è sottratta al consenso. Così ci si accorge che il consenso non conta perché il potere sta da un’altra parte. Riferendosi infine al rinnovamento dei partiti Orlando ha detto che occorre liberare i canali del consenso, ostruiti da mille ostacoli, oppure crearne nuovi. La reazione del capo dello Stato ha spiazzato gli uomini del laboratorio di Palermo? Dallo staff di Orlando e dai fedelissimi di Pintacuda non filtrano eccessive preoccupazioni né dichiarazioni di resa. Anzi, parlano di una valanga di messaggi di solidarietà: ieri, dicono, almeno duecento telefonate di sostegno sono arrivate a padre Pintacuda.

di Umberto Rosso - La Repubblica pag. 2

 

467.        25 settembre 1990 - martedì

I VESCOVI CONDANNANO PINTACUDA E SI APPELLANO ALL' UNITA' DEI CATTOLICI

I vescovi sposano le tesi di Cossiga e condannano padre Pintacuda: la sentenza è stata pronunciata ieri da monsignor Camillo Ruini, segretario della Conferenza episcopale italiana. Il nome del gesuita palermitano non è stato pronunciato, ma le parole usate da Ruini non lasciano dubbi: Non tocca certo a me dare giudizi o esprimere valutazioni sulle parole del presidente della Repubblica per il quale abbiamo stima e rispetto, ha esordito. E, subito dopo: Anche noi siamo contrari a sconfinamenti di personalità religiose ed ecclesiastiche in ambito partitico. Nel suo intervento, il segretario della Cei ha poi sollecitato una ricomposizione dei contrasti in casa democristiana, rinnovando l’appello al dialogo anche all' interno delle forze politiche e affermando che l' unità dei cattolici ha una grande storia nel nostro paese e credo che avrà ancora un grande futuro. Dalla politica alla criminalità organizzata. Ruini ha espresso a nome dei vescovi grave preoccupazione per quella che è diventata una guerra sotterranea che sembra ridurre all' impotenza anche lo Stato e ha parlato di orrendi e innominabili crimini. Barbarie, li aveva definiti domenica papa Wojtyla concludendo la sua visita a Ferrara e ad Argenta. Una domenica che ha immerso il papa in attualità drammatiche e in ricordi tragici: Basta con il sangue innocente, ha gridato dalla balconata della cattedrale ferrarese. Nel visitare questa città, così ricca di cultura della vita ha detto Wojtyla non posso fare a meno di manifestare tutta la mia deplorazione per l’uccisione di un magistrato, gravissimo episodio di criminalità che si aggiunge purtroppo a tanti altri atti di violenza ultimamente compiuti nell' amata terra italiana…….

La Repubblica pag. 2

 

468.        25 settembre 1990 - martedì

PALERMO, ADDIO PRIMAVERA E ANCHE I GESUITI SI DIVIDONO

Che non andassero più d' accordo, si sapeva. Che non ci fosse più la sintonia di un tempo, era sulla bocca di tutti. Ma come si sarebbe schierato padre Bartolomeo Sorge dopo i severi giudizi di Cossiga? Avrebbe difeso Orlando e Pintacuda? O ne avrebbe preso le distanze? Ebbene, padre Sorge non difende contro il capo dello Stato né l’ex sindaco né il suo consigliere politico e spirituale. Non li scarica. Non dimentica i loro meriti, ma sottolinea i loro errori. Mette in guardia da ogni mitizzazione e personalizzazione del laboratorio politico siciliano. Censura esasperazioni e intransigenze. Avverte che la Primavera di Palermo è finita, che ora bisogna prepararsi all' Estate. Osserva che non c' è più bisogno del bulldozer, ma di filo a piombo, ovvero di equilibrio. Con eleganza, larghi sorrisi, qualche bon ton e molte metafore, padre Bartolomeo Sorge, in una conferenza stampa fissata per l’inaugurazione del quinto anno di studi dell’Istituto di formazione politica Pedro Arrupe, non sfugge a nessuna delle questioni, istituzionali e politiche, sortite dalle aspre dichiarazioni del presidente della Repubblica. Cossiga. Conosco personalmente il capo dello Stato. So del suo affetto per la compagnia di Gesù. Avevo preparato un particolare ringraziamento per la sua visita in Sicilia dopo l’assassinio di Rosario Livatino. Una presenza, la sua, di grande importanza morale. Come di grande importanza è stato il messaggio che ci ha lasciato: l’esortazione ad una rivolta morale e alla consapevolezza che la battaglia contro la mafia o si vince tutti insieme o non la vince nessuno. Ecco, avrei voluto dirgli che sono stati proprio questi rivolta morale e unità dei ceti popolari i cardini dell’esperimento di Palermo. Poi, stamane ho letto le dichiarazioni del presidente. E penso che siano state dettate da un momento di grande amarezza, da uno stato di agitazione, frasi così dure non le ho mai ascoltate dalle sue labbra. La Primavera di Palermo. È falso che a Palermo non sia cambiato nulla. Se soltanto si pensa alle collusioni con i comitati d' affari che ci siamo lasciate alle spalle... La Primavera è stata la fase della rottura, del bulldozer. Abbiamo avuto bisogno di sterrare, abbattere case vecchie e pericolanti, liberarci degli angoli bui e dei luoghi ambigui. Per uscire dalla palude bisognava fare delle scelte di campo, decidere con chi stare. Quell' esperienza ha avuto però anche i suoi limiti. La personalizzazione della rivolta morale di Palermo è stata uno svantaggio perché non conta la persona, ma l’idea, il progetto intorno al quale coagulare il consenso. Come è stato un errore teorizzare che il sospetto è l’anticamera della verità. Così si apre soltanto la caccia alle streghe. Queste esasperazioni hanno nociuto al consenso. Come pure l’accusa di mafiosità che andava a bollare ogni critica, la più sfumata e legittima. Orlando. È stato un buon guidatore del bulldozer. Ma non ci si può fermare alla rottura. Bisogna anche saper edificare. Dopo il bulldozer, ci dev'essere il filo a piombo. Occorre oggi una mano forte ed equilibrata. Dopo la Primavera, deve venire l’Estate. Io avrei auspicato che la mano forte ed equilibrata potesse essere la sua. Questo non è stato possibile e, oggi, non so nemmeno se ne abbia più voglia. Comunque, non si è seminato invano. Ci sarà pure qualcuno dei suoi collaboratori.... Pintacuda. Padre Pintacuda ha vissuto quasi nella propria pelle la violenza mafiosa, ha visto cadere uno dopo l’altro i suoi amici più cari. Oggi è come quel soldato che torna dal deserto dopo aver patito la sete e non riesce più a vivere senza una borraccia d' acqua accanto. E se la porta al collo mentre cammina, se la mette accanto quando dorme. L' Estate. Indietro non si torna. Non si può cancellare la speranza dal cuore di Palermo. Durante la Primavera si è imposta un’interpretazione della politica come servizio. È stata una lezione storica, deve valere anche per la seconda fase. Il futuro della città non si gioca nelle formule, ma nei programmi. Bisogna aggregare il più ampio arco di partiti, senza pregiudiziali di formula, intorno ad un programma che abbia ben chiaro il bene della città. No, la giunta Lo Vasco non è la giunta della restaurazione, è la giunta della decantazione. Se diventerà di restaurazione, ne prenderemo atto. La Rete e la Cosa. Io non credo che i partiti, in una democrazia rappresentativa, potranno mai essere sostituiti dai movimenti. Lo sforzo di proiettare l’esperimento di Palermo a livello nazionale mi vede d' accordo. Ma anche in politica ci sono tempi di maturazione che non si possono saltare. Non vedo dove La Rete e la Cosa possano andare. C' è una coincidenza d' analisi, con soluzioni diverse. Mi chiedo: c' è spazio in Italia per due sinistre emergenti? Non credo, perché un uomo con due bracci sinistri è soltanto un mostro. Confluiranno La Rete e la Cosa? Io spero di no. Io spero che la Dc, ormai all' ultima spiaggia, sappia rinnovarsi anche se sarà difficile risalire la china. E se non saprà fare questo sforzo, credo che si andrà verso quello che già De Gasperi, il 18 aprile 1948, auspicava: ovvero, la separazione delle forze cattoliche in un partito conservatore e in un movimento più ardito di ispirazione cattolica, sì, ma laico e confessionale. Anche questo mi piace poco, ma per il fatto che non piaccia, non vuol dire che non nasca. E se nasce, noi che siamo per il diritto alla vita, non uccideremo il pargoletto. La Mafia. Bisogna trovare l’unità degli onesti. Ma bisogna anche sapere che non è sufficiente ritrovarsi uniti come contro il terrorismo. Le Brigate Rosse erano l’anti-Stato estraneo allo Stato. Il dramma è che la mafia è nello Stato e non si può toccare la mafia senza mettere a subbuglio anche lo Stato.

di Giuseppe D’Avanzo - La Repubblica pag. 2

 

469.        25 settembre 1990 - martedì

COSSIGA INSISTE: SUBITO CONTROMISURE

di Nino Masiello - IL MATTINO

 

470.        25 settembre 1990 - martedì

I VESCOVI RIBADISCONO: I SACERDOTI DEVONO EVITARE GLI SCONFINAMENTI POLITICI

IL MATTINO

 

471.        25 settembre 1990  

COSSIGA CONTRO LA PIOVRA CHIEDE MISURE STRAORDINARIE

 

IL MATTINO

 

472.        25 settembre 1990 – martedì

Drammatico messaggio del capo dello Stato alle Camere alla vigilia del dibattito parlamentare sulla criminalità al Sud. Cresce la polemica sulle critiche del Quirinale a Orlando e a padre Pintacuda. Bodrato: «Il presidente della Repubblica sbaglia»

COSSIGA AMMETTE IL FALLIMENTO

«LA MAFIA MINACCIA LO STATO E L'UNITÀ DELLA NAZIONE»

Drammatica lettera del presidente della Repubblica alla Camera, al Senato, al Csm e al ministro Vassalli alla vigilia del dibattito parlamentare sul dilagare della criminalità nel Sud. Cossiga chiede «un concorde e solidale» impegno di tutti. Ed è polemica dopo le sue accuse ad Orlando. L'ex sindaco le definisce «un episodio inquietante», mentre c'è amarezza nella sinistra DC: «Si rischia di sbagliare bersaglio».

……………………E a Palermo padre Sorge critica sia Orlando (che è stato «un ottimo guidatore di bulldozer»), sia padre Pintacuda («aver teorizzato che il sospetto è l'anticamera della verità ha provocato l'inizio di una inutile caccia alle streghe»).

Amarezza e sorpresa nella sinistra DC per le parole di Cossiga………………….

di Giorgio Frasca Polara - L'Unità prima pagina

 

IL QUIRINALE VUOL CHIUDERE IL CASO ORLANDO MA ANCHE IL MESSAGGIO FA DISCUTERE

Il Quirinale vuol chiudere il caso Orlando

Ma anche il messaggio fa discutere

Per il Quirinale il caso Orlando è già chiuso: «C'è stato un attacco al capo dello Stato e c'è stata una replica». Cossiga è più interessato alle risposte al suo appello per una «rivolta» contro la minaccia criminale. Ma emergono già «letture» differenti. L'andreottiano Cristofori lo usa contro il PCI. Il PSI vive un «disagio che rischia di essere insopportabile». E il Pri ricorda che ci sono «stalle» da ripulire...

ROMA. È la seconda volta nell'arco di due mesi, che il presidente della Repubblica

esercita il suo •magistero d’influenza» attraverso alti scritti. Il 26 luglio scorso fu un'piccolo messaggio» al Parlamento sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura. Ieri Francesco Cossiga ha fatto ricorso alla forma epistolare per sollecitare una reazione adeguata all'attacco allo Stato sferrato dalla criminalità organizzata. Insomma, su due questioni cruciali, il capo dello Stato non se l'è sentila di aspettare i tempi lunghi delle verifiche costituzionali e delle calibrale elaborazioni dell'annunciato messaggio, formale e solenne, al Parlamento sulla giustizia. Ma come due mesi fa Cossiga fece più discutere per la sua presa di posizione ostile alla concezione dell'autogoverno del Csm e alla protesta espressa da Elena Pacioni di «Magistratura democratica», questa volta a sorprendere è l’inventiva lanciata dal capo dello Stato nei confronti di Leoluca Orlando e padre Ennio Pintacuda.

È sicuramente sbagliato presentare gli atti pubblici poi compiuti da Cossiga come un tentativo di riequilibrare le reazioni irritate ai suoi critici: appunto, ieri la Pacioni e oggi Orlando. …………………………………………………………

E ieri sera un vertice a via del Corso ha confermalo la condizione di •disagio» del Psi: -Può diventare insopportabile», avverte il vicesegretario Giulio Di Donato, che oggi parlerà nell'aula di Montecitorio: «O si creano condizioni per la sicurezza pubblica o non ci sono le condizioni per un serio impegno di governo-. E Di Donato a sostegno di questa posizione invoca la «giustezza» dei rilievi («Compresi quelli a Orlando e Pintacuda») di Cossiga: «Si tratta - incalza - di garantire un indirizzo comune e non lasciare che ogni pezzo vada per proprio conto»

di Pasquale Cascella - L'Unità pag. 3

 

SALVI: «UNITÀ ANTIMAFIA? È IL GOVERNO CHE NON È IN REGOLA

«Il presidente ha fatto bene a dire come davvero stanno le cose ma sbaglia ad attaccare Orlando». «Solo pochi giorni fa Gava forniva statistiche tranquillizzanti»

Cossiga ha fatto bene a dire finalmente a chiare lettere come stanno le cose:

e cioè che quella della mafia è a tutti gli effetti un'aggressione alle istituzioni, alla democrazia e ai diritti dei cittadini. Da questo punto di vista un messaggio importante, ben diverso da quello rassicurante che il governo e Gava hanno propinato fino a qualche giorno fa. Ed è importante anche il richiamo all'unità nella lotta alla malia, anche se non penso che questa lotta possa essere fatta mettendo sotto accusa Orlando e padre Pintacuda».

………………………………………………………………………….………………….

Veniamo al nuovo «caso» Orlando. Le critiche di Cossiga sono parse eccessive e Immotivate.

Non condivido assolutamente le critiche rivolte dallo stesso Cossiga all'ex sindaco di Palermo. Una cosa è chiara, l'unità contro la mafia non si realizza mettendo sotto accusa Orlando e padre Pintacuda. Al di là di ogni giudizio politico, è indiscutibile la buona fede di chi ha scelto l'iniziativa antimafiosa come terreno di impegno politico.

di Bruno Miserendino Cascella - L'Unità pag. 3

 

ALLARME CRIMINALITÀ - LA REAZIONE DEI SOSTENITORI DELL'EX SINDACO «LE ACCUSE DEL PRESIDENTE POSSONO PRODURRE UN ISOLAMENTO NOCIVO PER L’INCOLUMITÀ FISICA». - PER PIETRO FOLENA «È UN ATTACCO INAUDITO

………………………………………………………….. Il segretario regionale del PCI Pietro Folena ha espresso solidarietà a Orlando e Pintacuda - «un prete fanatico», ha definito il gesuita palermitano Cossiga - giudicando «inaudito» l'attacco del presidente della Repubblica. «È incredibile – sostiene Folena - che quando la Sicilia si indigna per uno Stato che lascia soli i magistrati e la gente per bene, il nemico diventi uno che ha dato e dà un contributo alla lotta alla mafia. Ci vorrebbe davvero più umiltà da parte di chi sa che lo Stato ha questa colpa». ……………

di Alberto Leiss - L'Unità pag. 4

 

LA SINISTRA DC: «COSSIGA INDICA UN FALSO BERSAGLIO»

ROMA. C'è imbarazzo, nella sinistra DC. E insieme costernazione e sorpresa davanti alla durissima polemica del presidente Cossiga contro Leoluca Orlando e padre Pintacuda.

«Il Quirinale va caccia di mosche con il cannone», commenta amareggiato un esponente

che vuole mantenere l'anonimato……………………………. E’ la parte sul «povero» e «bravo ragazzo» Orlando, che secondo Cossiga con le sue «intemperanze» - e «malconsigliato da un prete fanatico» come il gesuita Pintacuda - ha «sfasciato tutto quello che di unitario si era creato» contro la mafia.

Parole che a Bodrato non sono piaciute……

di Stefano Di Michele - L'Unità pag. 4

 

PADRE SORGE: «LA POLITICA A PALERMO NON HA PIÙ BISOGNO DI BULLDOZER...»

Padre Bartolomeo Sorge Padre Sorge all'indomani del duro intervento del capo dello Stato parla di Orlando, di Pintacuda, del futuro di Palermo: «Il terrorismo era un antistato contrapposto allo Stato, anche la mafia è un antistato ma è presente all'interno dello Stato. Ecco perché ogni volta che la mafia si sente colpita mette in movimento

tutto il settore all'interno del quale si è insediata.

PALERMO I cavalli della diligenza del caso-Palermo sono stanchi. E vanno cambiati. Ma quella diligenza deve essere portata in salvo, in luoghi più sicuri, anche se ci saranno altre salite impervie da scalare. Padre Bartolomeo Sorge parla per primo. Non si sottrae al fuoco di fila delle domande, ma evita abilmente tranelli e semplificazioni.

……………………………………………………………..

La seconda metafora chiama in causa padre Pintacuda, ma non è un parlar d'altro. Dice

infatti, l'animatore del Centro studi sociali padre Arrupe: Ricordo una vecchia storia che riguardava un capitano sopravvissuto alla guerra d'Africa. Quell'uomo aveva tanto sofferto nel deserto i morsi della sete che tornato alla vita normale, a guerra finita, aveva preso l'abitudine di camminare con la borraccia attaccata al collo». L'equivalente dei morsi della sete per Pintacuda? «Aver visto tanti suoi amici assassinati dalli mafia. Un'esperienza questa che lo ha segnato personalmente». Sulla buona fede di Orlando e Pintacuda, ai quali è fra l'altro legato da antica amicizia, Sorge non ha dubbi, anche se li critica entrambi per la «personalizzazione» dell'esperienza politica palermitana.

E a Pintacuda riserva un passaggio duro: «Aver teorizzato che il sospetto è l'anticamera della verità ha provocato l'inizio di una inutile caccia alle streghe, questa esasperazione, questa intransigenza hanno nuociuto al consenso». Tasto sul quale padre Sorge insiste un'altra volta stigmatizzando il comportamento liquidatone di chi non tollerava, bollandole di mafiosità, «critiche anche sfumale, spesso più che legittime, su alcune distorsioni della stagione politica di Palermo».

di Saverio Lodato - L'Unità pag. 4

 

DIEGO NOVELLI E DACIA VALENT SOLIDALI CON L'EX SINDACO: «INDAGATE SUI MAFIOSI ELETTI»

ROMA «Se non le avessimo ascoltate per radio, dalla viva voce di chi le ha pronunciate, non avremmo mai potuto credere nella loro autenticità»: così Diego Novelli, in un articolo su Avvenimenti, giudica le parole usate da Cossiga per la polemica con Orlando e Pintacuda. L'ex sindaco di Torino ricorda anche che recentemente alla Camera il capo della polizia ha rivelato che circa 500 amministratori locali erano inquisiti per fatti legati alla mafia, alla 'ndrangheta e alla camorra. Amministratori ricandidati dai loro partiti e rieletti. «È lecito domandare al presidente della Repubblica - scrive ancora Novelli – quali iniziative hanno inteso assumere per porre fine a questa vergogna?» ……………….

Proprio Capanna ha inviato una lettera di solidarietà a Orlando e Pintacuda, ricordando che la mafia «è direttamente e assai bene rappresentata in Parlamento e nel governo». Ironicamente, Capanna chiede anche a Sant'Ignazio da Loyola di perdonare «il presidente» per il suo attimo di smarrimento……………….

L'Unità pag. 4

 

473.        26 settembre 1990 - mercoledì

LA MALFA E I SOCIALISTI 'UNA VERA DELUSIONE

Preoccupazione per l’appello di Cossiga, indignazione per le uccisioni, timori per i fallimenti passati e futuri, tensione morale contro lo strapotere criminale: non c' è niente di tutto questo fra i politici che solo a tarda sera, in attesa che parli Andreotti, affollano il Palazzo. La Sicilia è lontana e isolata. Craxi e Gunnella prendono insieme un caffè, De Mita e Forlani parlottano di Dc, nella sala stampa Mino Martinazzoli, immobile sotto gli spot di Retemia, ripete che la prossima volta non sarà più candidato al Parlamento. In questa lunga giornata dedicata alla lotta alla mafia, la Sicilia si fa vicina soltanto quando si inserisce nel calcolo politico: può diventare un tema di scontro, forse un argomento da crisi di governo? Prima ancora che parli Andreotti i socialisti fanno capire che su questo problema sono disposti a tutto. ……….Ma il socialista Di Donato lascia intravedere soluzioni diverse: Non escluderei che arrivasse a qualche decisione rapidamente. E poi? E poi, se questo accadesse, c' è già un candidato in pectore che va bene un po' a tutti: C' è Scalfaro dice Di Donato una persona adatta, con grande esperienza, al di sopra delle parti. Cerca di spegnere la ridda di voci il vicesegretario della Dc, Lega: Riconfermiamo al governo e al ministro la piena solidarietà del partito, smentendo anche in tal modo le voci di dimissioni che non hanno nessun fondamento. Appassiona alcuni la polemica di Cossiga contro Orlando. Un liberale doc, Raffaele Costa, esprime perplessità: Io non ho niente a che spartire con l’ex sindaco di Palermo. Però il capo dello Stato ha sbagliato: con Pintacuda per un motivo di principio, e con Orlando per un motivo politico. Sbardella, l’andreottiano romano, accusa Cossiga di un eccesso di legittima difesa. Padre Sorge non esclude la nascita di un altro partito... Da tempo Sorge è favorevole a un secondo partito cattolico. Quello che contesto ad Orlando spiega Sbardella è che il suo sarebbe un partito più a sinistra della Dc. In difesa di Orlando e di padre Pintacuda si schierano anche magistrati e politici della Sinistra indipendente: È preoccupante che la persona che rappresenta la più alta carica della Repubblica risponda in modo sprezzante alle critiche che gli vengono rivolte. Dice Martinazzoli: Le parole di Cossiga su Orlando mi hanno provocato malinconia.

di Sandra Bonsanti - La Repubblica pag. 2

 

474.        26 settembre 1990 - mercoledì

SOTTO CONTROLLO LE BANCHE

……. A proposito dell’allarme lanciato dal presidente della Repubblica è intervenuto ieri anche il senatore comunista Maurizio Ferrara, polemico con l’Unità per la linea assunta dal quotidiano e dal segretario regionale del Pci in Sicilia. Ferrara considera giusto e ben indirizzato l’allarme di Cossiga e trova irresponsabile e grottesco il tentativo di elevare al ruolo di alfieri della democrazia e di vittime personaggi decisamente ambigui e minori come Leoluca Orlando e il gesuita Pintacuda, più da ignorare che da assumere come vessilli. Conclude Ferrara: Se è vero che in alcune regioni lo Stato è sopraffatto dalla criminalità eversiva se ne devono trarre rapide e inesorabili conclusioni di emergenza in materia di provvedimenti amministrativi, legislativi, di ordine pubblico.

di Concita De Gregorio - La Repubblica pag. pag. 3

 

475.        26 settembre 1990 - mercoledì

UNA MORTA GORA. Ho ascoltato alla radio, con grande stupore, le parole del Presidente della nostra Repubblica, laica e democratica, a proposito di quel ' bravo ragazzo' quarantenne, ex-sindaco di Palermo. Non mi intendo di diritto costituzionale, ma mi chiedo se quel sassolino che il Presidente si è tolto dalla scarpa, non sia piuttosto un pesante macigno scagliato contro la libertà del dissenso e della opposizione. Leoluca Orlando è un libero cittadino che, a modo suo e a suo rischio e pericolo, conduce una battaglia coraggiosa contro la mafia con molta coerente determinazione. Come libero cittadino non può accettare mi sembra ovvio le bacchettate di un Presidente della Repubblica, chiamato a difendere la libertà di ciascuno e di tutti. A Leoluca Orlando si può rimproverare a mio avviso di non essersi ancora dimesso dalla Dc per accettare il ruolo incomodo e difficile del libero battitore; ma questo è un rimprovero che si addice al Segretario del suo Partito, non al Presidente della nostra Repubblica, laica e democratica. Altrettanto grave mi è sembrato l’invito, rivolto alle autorità ecclesiastiche, di richiamare all’ordine (quale ordine?) il gesuita Pintacuda, anche lui un libero cittadino, maggiorenne e vaccinato, reo di esprimere le sue opinioni e di mal consigliare l’intraprendente Orlando. In questa morta gora, inquinata dalla indifferenza (direbbe Gobetti), resa torbida dalla corruzione, immobilizzata dall' arroganza del potere costituito, la voce alta e forte dell’ex-sindaco di Palermo apre un pur tenue spiraglio di speranza nell' animo degli onesti che ancora ci sono e nonostante tutto sopravvivono. Non riesco a capire perché si voglia farla tacere. Non sono più capace di rendermi conto se il mio stupore è oggi giustificabile oppure privo di ogni buon senso.

Bruna Talluri Siena

LETTERE - COMMENTI - La Repubblica pag. 10

 

476.        26 settembre 1990 - mercoledì

MORIRONO INSIEME MA LI RICORDANO CON 2 CERIMONIE

PALERMO. Il fronte antimafia si spacca ancora, come era già avvenuto il 3 settembre per la fiaccolata nel nome del generale Dalla Chiesa. Anche ieri infatti, per ricordare l’uccisione del giudice Cesare Terranova e di Lenin Mancuso, il maresciallo di polizia che lo scortava, si sono svolte due cerimonie separate, annunciate da manifesti diversi. La prima, davanti la lapide che in via De Amicis ricorda l’agguato dove si sono raccolti in commosso ricordo la vedova del magistrato, Giovanna Giaconia, il sindaco Lo Vasco e alcune autorità. Invece il figlio di Mancuso, Carmine (che è il presidente del coordinamento antimafia) ha scelto di ricordare il padre nella chiesetta del cimitero dei Rotoli. Qui il gesuita padre Ennio Pintacuda ha celebrato una messa di suffragio, presenti fra gli altri l’ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando e il figlio del giudice Antonino Saetta, ucciso due anni fa a Canicattì. Carmine Mancuso ha spiegato il no a partecipare alla celebrazione nella quale era presente il sindaco Lo Vasco: Non ci si può mettere a fianco di chi ha contestato Orlando e la primavera politica. Non si può stare tutti insieme appassionatamente quando bisogna commemorare uomini che hanno pagato un prezzo altissimo per la democrazia. Perché, oggi, proprio la democrazia è seriamente in pericolo. Con il sindaco di Palermo c' era invece la vedova del magistrato Terranova, Giovanna Giaconia, che è presidente dell’associazione Donne contro la mafia: In un giorno come questo preferisco non fare commenti. Il mio stato d' animo mi dice di star fuori dalle polemiche. Se ne sono fatte anche troppe. Il fronte antimafia è a pezzi. Leoluca Orlando ha preferito non intervenire ancora sulla polemica con il presidente della Repubblica. Lo ha fatto invece Pintacuda in alcuni passi della sua omelia: Nessuno può darci lezioni di antimafia. A chi ci accusa di fanatismo rispondiamo che l’amore per la giustizia è sempre fanatico quando non si agisce per calcolo.

di U. R. - La Repubblica pag. 6

 

477.        26 settembre 1990 - mercoledì

PADRE MACCHI: PINTACUDA HA SBAGLIATO

Orlando sempre più isolato

«E un caso che avevo trattato in altra sede tempo addietro, e sul quale non sono più tornato, convinto che le cose avrebbero seguito il loro corso; e così è stato». Il segretario del Psi Bettino Craxi, a quanto riferisce l'agenzia Adn Kronos, ha così commentato i giudizi formulati l'altro giorno dal presidente della Repubblica Francesco Cossiga nei confronti dell'ex-sindaco di Palermo, Leoluca Orlando Cascio. L'interessato parla di «una inquietante iniziativa perché viene dalla più alta autorità dello Stato». Secondo Orlando Cascio «nessuno può impedirci di sentirci vivi, anche se in qualche caso questo vuole dire violare la disciplina di partito». E comunque un fatto che Orlando Cascio appare sempre più isolato. Anche la sinistra democristiana isolana prende le distanze dalle ultime dichiarazioni; anche in casa comunista c'è chi non nasconde malumori e dissensi per l'acritica difesa che viene fatta dell'ex-sindaco. Il senatore Maurizio Ferrara ieri ha rivolto un pubblico plauso all'indirizzo di Cossiga; e al tempo stesso una sferzante critica alla linea assunta dal Pci: «Considero inquietante», sostiene Ferrara, «la posizione dell'Unità e del segretario regionale del Pci in Sicilia sull'allarme ben indirizzato, del capo dello Stato; trovo aberrante, in questo momento, la ricerca di ulteriori elementi di rottura nell'opinione pubblica e nella sinistra. Considero irresponsabile e grottesco il tentativo di elevare al ruolo di alfieri di democrazia e di vittime personaggi decisamente ambigui e minori come Leoluca Orlando e il gesuita Pintacuda, più da ignorare che da assumere come vessilli». Anche sul fronte ecclesiale, critiche; in particolare contro Pintacuda. L'agenzia di stampa Oblò ha raccolto l'opinione di padre Angelo Macchi, direttore di Aggiornamenti Sociali, del centro San Fedele di Milano: «Non sento, per ora, di poter esprimere un giudizio su padre Pintacuda. Aspetto che i miei superiori tornino da Loyola (ndr: dove è in corso un convegno della Compagnia di Gesù). Posso solo dire che probabilmente Pintacuda esagera e ha esagerato. La Cei fa benissimo a intervenire».

Mi.Mi.

 

478.        26 settembre 1990 - mercoledì

E LA PALERMO DEGLI ONESTI SI DIVIDE NELLE COMMEMORAZIONI

di Mario Obole - IL MATTINO

 

479.        26 settembre 1990 – mercoledì

Perché strapazzare i gesuiti del Paraguay?

È strano che il presidente della Repubblica abbia creduto di muovere a padre Pintacuda una critica severa paragonandone l'opera a quella dei gesuiti del Paraguay e dintorni. Su una bocca laica, ispirata dal «Candido» di Voltaire (vedi capitoli XIV, XV e XVI), l'accusa si spiegherebbe con il perdurare dei vecchi pregiudizi anticlericali. Profferita da un cattolico, suona incomprensibile.

……………………………..

Se l'orgoglio non fosse un peccato, padre Pintacuda avrebbe di che inorgoglirsi.

di Arminio Salvioli- L'Unità prima pagina

 

480.        26 settembre 1990 – mercoledì

PADRE PINTACUDA: NESSUNO PUO' DARCI LEZIONI D' ANTIMAFIA

Lui ed il suo «alunno», l'ex sindaco Leoluca Orlando, non avevano risposto alla sgridata del presidente della Repubblica. Cossiga lo aveva paragonato «ad un prete fanatico che crede di essere nel Paraguay del Seicento». Ieri, però, padre Ennio Pintacuda, gesuita laureato in teologia e in giurisprudenza, con un master in sociologia preso a New York, ha ribattuto: «Nessuno può darci lezioni di antimafia. Le cattedre più autorevoli sono quelle insanguinate. Sono le cattedre di chi è morto per la verità. A chi ci accusa di fanatismo noi rispondiamo che l'amore per la giustizia è sempre fanatico, quando non si agisce per calcolo e non ha alternative. Quando si lotta per la libertà non si può usare il bilancino. Non ci mescoleremo mai con le persone e con i gruppi che non hanno pagato un tributo di sangue. Bisogna gridare basta perché si aprano gli occhi ai ciechi». Dall'altare della cappella del cimitero dei Rotoli, padre Pintacuda ha respinto le accuse contro Orlando e contro sé stesso che lui che ha teorizzato la «primavera politica» palermitana. Ieri il gesuita ha celebrato la messa per Lenin Mancuso, il poliziotto assassinato insieme al giudice Cesare Terranova il 25 settembre 1979. Nella piccola chiesetta c'erano la famiglia Mancuso, Leoluca Orlando e alcuni ex consiglieri comunali Verdi.

Per la prima volta la commemorazione di Terranova e Mancuso si è svolta in due chiese diverse. I parenti del giudice e del suo agente di scorta non hanno ricordato insieme la strage.

Cesare Terranova è stato ricordato nella chiesa di San Stanislao, dalla moglie, Giovanna Giaconia, e dai magistrati palermitani presenti in massa. Insieme a Terranova è stato commemorato il presidente della Corte d'assise d'appello di Palermo, Antonino Saetta, assassinato insieme al figlio Stefano, il 25 settembre 1988.

Il figlio di Lenin Mancuso, Carmine, presidente del coordinamento antimafia, non ha voluto che le commemorazioni fossero celebrate insieme perché sapeva che avrebbero partecipato anche uomini della nuova giunta di Palermo, tra cui il sindaco Domenico Lo Vasco. Ha detto Mancuso: «Non ci si può mettere a fianco di chi ha contestato Orlando e la sua "primavera". Non si può stare tutti insieme quando bisogna ricordare uomini che hanno pagato un prezzo altissimo per la democrazia del paese». Un'altra spaccatura del fronte antimafia che non trova d'accordo Giovanna Giaconia, la vedova del giudice Terranova, presidente dell'associazione “Donne contro la mafia”. «In questo giorno - ha detto - non voglio fare commenti ma dedicarmi al ricordo di mio marito, del suo amico Lenin Mancuso e di tutte le altre vittime della violenza mafiosa. Le polemiche non si fanno quando si ricordano i propri cari uccisi: questo favorisce il gioco della mafia».

La giornata per ricordare il giudice e il suo autista si è conclusa di sera alla festa provinciale dell'Unità. Lì si è svolto un dibattito sul tema «In ricordo di Cesare Terranova e Lenin Mancuso, una nuova fase della lotta contro la mafia». Hanno partecipato Leoluca Orlando. Cesare Salvi, responsabile dei problemi dello stato e della giustizia del PCI, Aldo Rizzo, deputato della Sinistra indipendente, Pino Soriero, segretario regionale del PCI calabrese, Michele Figurelli, consigliere comunale di «Insieme per Palermo».

di Ruggiero Farkas - L'Unità pag. 4

 

  1. 26 settembre 1990 – mercoledì

Maurizio Ferrara critica «l'Unità» e il segretario siciliano del PCI.

Il senatore Maurizio Ferrara, vicepresidente della commissione Difesa, in una dichiarazione, tra l'altro, ha detto: “Considero inquietante la linea assunta oggi dall’l'Unità e dal segretario regionale del PCI in Sicilia sull'allarme, giusto e bene indirizzato, del capo dello Stato. Trovo aberrante, in questo momento, la ricerca di elementi di ulteriori rotture nell'opinione pubblica e nella sinistra. Considero irresponsabile e grottesco il tentativo di elevare al ruolo di alfieri di democrazia e di vittime personaggi decisamente ambigui e minori come Leoluca Orlando e il gesuita Pintacuda, più da ignorare che da assumere come vessilli. Cossiga, a mio parere, ha fatto il suo dovere assumendo l'analisi più volte enunciata dalla commissione Antimafia e dal suo presidente Chiaromonte”.

 

Rodotà e magistrati difendono Orlando e Pintacuda

Politici, magistrati, docenti ed avvocati tra i quali il ministro della Giustizia del governo “ombra” Stefano Rodotà ed il membro del Csm (e il presidente di «Magistratura democratica») Giovanni Palombari ha preso posizione in difesa dell'ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando e del gesuita padre Ennio Pintacuda, entrambi al centro di dure critiche da parte del capo dello Stato. «Avvertiamo il dovere di esprimere solidarietà civile a Leoluca Orlando e ad Ennio Pintacuda per i gravi attacchi personali pubblicamente espressi da Francesco Cossiga - afferma un comunicato -. È preoccupante che la persona che rappresenta la più alta carica della Repubblica risponda in modo sprezzante alle critiche che gli vengono rivolte». A sottoscriverlo sono stati, oltre Rodotà e Palombarini, Luigi Ferrajoli, Romeo Ferrucci, Alfredo Galasso, Ugo Natoli, Pierluigi Onorato ed il segretario generale di “Md” Franco Ippolito.

 

Solidarietà a padre Ennio Pintacuda

Paolo Flores D'Arcais, Antonio Lettieri, Gian Giacomo Migone e Tony Muzi Falconi hanno inviato questo messaggio a padre Ennio Pintacuda:

«Le esprimiamo la nostra piena solidarietà, contro l'attacco ingiustificato rivolto alla sua persona e alla sua opera preziosa nella mobilitazione della coscienza civile e morale contro la criminalità organizzata e per un profondo rinnovamento delle istituzioni e della politica».

L'Unità pag. 5

 

482.        27 settembre 1990 - giovedì

NO, SIGNOR PRESIDENTE

NO, IL CAPO dello Stato non può dar sfogo alla sua ira contro un privato cittadino. Non dovrebbe farlo in nessun caso, perché un privato cittadino è inerme nei suoi confronti, non ha alcun modo giuridicamente valido per reagire e difendersi. Ma non può tassativamente farlo quando parla in un’altissima sede istituzionale com' è il Consiglio superiore della magistratura, del quale il Capo dello Stato è il presidente, con tutti i diritti e i doveri che questa carica gli conferisce e al tempo stesso gli impone. Del resto, non fu lo stesso Capo dello Stato a impedire al Csm d' interloquire in nome della Magistratura per difendere l’onore di alcuni giudici che erano stati violentemente attaccati dal segretario del partito socialista? Cossiga disse allora che dal palazzo dei Marescialli non si può levare voce alcuna che non si attenga rigorosamente ai compiti istituzionali e all' ordine del giorno di quell' organismo di alta amministrazione. SE QUESTO richiamo e queste limitazioni che Cossiga impose al Consiglio sono validi, a maggior ragione debbono esser rispettati dal suo presidente. Egli è andato ieri al palazzo dei Marescialli per commemorare il giudice Rosario Livatino: questo e non altro era il tema ed infatti questo era il testo del discorso che il Capo dello Stato stava pronunciando dinanzi al supremo consesso della Magistratura. Ma ad un certo punto, come le riprese televisive in diretta hanno documentato a tutti gli italiani, Cossiga ha alzato la voce, ha quasi urlato attaccando l’ex sindaco di Palermo e tutti coloro che nei giorni scorsi avevano commentato criticamente l’analoga sortita del Presidente contro Orlando e contro il gesuita Pintacuda. Mentre la mafia e la camorra insanguinano il Mezzogiorno d' Italia, mentre lo stesso Capo dello Stato deve ammettere l' amarissima verità che tre regioni del paese sono ormai dominio delle organizzazioni criminali senza che gli apparati dello Stato riescano a far rispettare la legge e a ripristinare l' ordine pubblico, mentre il governo cincischia con provvedimenti che sfiorano il ridicolo, mentre di nuovo il Capo dello Stato deve constatare che molte amministrazioni locali e regionali sono infiltrate da elementi malavitosi, mentre il ministro dell' Interno latita sui piani di Arcinazzo, il solo capro espiatorio è dunque Orlando, il solo nome di persona che viene proferito dalla più alta autorità della Repubblica è il suo, è lui il reo numero uno, il reprobo, l' uomo che ha scompaginato il fronte antimafia aprendo varchi all' offensiva criminale. Par di sognare. Orlando ha certamente commesso molti errori, ha straparlato talvolta a sproposito, ma non è questo il punto. Se a Palermo e in Sicilia si è infine manifestata una rivolta morale e politica contro la mafia e la corruzione, contro i comitati d' affari dei partiti, contro le amministrazioni corrotte, questa protesta ha trovato in Orlando un punto di riferimento. Comunque lo si voglia giudicare politicamente, fare il tiro al bersaglio contro di lui, da parte della più alta istituzione repubblicana, non avvilisce Orlando ma l’istituzione e l’uomo che la rappresenta. Concludendo il suo intervento Cossiga ha chiesto scusa alla nazione dello sfogo dettatogli dall' ira. Preferiremmo che il nostro Presidente si scusasse di meno ed evitasse argomenti dei quali non gli compete parlare e che sono di serio nocumento al prestigio delle istituzioni che, finora degnamente, egli rappresenta.

Editoriale di Eugenio Scalfari - La Repubblica prima pagina

 

483.        27 settembre 1990 - giovedì

SONO FIERO DI AVER ROTTO CON ANDREOTTI

A seguito delle inquietanti dichiarazioni del capo dello Stato si è provocata l’individuazione di un fronte che vuole la restaurazione ma, nello stesso tempo, si è individuato che quel che è in gioco in Italia è la democrazia. Leoluca Orlando l’ha detto, intervenendo a un dibattito durante la festa dell’Unità di Palermo, mercoledì pomeriggio. Consenso e potere non vanno d’accordo, ha sostenuto l’ex sindaco. E ha esemplificato parlando del rapporto tra Craxi e il Psi: Ha il massimo del potere e il minimo del consenso. Quanto alla rivolta morale invocata da Cossiga, Orlando ha detto che nella sua città è già avvenuta: Cosa poteva fare di più la gente di Palermo? Ma non tutti ha aggiunto hanno titolo per chiedere la rivolta morale. Come potrebbero chiederla, ad esempio, Andreotti e i suoi amici di ieri e di oggi, da Ciancimino a Lima? Secondo Orlando, che si è spesso rivolto ai presenti chiamandoli compagni comunisti, il nemico è sempre lo stesso: chi non vuole che l’opposizione diventi forza di governo. Che poi ha aggiunto è esattamente il piano di rinascita di Gelli. Orlando, infine, si è detto fiero di aver rotto l’unità con Andreotti: Altrimenti oggi sarei sindaco di un monocolore. All' ex sindaco di Palermo e al padre gesuita Ennio Pintacuda continuano a giungere messaggi di solidarietà da ogni parte d' Italia. Molti di essi hanno la forma di lettere aperte al capo dello Stato. È il caso di un documento sottoscritto da associazioni cattoliche, iscritti alla Dc, intellettuali, sindaci e consiglieri comunali delle province di Venezia, Padova e Udine: Signor presidente, comincia la lettera, la sua posizione è inquietante, è un tragico errore che rischia di provocare effetti devastanti. Si sono uniti alla critica verso il capo dello Stato (già lanciata da Luigi Ferraioli, Romeo Ferrucci, Alfredo Galasso, Franco Ippolito, Ugo Natoli, Pier Luigi Onorato, Giovanni Palombarini e Stefano Rodotà) anche l'ex sindaco comunista di Torino, Diego Novelli, don Luigi Ciotti, fondatore del gruppo Abele, e altri sessanta politici e intellettuali del capoluogo piemontese. E poi il capogruppo democristiano del consiglio comunale di Pistoia e, con lui, altri consiglieri, intellettuali e associazioni, gli aderenti alLa Rete di Marsala, il gruppo Daniele di Palermo, il Centro studi di politica morale di Udine, consiglieri di Città per l'Uomo di Pistoia, Reggio Calabria, Cassano d' Adda, Bari, Lecce, Campobasso.

La Repubblica pag. 11

 

484.        27 settembre 1990 - giovedì

LA MINACCIA DI COSSUTTA

Avanti               R.PUL

 

485.        27 settembre 1990 - giovedì

Come reagiscono il «bravo ragazzo» e il «gesuita del Paraguay del 600» dopo le brucianti critiche rivolte da Cossiga

LASCIATECI LA LIBERTA' DI NON TIRARCI INDIETRO

I superiori gli hanno consigliato di tacere padre Pintacuda osserva la consegna del silenzio, ma, celebrando la messa per il giudice Terranova, non trattiene l'amarezza - Leoluca Orlando vuole stare «solo con sé stesso», ma prima di sparire averte:

«C'è un fronte che vuole la restaurazione»

di Felice Cavallaro - Corriere della Sera

 

486.        27 settembre 1990 - giovedì

APPELLO ALL' UNITA' SENZA MAFIA

Gazzetta del Sud

 

487.        27 settembre 1990 - giovedì

NUOVA REQUISITORIA CONTRO ORLANDO

di Lucio Tamburini - Gazzetta del Sud pag. 16

 

488.        27 settembre 1990 - giovedì

COSSIGA AI GIUDICI: SONO CON VOI

Giornale di Sicilia

 

489.        27 settembre 1990 - giovedì

GIU' LE MANI DA ORLANDO

di Valerio Gualerzi - - Il Manifesto

 

490.        27 settembre 1990 - giovedì

SUL PALCOSCENICO DEL CSM

di Daria Lucca - Il Manifesto pag. 7

 

491.        27 settembre 1990 - giovedì

COSSIGA: FATE PRESTO

IL MATTINO

 

492.        27 settembre 1990 - giovedì

COSSIGA, UNITA' CONTRO IL CRIMINE

di Chiara Graziani - IL MATTINO pag. 3

 

493.        27 settembre 1990 - giovedì

IL GESUITA DI NOME FIDEL

Il gesuita di nome Fidel

L’ATTITUDINE del PCI a strumentalizzare ogni cosa dalla politica alle istituzioni, dalla cultura alla religione si traduce, ahinoi! in una sorta di china rovinosa al termine della quale scompare ogni forma di sorveglianza critica e di auto-ironia. Nella foga, strumentale, di difendere Padre Pintacuda da recenti autorevoli attacchi, L'Unità di ieri s'è abbandonata ad una difesa, che rasenta il panegirico, dell'opera dei gesuiti nell'America Latina del 1600. E fin qui tutto bene. L'acquisizione di certe verità storiche, ancorché per vie trasversali rappresenta sempre un dato positivo. Per quel poco che conosciamo, siamo, infatti, anche noi convinti del fatto che l'esperimento grandioso dei gesuiti tra gli indios del sei-settecento, vada non solo e non tanto esaltato e riproposto, quanto seriamente «storicizzato»: cioè finalmente rivisitato prescindendo da certi pregiudizi illuministici e tenendo conto, non delle nostre sensibilità per così dire liberal-democratiche, ma del modo di essere e di pensare di quel tempo e delle condizioni storiche entro cui allora operava lo slancio missionario e utopistico della Compagnia di Gesù. Ma dove siamo rimasti interdetti è quando lo zelante articolista dell'Unità, nel goffo tentativo di cogliere due piccioni con una fava -cioè di catturare i gesuiti e di osannare i superstiti e tetri regimi comunisti - si ricongiunge a Fidel Castro, il quale - così scrive - «ancora tiene duro, arroccato in quella che, con un po' di fantasia, potremmo considerare l’ultima metamorfosi, in panni marxisti, delle missioni inaugurate proprio dai gesuiti quattro secoli fa». E così conclude: «Se l'orgoglio non fosse un peccato padre Pintacuda avrebbe di che inorgoglirsi». Il tutto si commenda da sé.

Bertoldo - IL POPOLO

 

494.        27 settembre 1990 - giovedì

COSSIGA PRONTO A CHIEDERE ANCHE LEGGI ECCEZIONALI

di Antonio Savi - ITALIA OGGI

 

495.        27 settembre 1990 - giovedì

LA SFURIATA DI COSSIGA AL CSM

di Marco Brando - L'Unità pag. 8

 

496.        27 settembre 1990 - giovedì

ORLANDO: SONO FIERO DELLA SCELTA DI ROTTURA

di Giovanni Ciancimino - La Sicilia pag. 2

 

497.        27 settembre 1990 - giovedì

L' URLO DI COSSIGA

di Alessandro Cassieri - La Sicilia

 

498.        27 settembre 1990 - giovedì

ORLANDO: COMPAGNI, NON STO CON ANDREOTTI

La Stampa

 

499.        27 settembre 1990 - giovedì

SU PINTACUDA AUTOGOL DEL PCI

La Stampa         9          ADNKRONOS27

 

500.        27 settembre 1990 - giovedì

COSSIGA SFERZA POLITICI E MAGISTRATI

di Ruggero Conteduca - La Stampa pag. 7

 

501.        27 settembre 1990 - giovedì

COSSIGA CONTRO TUTTI

La Stampa

 

502.        27 settembre 1990 - giovedì

ORLANDO SENZA TREGUA

  3          CRISTINA FRATELLONI

 

503.        28 settembre 1990 - venerdì

CON L' EX SINDACO CATTOLICI DI PRESTIGIO

Trenta intellettuali cattolici scendono in campo in difesa di Leoluca Orlando e criticano apertamente il presidente della Repubblica Francesco Cossiga per le dure critiche fatte all' ex sindaco di Palermo. In un comunicato, i trenta, oltre a sottolineare il generoso impegno politico e il patrimonio morale di Orlando, affermano che non è accettabile che l’ex sindaco, un uomo che tanto ha fatto per ridestare la coscienza civile del Mezzogiorno, possa apparire, di fronte all' opinione pubblica, responsabile di un danno all' unità nella lotta contro la mafia, così come aveva affermato Cossiga nel suo intervento al Csm di mercoledì scorso. Ai firmatari (tra gli altri lo storico Pietro Scoppola, Ermanno Gorrieri, i professori Paolo Prodi e Alberto Monticone, ex presidente dell’Azione Cattolica, e due senatori democristiani, Nicolò Lipari e Domenico Rosati, ex presidente delle Acli), risulta, inoltre, incomprensibile la richiesta fatta da Cossiga alla Curia generalizia di intervenire a carico del gesuita Ennio Pintacuda. È un pericoloso invito, precisano, che potrebbe compromettere un corretto rapporto tra lo Stato e la Chiesa. Anche la presidenza nazionale delle Acli difende Orlando e i gesuiti di Palermo. La loro azione, si legge in una nota, seppure con inevitabili limiti e esasperazioni, costituisce un riferimento per chi voglia ricostituire una reale unità e ridare allo Stato quella dignità oggi offesa da tante connivenze e tanto colpevole abbandono. Per l’ex ministro Mino Martinazzoli, quella di Orlando non è una risposta, è il sintomo di una esasperazione, ma quando non c' è altro, non si può dire con grande tranquillità che è tutto sbagliato quel tipo di rivolta. Solidarietà a Orlando anche da parte di 126 esponenti del mondo politico, culturale e sociale, tra i quali l’europarlamentare comunista Diego Novelli, e numerosi sindaci. In una lettera aperta dichiarano di aver ascoltato con preoccupazione e sgomento la condanna di Cossiga per uno dei protagonisti della primavera politica nazionale. Ugo Intini, portavoce della segreteria del Psi, polemizza invece con Repubblica per le critiche rivolte dal suo direttore a Cossiga e per aver difeso un sindaco demagogo e un gesuita politicante.

La Repubblica pag. 8

 

504.        28 settembre 1990 - venerdì

RACCOLTE DI FIRME A PALERMO PRO- ORLANDO E PINTACUDA

Il Giornale

 

505.        28 settembre 1990 - venerdì

CI SCONCERTANO LE ACCUSE DI ORLANDO

di Stefano Di Michele - L'Unità pag. 4

 

506.        28 settembre 1990 - venerdì

A PALERMO SI SOTTOSCRIVE PER ORLANDO SINDACO

Duecentosessanta abitanti del quartiere Zisa, ed in particolare di via Eugenio L'Emiro, hanno sottoscritto un appello di solidarietà nei confronti dell'ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando e del gesuita padre Ennio Pintacuda «colpiti da un attacco ingiusto e ingiustificato». Sul foglio che raccoglie le firme, uno degli abitanti ha anche scritto: «Vogliamo Leoluca Orlando sindaco». A diffondere la raccolta di firme, via telefax alle redazioni giornalistiche, è stata la segreteria del prof. Leoluca Orlando. I fogli sottoscritti dagli abitanti del quartiere Zisa vengono preceduti da un dattiloscritto nel quale è anche detto: «Noi cittadini di Palermo abbiamo già detto, con il nostro voto, che vogliamo una politica nuova, che combatta veramente la mafia. Leoluca Orlando è per noi punto di riferimento e sindaco della città».

 

IL GRUPPO LUCA (CATTOLICO) SOLIDALE CON PADRE PINTACUDA

Il «Gruppo Luca», un'aggregazione Socio-politica di ispirazione cattolica, si rivolge, con una lettera aperta, al padre generale della compagnia di Gesù in difesa di padre Ennio Pintacuda, definito dal presidente Cossiga come un «prete fanatico nel Paraguay del '600», «La Compagnia di Gesù, con l’innegabile e indiscutibile opera di padre Pintacuda - afferma il Gruppo Luca- è un chiaro e preciso punto di riferimento per i cittadini palermitani e no, con la speranza che tale contributo non venga mai a mancare. Qualcuno cerca di' impedire, con trame losche e con disegni diabolici, che si porti a compimento nella città di Palermo e nel nostro paese quel tentativo di normalizzazione della vita politica sociale. Non si capisce perché i sacerdoti non possano contribuire a risolvere i problemi politici.

L'Unità pag. 7

 

 

507.        28 settembre 1990 - venerdì

ORLANDO NON ABBASSA LA GUARDIA

di Roberto Fuccillo - La Repubblica

 

508.        28 settembre 1990 - venerdì

CON L' EX SINDACO CATTOLICI DI PRESTIGIO

La Repubblica

 

509.        28 settembre 1990 - venerdì

IL SINDACO CIANCI MENO!

VIGNETTA     La Repubblica GIANNELLI

 

510.        28 settembre 1990 - venerdì

MA CHI SFASCIA ORLANDO?

MICHELE NICOLETTI

 

511.        28 settembre 1990 oppure 28 dicembre 1990?

vedi Il Guado pag. 114

Padre Pintacuda ad Andria. Incontro cittadino organizzato dai Padri Salesiani

 

512.        29 settembre 1990 - sabato

LA MALFA DIFENDE ORLANDO DA COSSIGA

L’attacco, più volte ripetuto in occasioni pubbliche e private, del capo dello Stato a Leoluca Orlando e a padre Pintacuda non è piaciuto al segretario repubblicano Giorgio La Malfa. Ieri a Milano, La Malfa ha detto: Orlando è uomo della Dc e questa è una polemica interna a quel partito. Cossiga meno se ne occupa meglio è. Un giudizio piuttosto tagliente, che già si intravedeva dai commenti della Voce Repubblicana dei giorni scorsi. Il giornale del Pri, infatti, aveva apprezzato l' appello sulla lotta alla criminalità, ma aveva aggiunto che tutto il resto era polemica inutile. La Malfa ha voluto precisare cos' era quel resto…….

La Repubblica pag. 8

 

513.        30 settembre 1990 – domenica

In visita a Ravenna il Presidente Cossiga polemizza con gli "intellettuali cattolici tra virgolette" che avevano solidarizzato con Orlando e Padre Pintacuda

 

514.        30 settembre 1990 - domenica

COSSIGA: 'ORLANDO È ALLO SBANDO

RAVENNA Che Orlando sia sceso a questo genere di cose mi addolora profondamente, mi fa pensare che sia in preda a un profondo sbandamento. E mi addolora anche pensare che io possa esserne una concausa. Nello stretto corridoio del palazzo comunale, Francesco Cossiga abbandona il sorriso aperto, rassicurante, che ha esibito per tutta la prima parte della sua visita ufficiale a Ravenna. Sono le 17. Pochi minuti prima, parlando a braccio ai sindaci della provincia, il Presidente aveva scherzato sulle tranvate, le stangate che gli piovono addosso ultimamente: Io mi modero, ma a un certo punto difendo la mia carica e la mia funzione. Non deve attendere molto per darne un esempio. La tranvata gli arriva firmata Leoluca Orlando, sotto forma di un foglio d'agenzia: in una intervista l' ex sindaco, rispondendogli, ha detto tra l'altro che, come consigliere, Pintacuda è meglio di Licio Gelli. E Cossiga reagisce. Senza astio, ma con qualcosa che è più dell' astio: la commiserazione. Mi addolora profondamente quello che dice Orlando. Mi addolora per lui. Conosco Leoluca Orlando, sono entrato in polemica con lui, ma è un ragazzo onesto, con un forte senso morale. Francamente vederlo abbassarsi così mi spiace molto………. Ma il presidente ha un sassolino da togliersi: la lettera dei trentatré intellettuali cattolici (tra cui Scoppola, Rosati, Gorrieri, Monticone), sconcertati per gli attacchi del presidente ad Orlando e a padre Pintacuda. E lo fa alla prima occasione, prendendola alla lontana, partendo proprio dal Risorgimento. Il Risorgimento maltrattato dal cardinale di Bologna Giacomo Biffi, in un discorso bollato subito da Bettino Craxi come rigurgito di clericalismo nero. Sereno, disteso, Cossiga usa invece l'arma della rispettosa ironia. ……….. Vorrebbero essere le ultime parole della giornata. Non lo saranno.

di Michele Smargiassi - La Repubblica pag. 7

 

515.        30 settembre 1990 – domenica

MEGLIO PINTACUDA DI GELLI

L'ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando risponde a Cossiga punto su punto e insiste nel definire inquietante l'uscita del capo dello Stato. In una intervista all' Espresso spiega le sue ragioni e contrattacca. A proposito del suo rapporto col padre gesuita Ennio Pintacuda (definito da Cossiga un prete fanatico) l'ex sindaco di Palermo afferma: Non ho nulla di cui debba vergognarmi se chiedo consigli a un prete. Credo sia meglio farsi consigliare apertamente da un sacerdote piuttosto che chiedere occultamente indicazioni a Licio Gelli. Secondo Orlando, l'attacco di Cossiga è inquietante per molti motivi: Sotto il piano istituzionale visto che si tratta di un attacco fortemente personalizzato a giudicare comportamenti di un singolo cittadino e perché realizza una inammissibile ingerenza del massimo rappresentante della Repubblica nelle vicende interne di un ordine religioso. Sul piano del costume perché rischia di dar vita a una sorta di tiro al bersaglio, in cui il bersaglio siamo io stesso e padre Pintacuda. Quando gli è stato chiesto se tema per la sua incolumità fisica, l’ex sindaco di Palermo ha chiarito il concetto precedente: È una condizione che vivo ormai da parecchi anni. Ma che certamente le parole di Cossiga non hanno alleggerito. Rischio di apparire al tempo stesso scomodo ed eliminabile. Spero aggiunge Orlando che questa mia scomodità possa rappresentare, in qualche misura, una specie di assicurazione. E ancora: Trovo che l’attacco diretto contro di me e padre Pintacuda, insieme alla debolezza dell’intervento del governo Andreotti, siano la migliore dimostrazione che, in questo momento, lo Stato non sta combattendo, come dovrebbe, la mafia, e che fa ricorso a misure diversive. Ciò significa che oggi i mafiosi non hanno alcun motivo di preoccuparsi. Ma Orlando non vuole apparire come un eroe. Dice anzi che un sistema è in crisi se finisce per trasformare alcune persone normali in martiri o eroi. Non vorrei aggiunge finire per rappresentare la figura dell'oppositore per eccellenza. Oppositore, per giunta, non a un partito ma addirittura a un ordine democratico. È un ruolo che nessuno può reggere. Continuano intanto le reazioni alla polemica del capo dello Stato con l'ex sindaco di Palermo. Ciriaco De Mita, in una intervista, non ha voluto schierarsi né con l'uno né con l'altro. Ma ha aggiunto: A Palermo, tra Orlando e quelli che gli sono contro, preferisco lui. Però considero certe sue prese di posizione non un pericolo ma un limite della lotta contro la mafia. Critico verso l'ex sindaco un esponente della sinistra dc, l'ex ministro dell'Agricoltura Calogero Mannino: Orlando ha fatto l’errore di ritenere che occorresse usare l’accetta per battere la mafia. Invece occorre il bisturi. Non si può dire, al tempo stesso, che la società civile cresce e che poi occorre usare l'accetta. E ha continuato Mannino non si può usare l'accetta in ambiti istituzionali, come la magistratura, che devono rimanere al riparo da ogni influenza e interferenza. Altre valutazioni sull' attacco di Cossiga a Pintacuda sono state espresse da alcuni uomini politici di vari partiti in un minisondaggio di Panorama. Il comunista Emanuele Macaluso, che pure precisa di non essersi trovato sempre d'accordo col gesuita, trova le dichiarazioni del capo dello Stato inopportune e sbagliate. Per Franco Bassanini, della Sinistra indipendente, il giudizio di Cossiga è inammissibile anche se, aggiunge, non amo i preti che fanno politica, da padre Lombardi a Pintacuda. Per il radicale Massimo Teodori, invece, si può discutere della liceità istituzionale dell'uscita del capo dello Stato ma, quanto al merito, non ha dubbi: Pintacuda ha svolto un ruolo di consigliere, palese e non occulto, molto medievale. I socialisti Intini e Andò giudicano l'iniziativa di Cossiga opportuna. Dice Intini: Ha giustamente smascherato una campagna confusa, messa in piedi da un gesuita politicante e da un sindaco demagogo che ha diffuso sfiducia verso le istituzioni e la magistratura. Per l'andreottiana Ombretta Carulli Fumagalli quella di Cossiga è stata una battuta molto efficace. I religiosi hanno una funzione molto importante nella formazione dell'opinione pubblica da un punto di vista prepolitico, ma non si può confondere questo piano con quello propriamente politico. Infine, Paolo Cabras, esponente della sinistra dc: Pintacuda qualche volta ha esagerato, ma non era certo il caso di invocare l'intervento dei superiori.

La Repubblica pag. 7

 

516.        30 settembre 1990 – domenica

ORLANDO È TURBATO, MI DISPIACE

di Vittorio Monti - Corriere della Sera pag. 8

 

517.        30 settembre 1990 – domenica

Un'intervista all'Espresso riaccende la miccia

ORLANDO PROVOCA COSSIGA: PINTACUDA MEGLIO DI GELLI

L'ex sindaco: «lo mi faccio consigliare da un prete, lui dal capo della P2» - II presidente: quel ragazzo è in preda a smarrimento

ROMA-Per replicare al capo dello Stato, Leoluca Orlando affonda le mani nella P2. Francesco Cossiga aveva accusato l'ex sindaco di Palermo di danneggiare la lotta alla mafia e d'avere come amico ispiratore «un gesuita fanatico, che crede ancora di vivere nel Paraguay del "600». «Non ho nulla di cui debba vergognarmi se domando consigli a un prete», ribatte Orlando al presidente della Repubblica. «Credo sia meglio farsi consigliare da un sacerdote, piuttosto che chiedere occultamente indicazioni a Licio Gelli», insinua l’ex sindaco in un'intervista all' Espresso.

«Il fatto che Orlando sia sceso a questo genere di cose», replica il presidente della Repubblica, «mi addolora profondamente e mi fa pensare che sia in preda a un profondo smarrimento». «Mi addolora il fatto di pensare che io possa esserne concausa», prosegue. «Non sto dicendo cose provocatorie. Conosco Orlando, un ragazzo certamente onesto. Francamente, vederlo abbandonarsi a queste cose, mi dispiace molto per lui, «Di fronte ai morti, alle tombe, ai lutti», aggiunge Cossiga, «che si arrivi in polemica con il capo dello Stato…, E’ una cosa a cui non posso, rispondere, perché verrei meno ai doveri che ho di rispettare per primo la dignità dell'ufficio che ricopro». Un'ultima battuta: «Se questo può rassicurare l'amico Orlando, anch'io ho una persona con cui mi confido e mi confesso molto spesso».

Il Giornale pag. 2

 

518.        30 settembre 1990 – domenica

IL PRESIDENTE REPLICA ALL' EX SINDACO: È IN PREDA A UN PROFONDO SBANDAMENTO

Jenner Meletti - L'Unità

 

519.        30 settembre 1990 – domenica

ORLANDO: COSSIGA? PENSI A GELLI

Stefano Di Michele - L'Unità

 

520.        30 settembre 1990 – domenica

ORLANDO A COSSIGA: PINTACUDA MEGLIO DI GELLI

5 STEFANO DI MICHELE - JENNER MELETTI

 

521.        2 ottobre 1990 - martedì

ORLANDO: NESSUN INCONTRO DI CHIARIMENTO CON COSSIGA

«Non mi risulta un mio incontro di chiarimento con Cossiga. Il chiarimento sta nella rimozione dell'inquietudine». Lo ha detto Leoluca Orlando durante un incontro, ieri, con i giovani DC di Venezia. L'ex sindaco di Palermo aveva definito «inquietante» l'atteggiamento nei suoi confronti assunto nei giorni scorsi dal presidente Cossiga. Orlando, riferendosi alla sua ormai famosa «rete», ha dichiarato: «Se mi è consentito citare un gesuita che non è padre Pintacuda- quindici anni fa proprio padre Sorge dichiarò: quando in politica i canali sono ostruiti, bisogna cercare di demolire l'ostruzione.

E quando ciò non accade, bisogna costruire nuovi canali».

Corriere della Sera pag. 2

 

522.        2 ottobre 1990 - martedì

ORLANDO: NIENTE INCONTRI CON COSSIGA

Il Giornale

 

523.        2 ottobre 1990 - martedì

ACCUSE DI ORLANDO ALLA DC

L'Unità

 

524.        3 ottobre 1990 - mercoledì

DA PALERMO APPELLO AL PAPA 'NON TRASFERITE PINTACUDA'

PALERMO L' eventualità d' un trasferimento di padre Ennio Pintacuda, il gesuita consigliere politico di Leoluca Orlando, ha preoccupato i componenti del gruppo Primavera ' 90 che hanno indirizzato un appello al papa. Riteniamo opportuno, per il bene della nostra città si legge nella lettera che uomini come padre Pintacuda non si trovino a do ver giustificare il loro impegno con qualsiasi altra autorità, avendo restituito, nella loro opera degli ultimi anni, il volto del coraggio a tante migliaia di palermitani. Secondo indiscrezioni dell’Espresso, Pintacuda, dopo l’invito del presidente Cossiga ai superiori del religioso a occuparsi del caso, potrebbe essere trasferito nell' università del Salvador.

di Alessandra Ziniti - La Repubblica pag. 13

 

525.        3 ottobre 1990 - mercoledì

I SASSOLINI DI COSSIGA - COMMENTI

NEL marasma istituzionale il recente e deliberato attivismo del Presidente della Repubblica apporta ulteriore sostegno a chi sostiene che bisogna riformare davvero tutto il sistema istituzionale italiano. Inevitabilmente, se non vi fosse già la proposta socialista di Repubblica presidenziale, per quanto oggi messa in archivio, si pone anche il problema della definizione del ruolo e dei compiti del Presidente della Repubblica. Nella Costituzione questo ruolo è lasciato relativamente indefinito e i compiti, meglio definiti, sono però suscettibili di interpretazioni diversificate. In effetti, ciascun Presidente della Repubblica ha interpretato il suo ruolo a suo modo. Forse i due antipodi, paradossalmente entrambi positivi per i tempi e per i modi, sono stati costituiti da Einaudi e da Pertini. Il primo ha fornito un’interpretazione sobria e riservata di un Presidente al di sopra delle parti, non interventista, rappresentante l’unità nazionale, cerimonialmente impeccabile come un capo di Stato anglosassone. Il secondo, mutati i tempi e i modi della politica, è entrato apertamente sulla scena politica, ha sfruttato tutti gli spazi che gli si offrivano, è stato un protagonista anche nel modo di rappresentare la cittadinanza. È proprio guardando a queste due interpretazioni del ruolo, a questi due stili presidenziali che è possibile affermare che i poteri del Presidente della Repubblica sono, come ebbe a dire Giuliano Amato, a fisarmonica. Possono essere dilatati, in una certa misura, a seconda delle circostanze, delle propensioni e delle capacità dei detentori della carica. NATURALMENTE, nel momento in cui il Presidente della Repubblica decide di, o è costretto a, interpretare il suo ruolo in maniera interventista, deve sapere che si espone a critiche, che non risparmiarono neppure Pertini. Deve, quindi, avere il coraggio politico, visto che è a norma di Costituzione politicamente irresponsabile, di tollerare quelle critiche e di farne tesoro. Comunque, sempre a norma di Costituzione, il Presidente deve tentare, nei limiti del possibile, di mantenere una visione istituzionale del suo ruolo e della sua carica e quindi deve evitare i conflitti politici personalizzati. Questo è un punto delicato. Intendiamoci: il Presidente della Repubblica può esternare il suo pensiero e le sue preferenze con messaggi alle Camere e con la richiesta di una nuova deliberazione su leggi approvate. Proprio per questo sarebbe forse opportuno che limitasse i suoi interventi in altre sedi ad enunciazioni di carattere cerimoniale e celebrativo, di contenuto esclusivamente istituzionale e non politico né, tantomeno, partitico. Certo, non è facile, quando la politica si personalizza e si spettacolarizza, mantenere un profilo basso eppure caratterizzato. Ma i Presidenti della Repubblica italiana dovrebbero avere imparato e capito che la loro assunzione a quella carica li toglie dalla mischia politica e insieme all' onore del ruolo comporta anche l’onere dell’autocontrollo. Non è chiaro quanto autocontrollo Cossiga abbia esercitato nei primi quattro anni del suo mandato. Appare invece evidente, ed è stato persino dichiarato dall' interessato, che non intende esercitarne più, che i sassolini che si toglie dalle scarpe verranno lanciati contro molti bersagli, in tutte le direzioni. Forse Cossiga ha sentito, da un lato, di non avere saputo interpretare un ruolo ben definito e deve avere patito il confronto inevitabile con il protagonismo del suo predecessore Pertini. Dall' altro, i suoi comportamenti mettono in rilievo come, soprattutto in una fase di crisi istituzionale, talvolta latente talvolta lampante, lo stesso ruolo di Presidente della Repubblica debba essere ridefinito. Insomma, se la forma di governo parlamentare all' italiana è entrata in crisi e deve essere riformata, allora neppure la carica di Presidente della Repubblica parlamentare deve essere esentata dal ridisegno. Purtroppo, Cossiga non ha operato bene né nella direzione di una migliore interpretazione del suo ruolo né nella ridefinizione della carica di Presidente della Repubblica. Quanto al primo aspetto, invece di esaltare il suo ruolo istituzionale, ha fatto leva sulla politicizzazione del suo ruolo sia quando ha attaccato il Csm sia quando ha preso posizione contro la Lega Lombarda sia, da ultimo, criticando pesantemente Leoluca Orlando e Padre Pintacuda. I bersagli sono più o meno sbagliati (nel caso di Orlando, sbagliatissimo). Ma le modalità del protagonismo politico del Presidente sono sicuramente esorbitanti persino se il Presidente vuole disegnare un suo proprio profilo di difensore della Costituzione e di rappresentante dell’unità nazionale. Quanto alla ridefinizione dei compiti della Presidenza della Repubblica, Cossiga ha perso almeno una buona occasione: quella della crisi del governo De Mita e del lungo processo di sostituzione ad opera del governo Andreotti. In quel caso, esistevano gli estremi per una riaffermazione, sicuramente conflittuale, delle prerogative del Presidente della Repubblica, secondo l’art. 92, quanto alla nomina del Presidente del Consiglio e dell’importanza delle consultazioni ad opera del Presidente stesso. COSSIGA ha un’ultima opportunità per lasciare positivamente una traccia del suo settennato. Potrebbe adoperarsi per fare approvare in tempi stretti e congiuntamente l’abolizione del semestre bianco e la non rielezione del Presidente della Repubblica. Così facendo, spazzerebbe via gli alibi di coloro che si adoperano per sciogliere il Parlamento nella primavera del 1991, anche in previsione dell’aggrovigliarsi delle scadenze simultanee di Parlamento e Presidente della Repubblica nel giugno 1992 (che è un problema vero). E potrebbe altresì rinunciare autonomamente a diventare senatore a vita, aprendo la strada anche ad una piccola ma significativa modificazione della rappresentanza politica. Non è chiaro se sono questi i sassolini che rimangono nelle scarpe di Cossiga. Né queste scelte istituzionali, pure possibili e positive, basteranno da sole a disegnare un alto e apprezzato profilo di Cossiga Presidente. Il rischio, però, è che, se Cossiga continua in queste sue drammatiche e drammatizzate prese di posizione, finisca per porre sul tappeto delle riforme istituzionali un problema di estrema gravità: come rendere responsabile anche politicamente il Presidente della Repubblica italiana? Se l’intento del Presidente è di rilanciare, ad usum Craxi et Andreotti, l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, la ridefinizione dei suoi poteri e delle sue responsabilità o, addirittura, la Repubblica presidenziale, sarebbe peraltro opportuno, a questo punto, saperlo con chiarezza.

di Gianfranco Pasquino - La Repubblica pag. 8

 

526.        5 ottobre 1990 - venerdì

LA REPLICA DEI GESUITI

CITTA' DEL VATICANO. Io non ho sentito niente. Tutto il rumore suscitato dalle dichiarazioni del presidente Cossiga su padre Pintacuda non è arrivato alle orecchie di padre Giuseppe Pittau, numero due della Compagnia di Gesù. L' assistente generale del Preposito Hans Peter Kolvenbach ha risposto così a chi gli chiedeva un giudizio sulle parole pronunciate dal presidente della repubblica. Pittau parlava, ieri, a Roma, alla presentazione di un numero speciale della rivista Jesus, dei Paolini, dedicato ai 450 anni della Compagnia di Gesù. Esperto, come ogni buon gesuita, in ciò che si chiama restrictio mentalis, Pittau non ha udito fisicamente le parole del presidente. In linguaggio traslato, significa che lui non ne fa clamore. Ma Cossiga ha chiesto che i superiori facciano un po' più attenzione al gesuita siciliano! Noi non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione, ha insistito Pittau, Se il presidente vuole, può mandarci a dire qualcosa. Poi ha continuato: La Compagnia di Gesù è libera. Non siamo legati a nessun potere politico. Non lo siamo stati nel passato, quando ci siamo anche opposti ai regimi assoluti, e non lo siamo adesso. Noi continuiamo in questa nostra libertà e nella nostra volontà di servizio alla società. Padre Bartolomeo Sorge, che era accanto a Pittau, a sua volta ha spiegato: Conosco personalmente il presidente e quindi so la stima e l’affetto che egli ha per la Compagnia e come ne sia ricambiato. Per cui mi ha un po' impressionato un tono così forte e così deciso. Ricordo, però, i due richiami che egli ha fatto, quando è sceso in Sicilia: uno alla rivolta morale e l’altro ad essere uniti. Tutti e due ci trovano pienamente consenzienti. Ma l’esperienza di Palermo è stata appunto una vera rivolta morale. Ma ora, dopo la prima fase di rottura, che solo l’esperienza di Leoluca Orlando ha realizzato in 40 anni di vita democratica in Sicilia, bisogna costruire. E non si può costruire se non siamo tutti uniti. Quando dico tutti, intendo le persone oneste, quelli che hanno a cuore il bene della città e non un interesse particolare. Allora io ritengo che è possibile veramente superare anche quelle polemiche che non servono a nulla, da una e dall' altra parte. Siamo grati al presidente per questo suo richiamo, però bisogna andare avanti. Non possiamo fermarci. Sulla necessità di entrare a Palermo nella fase di costruzione, Sorge ha poi specificato: Occorre aprire al più presto la seconda fase del rinnovamento. Dopo aver demolito e diviso, adesso è il momento di edificare. Penso che Rino La Placa sia l’uomo politico più adatto a proseguire l’opera iniziata con Leoluca Orlando, al quale è stato vicino per molto tempo. Si tratta di definire un programma sulle cose da fare e su questo creare uno schieramento unitario tra gli onesti e gli uomini di buona volontà. Lo stesso Orlando potrebbe farsi carico di questo nuovo compito, ma forse ormai l’ex sindaco è troppo legato, come immagine e per convinzione, alla fase necessaria, ma ormai esaurita, che lo ha visto protagonista. Nelle parole di Sorge, tuttavia, è apparsa ancora la sua determinazione di gesuita, in mezzo alle difficoltà, ma votato a un servizio di pulizia morale e di aiuto a chi soffre. Come essere prudenti, ha detto, quando le strade sono insanguinate dalla criminalità? Il gesuita è un uomo libero. Si dice quel che si deve dire, si tenta quel che si deve tentare, non ti spaventi se arrivano le grandinate, ma queste non possono fermare il nostro servizio. In Sicilia, ha concluso Sorge, siamo in una situazione difficile. Incidendo in una realtà concreta, è impossibile accontentare tutti. Cerchiamo di capire se sbagliamo, ma il servizio continua. Alla Tavola rotonda che ha presentato il numero di Jesus, oltre Pittau e Sorge, hanno partecipato lo storico Pietro Scoppola, Sergio Zavoli e Beppe Del Colle. Scoppola ha individuato elementi di continuità in tutta la storia della Compagnia di Gesù, impegnata in modi diversi, secondo le epoche, e spesso con l’impetuosità della sua azione non esente da sbagli, a ricucire la cristianità sfilacciata; ne ha esaltato la spiritualità, presa da sant' Ignazio, imperniata sull' obbedienza, ma anche sulla libertà interiore, con aperture sconcertanti perfino su concezioni luterane. Del Colle, opinionista di Famiglia cristiana, ha illustrato figure di gesuiti all' avanguardia nel tentativo di cambiare, non sempre con successo immediato, situazioni sociali o politiche. Zavoli, che ha diretto la Tavola rotonda, oscillando tra entusiasmi e qualche perplessità, ha concluso con l’affermazione di uno scrittore francese: L' ultima parola sui gesuiti spetta a Dio. Il che, a consolazione della Compagnia di Gesù, è però anche una regola comune per tutti quelli che credono nel Giudizio universale.

di Domenico Del Rio - La Repubblica pag. 11

 

527.        6 ottobre 1990 - sabato

PINTACUDA: COMUNIONE SOTTO SCORTA. DA SANTO A ERETICO

IL SAB. 10 e seg.          ROCCO TOLFA

 

528.        6 ottobre 1990 - sabato

COSSIGA NELLA RETE

di Carlo Alberto Tregua - SICILIA IMPRENDITORIALE

 

529.        7 ottobre 1990 - domenica

L' UOMO CONTRO

Intervista di Pietro Calabrese - L' ESPRESSO pag. 7-9-10-11

 

530.        7 ottobre 1990 - domenica

OH, GESU' CHE COMPAGNIA!

di Sandro Magister - L' ESPRESSO pag. 12, 13

 

531.        7 ottobre 1990 - domenica

ELOGIO DI UN PRETE

di Giampaolo Pansa - L' ESPRESSO pag. 15

 

532.        7 ottobre 1990 – domenica

LARGA SOLIDARIETA' PER ORLANDO

Il duro giudizio del Presidente Cossiga nei confronti dell'ex sindaco di Palermo e del suo consigliere Padre Pintacuda non trova consenso tra i lettori.

Gentile direttore, ho pensato fosse giusto scrivere pubblicamente a Maurizio Ferrara per spiegare perché secondo me, e non mi sento affatto sola in quel che penso, ha torto ad attaccare indirettamente Orlando e Pintacuda e ad assumere le parole di Cossiga come positive. Orlando e Pintacuda sono divenute voci che non si arrendono alla mafia, generatori di nuove speranze, dando di sé un'immagine credibile e coerente. Hanno prodotto per mesi e mesi nuovo dibattilo, nuova disponibilità, nuovo Interesse È strano ma hanno reso credibile proprio ciò che Cossiga invoca, cioè che la gente, tutta la gente non rinunci, ognuno per la propria parte a ribellarsi alla sopraffazione mafiosa. Un appello che, per essere ascoltato, per il coraggio che prevede in luoghi come quelli ha bisogno di esempi e di punti di riferimento sempre più significativi. Ringrazio, come dice una canzone, Orlando e Pintacuda «di esistere» e vorrei che insieme a loro vivessero ancore tutti quelli che la mafia ha ucciso eliminando pezzi sani dello Stato, e produttori di speranza e di nuovo stimolo a impegnarsi e a non rinunciare a credere che le cose possano migliorare; il che oggi non è certo un sentimento scontato.

Paola Ortensi - Lettere pag. 20 - L'Unità

 

533.        7 ottobre 1990 - domenica

CONTRO LA MAFIA E CONTRO LA DC

di Antonio Padalino – Panorama pag. 52, 53

 

534.        12 ottobre 1990 - venerdì

ORLANDO SULL' ALTARE PORTA IN CHIESA LA SUA RETE

CATANIA Leoluca Orlando lancia la sua Rete a Catania. Per sondare la possibilità di creare nuovi canali di democrazia, l’ex sindaco di Palermo si affida ad una comunità di base, quella di Città insieme. Assolutamente anomalo invece lo scenario da cui parla alle duemila persone che assiepano fino a tarda notte la parrocchia di San Pietro e Paolo. Il ciuffo di Orlando compare su un grande televisore a circuito chiuso sistemato sull' altare. La sua voce è forte, anche se all’inizio sembra venata di commozione. Va subito all' attacco. Non mi stupisco se scoprono ora la mafia a Milano. La mafia del nord c' è sempre stata. Mi stupiscono invece alcune inaudite iniziative del capo di governo, che si preoccupa di mandare lettere al presidente della Regione Sicilia Nicolosi e ai magistrati campani. Leggendo queste lettere sembra che tutto vada bene, che questo paese non sia controllato in molte sue parti dalla criminalità. Una battuta su Cossiga (il presidente mi ha già fatto cinque attacchi lasciando disorientata l’opinione pubblica), frecciate a Craxi e Forlani. Molti politici sono preoccupati dalle Leghe, che hanno il massimo del consenso con il minimo del potere. Craxi continua invece a magnificare i suoi successi dello 0,1 per cento, senza rendersi conto di controllare il massimo del potere con il minimo del consenso. Forlani, a sua volta, è subalterno a questa posizione di forza del Psi. Più diplomatico padre Pintacuda, alla sua prima uscita pubblica dopo l’attacco di Cossiga. Non mi sento affatto un gesuita del Paraguay afferma e lo prova la folla che ci circonda. Il vero problema è trasformare l’indignazione in pratica politica.

La Repubblica pag. 10

 

535.        12 ottobre 1990 - venerdì

Dibattito dal titolo "Mafia e politica", a Ferrara venerdì 12 ottobre 1990.

Interventi: Silvana Piccinini, Alfredo Galasso (professore), Lorenzo Dellai (Sindaco di Trento), Leoluca Orlando (DC), Giotti, Amato Lamberti (professore), Gianfranco Iacobelli (professore), Toni Baldi (Sindacalista), Carmine Mancuso (Coord. Antimafia), Ennio Pintacuda.

 

536.        13 ottobre 1990 - sabato

Padre Pintacuda ad Acquaviva delle Fonti.

 

537.        14 ottobre 1990 - domenica

Padre Pintacuda ad Acquaviva delle Fonti. Incontri con Movimenti

zzzz

538.        14 ottobre 1990 - domenica

PINTACUDA: 'SIAMO INDIOS CHE DEVONO ESSERE LIBERATI'

 

FERRARA Un lungo intervento sul rapporto mafia-politica, contro possibili misure eccezionali, e alcune repliche al presidente della Repubblica, che lo ha paragonato ad un fanatico gesuita nel Paraguay del ' 600. A Ferrara padre Ennio Pintacuda ha rivendicato il suo inguaribile fanatismo nel credere che la mafia di oggi sia una presenza politica alternativa alla democrazia. Il gesuita ha ribadito la convinzione che siamo tutti indios bisognosi di essere liberati dall' antistato e che per farlo serva un progetto politico. E allora come si fa a dire che non dobbiamo fare politica? Si tratta invece di farla, e presto, per cambiare le cose: non basta la rivoluzione morale. Delle dichiarazioni di Cossiga, ha detto di condividere soltanto la preoccupazione per possibili misure eccezionali. Pintacuda ha riaffermato che la chiave per capire cosa è la mafia sono i delitti politici e i loro mandanti: il delitto Mattarella è identico al delitto Moro, agli altri delitti e a quello Ambrosoli.  ???????

La Repubblica pag. 8

 

539.        14 ottobre 1990 - domenica

PADRE CORAGGIO

di Sandro Magister - L' ESPRESSO pag. 26, 27

 

540.        14 ottobre 1990 - domenica

E. PINTACUDA: LA RIVOLTA MORALE NON BASTA

Corriere della Sera pag. 8

 

541.        16 ottobre 1990 - martedì

RODOTA': 'COSSIGA È INTOLLERANTE'

CON QUESTA LETTERA a Repubblica Stefano Rodotà risponde al capo dello Stato Francesco Cossiga. Per la seconda volta in breve tempo il presidente della Repubblica ha pubblicamente attaccato i giuristi che osano criticarlo. Sono uno di questi giuristi e ritengo che il capo dello Stato non possa profittare delle occasioni ufficiali, e tanto meno della televisione pubblica, per insolentire privati cittadini, per di più con la tecnica dell’insinuazione. È una questione di buona educazione, prima ancora che di correttezza costituzionale: quella correttezza mancata nella vicenda Orlando-Pintacuda, che aveva subito provocato una mia critica, poi largamente condivisa. Prendo atto dell’intolleranza di Cossiga. E dichiaro che continuerò a fare il mio dovere di studioso e di cittadino: non mi sono mai arrestato davanti ad alcun potente. Il presidente della Repubblica insinua che ci sia voglia di Palazzo nei giuristi che lo criticano. Una voglia che non mi ha mai sfiorato, neppure quando il senatore Fanfani offrì a Claudio Napoleoni e a me di entrare in un suo governo. Un solo Palazzo mi ha sempre interessato: quello dell’Università, nel quale tornerò alla fine di questa legislatura, avendo da tempo deciso di non accettare candidature per le prossime elezioni. Un Palazzo, quello universitario, nel quale sono entrato dalla porta principale in anni lontani, mentre altri si arrabattavano intorno all' ingresso di servizio.

di Stefano Rodotà - La Repubblica pag. 10

 

542.        18 ottobre 1990 - giovedì

COSSIGA SVILISCE LA SUA FUNZIONE

Gli interventi del presidente della Repubblica dall' inizio dell’anno

TUTTI I SASSOLINI TOLTI DALLA SCARPA

ROMA. Sono stati molti, quest' anno, gli interventi del capo dello Stato che hanno provocato discussioni: i famosi sassolini che lo stesso Cossiga aveva preannunciato di volersi togliere. Il 3 marzo chiede la registrazione della trasmissione tv durante la quale il giudice Di Maggio, ospite del Maurizio Costanzo Show, ha messo sotto accusa Csm e politici. Alla fine di marzo, spedisce al Csm una lunga lettera per diffidarlo dal considerare l’appartenenza alla massoneria un handicap per l’assegnazione degli incarichi ai giudici. Il primo maggio, alla vigilia delle elezioni amministrative, denuncia i farneticanti e avventurosi tentativi di divisione delle leghe. Due settimane dopo, pone ai presidenti di Camera e Senato, il delicatissimo problema dell’ingorgo istituzionale del 1992, quando il Parlamento e il presidente termineranno il loro mandato a 24 ore di distanza l’uno dall' altro. E siccome il presidente della Repubblica, avverte Cossiga, non può sciogliere le Camere durante il semestre bianco, né le Camere possono eleggere il capo dello Stato negli ultimi tre mesi, l’alternativa sarà tra le elezioni a metà agosto e la conclusione anticipata della legislatura. Il 23 maggio Cossiga convoca i vertici della magistratura siciliana, dopo l’allarme di Leoluca Orlando sulle verità nascoste nei cassetti. Dopo l’incontro, in un comunicato invita la magistratura a fare tutto il suo dovere nella lotta alla mafia, ma richiama Orlando a rendere pienamente conto delle gravi affermazioni fatte. Il 30 maggio, in seguito alle polemiche suscitate tra i magistrati dalla sua iniziativa, invia al Csm una nota per ricordare seccamente che quando il presidente della Repubblica agisce come capo dello Stato, il Csm è uno dei destinatari delle sue determinazioni. L' 11 giugno, da San Marino parla della necessità che il governo non entri in crisi durante i sei mesi di presidenza italiana della Cee. Il 3 luglio scrive ad Andreotti sollecitando un intervento del governo dopo il servizio del Tg1 sui supposti rapporti tra Cia e P2. Il 15 luglio riceve i promotori dei referendum elettorali. Dopo l’incontro, in una lettera alla Iotti invita il Parlamento a vigilare sulla completezza dell’informazione televisiva sull' iniziativa. Ad agosto respinge la legge sulla Protezione civile, criticandola in più punti. Il 27 settembre al Csm attacca duramente Leoluca Orlando e il gesuita Ennio Pintacuda, rei, a suo parere, di creare divisioni nella lotta alla mafia. Il 30 settembre, da Ravenna rinnova ancora le critiche a Orlando, chiamandolo sbandato, e critica anche gli intellettuali cattolici che hanno firmato una lettera di solidarietà all' ex sindaco di Palermo.

di Giuseppe D’Avanzo - La Repubblica pag. 2

 

543.        19 ottobre 1990 - venerdì

'PARTITI, CACCIATE I POLITICI CORROTTI'

CITTA' DEL VATICANO I partiti, in primo luogo la Dc, non accettino più nelle loro liste persone sospette di collusioni con la mafia, la ndrangheta e la camorra, anche a costo di perdere voti, e sospendano quei politici e amministratori inquisiti dalla giustizia, in attesa eventualmente di espellerli. È il monito lanciato alle forze politiche dalla rivista dei gesuiti, Civiltà cattolica, in un editoriale dedicato ai problemi dell’ordine pubblico. La nota, firmata dal vicedirettore padre Giuseppe De Rosa, chiama direttamente in causa i partiti, sposando le posizioni più volte espresse da Bartolomeo Sorge e Ennio Pintacuda, i due gesuiti da anni impegnati al centro studi sociali Arrupe di Palermo. Se i partiti italiani non si rinnoveranno realmente, è la tesi centrale dell’editoriale, non potranno sfuggire all' accusa di connivenza e di collusione con le forze criminali, del cui potere si servono, ma al cui potere, soprattutto, servono. La criminalità organizzata in Italia, scrive padre De Rosa, non solo non diminuisce, ma è in crescita, mentre il potere di camorra, ' ndrangheta e mafia, si rafforza sempre più, fino a divenire il potere reale di fronte al potere legale dello Stato. L' omertà che tanto si rimprovera agli abitanti del Sud, si legge ancora nell' editoriale, a volte è una tragica scelta per salvare la propria vita e quella dei familiari. Un fenomeno particolarmente evidente in regioni come Campania, Calabria e Sicilia, dove la vita dei cittadini dipende in buona misura dalla mafia e dalla camorra, perché sono queste organizzazioni criminali che danno lavoro, distribuiscono posti, permettono a industriali e commercianti di lavorare e vivere in pace sotto la loro protezione, che evidentemente bisogna pagare. La nota, pur respingendo l’accusa generalizzata alla classe politica del Mezzogiorno di collusione con la delinquenza, afferma che non si può tuttavia negare che ci sono zone del Sud in cui tale collusione esiste, come è provato dai processi di mafia e di camorra in cui sono implicati politici e amministratori locali. Ecco perché, avvertono i gesuiti, la lotta alla criminalità organizzata è divenuta ormai la più grave emergenza nazionale, poiché la delinquenza sottrae una buona parte del territorio nazionale alla legalità e allo Stato e, come un cancro, condanna inesorabilmente alla rovina intere regioni del Sud e sviluppa metastasi in tutto il paese. Per non trasformare la lotta alla delinquenza in una sconfitta, conclude padre De Rosa, oltre al rinnovamento politico, sarà inoltre necessario porre rimedio alla crisi della giustizia correggendo alcuni fondamentali punti, primi fra tutti l’applicazione della legge Gozzini e la revisione del problema della decorrenza dei termini della carcerazione preventiva.

di Orazio La Rocca - La Repubblica pag. 8

 

544.        19 ottobre 1990 - venerdì

BOTTEGHE OSCURE A FIANCO DI RODOTA'

ROMA Sull' onda del caso Rodotà si estende il conflitto tra il Quirinale e una parte del Parlamento. Dopo il gruppo della Sinistra indipendente, anche il governo ombra del Pci critica aspramente il comportamento del presidente della Repubblica e si schiera al fianco del giurista fatto oggetto dicono i comunisti di un grave attacco da parte del capo dello Stato. La nota del governo ombra si riferisce ai giudizi espressi da Cossiga nel corso di un’intervista televisiva a Domenica in. Già di fronte al Csm il presidente aveva fatto riferimento ai giuristi di palazzo, della cui solidarietà, aveva detto, faccio a meno. Domenica scorsa è tornato sull' argomento: Si parla di giuristi di palazzo ha detto Cossiga e poi, magari, le critiche vengono da giuristi che non sono di quel palazzo ma di un altro: vorrebbero stare in tutti e due, probabilmente. Il riferimento a Rodotà non era esplicito, ma tanto chiaro che pochi giorni dopo il giurista aveva deciso di replicare con una lettera su Repubblica: Sono uno dei giuristi pubblicamente attaccati da Cossiga scriveva e ritengo che il capo dello Stato non possa profittare di occasioni ufficiali, e tanto meno della televisione pubblica, per insolentire privati cittadini, per di più con la tecnica dell’insinuazione. È una questione di buona educazione, prima ancora che di correttezza costituzionale. Mercoledì, dopo due giorni di inutile attesa di un chiarimento da parte del Quirinale, la dura nota di dissenso dei deputati della Sinistra indipendente. Ieri quella del governo ombra, di cui Rodotà è ministro della Giustizia. I comunisti richiamano i limiti che vanno rispettati nell' esprimere giudizi su opinioni formulate da cittadini nell' esercizio del loro diritto di manifestazione del pensiero da parte delle autorità dello Stato come tali, e in particolare da chi deve assolvere alla funzione di garante della Costituzione. Il comunicato si conclude con un’aperta manifestazione di solidarietà e piena fiducia all' onorevole Rodotà. Al di là del caso specifico, la questione posta dai deputati della Sinistra indipendente e ora sollevata anche dal Pci è di natura istituzionale. Vorremmo capire se il presidente della Repubblica può restare, in base all' articolo 90 della Costituzione, totalmente irresponsabile degli atti compiuti, ha spiegato Franco Bassanini, capogruppo alla Camera della Sinistra indipendente: E se si abbandona come ha fatto a inammissibili attacchi contro semplici cittadini, come può il cittadino tutelare la propria onorabilità? Sul caso i deputati della Sinistra indipendente si preparano ad assumere nuove iniziative. Lo scontro in atto suscita intanto tra i parlamentari dei vari gruppi reazioni contrastanti. Per il vicepresidente della Camera Alfredo Biondi, liberale, sarebbe preferibile che la polemica restasse fuori dalle istituzioni. Sul caso in questione la polemica poteva essere evitata, anche se è il sale della politica: nel merito non esprimo giudizi, perché non ho visto la trasmissione in tv. Il radicale Mauro Mellini ritiene che Cossiga sia più cocciuto nella forma che nella sostanza e, tornando al caso Pintacuda, ricorda che era del Re Sole lo ius di sollecitare il papa a destituire i vescovi. I socialisti minimizzano: Cossiga ha detto tutte cose che corrispondono all' opinione del Paese e che rientrano nel suo diritto di intervento, cose che personalmente condivido, dice Franco Piro, presidente della commissione Finanze della Camera. E Francesco Colucci: L' intervento del governo ombra è sproporzionato ai fatti, anzi alle opinioni legittimamente manifestate dai protagonisti di una querelle che non aveva affatto bisogno di essere alimentata con il repertorio dei comunicati di solidarietà. Del resto, il collega Rodotà conclude Colucci ha dimostrato, non solo in questo caso, di sapersi difendere molto bene da solo.

La Repubblica pag. 9

 

545.        21 ottobre 1990 – domenica

Padre Pintacuda ad Ancona per un dibattito pubblico

L' ANTIEROE DELLA RIFORMA

«Vedo crescere il fronte dell'impegno. Mai più misteri, buchi neri e delitti politici»

Intervista di Roberto Farroni – ANCONA pag. 16

 

546.        21 ottobre 1990 - domenica

L' UNICA RIFORMA È LA PARTECIPAZIONE

di Paola Cimarelli - CORRIERE ADRIATICO pag. 24

 

547.        23 ottobre 1990 - martedì

PARLA PINTACUDA

Il gesuita: «Con la giunta Orlando le istituzioni non sono più dominate dai comitati d'affari. Ma ci sono ancora resistenze da vincere»

PALEMO: LA NUOVA PRIMAVERA

Intervista di Antonio Di Lorenzo - IL GAZZETTINO

 

548.        27 ottobre 1990 - sabato

'BASTA CHE QUALCUNO SI TOLGA UN SASSOLINO...'

ROMA. Poco profetica, pronta a sopire, ad allinearsi, a inchinarsi davanti al potere. Sono le tentazioni, cui non di rado soccombe la Chiesa italiana. È il senso dell’editoriale dell’ultimo numero di Jesus, la rivista mensile dei Paolini, la quale fa aperto riferimento alla vicenda del presidente Cossiga che dà giudizi spregiativi su padre Pintacuda. Basta che chi conta, scrive la rivista, magari anche per ragioni di parte o tutte sue, si tolga qualche sassolino e lo getti contro uomini di fede, per vedere l’ufficialità (ecclesiastica, n.d.r.) allinearsi prontamente. Un giornale malignamente titolava: Lo Stato chiama, la Chiesa risponde. L' editoriale porta anche altri esempi di queste tentazioni: come il processo di normalizzazione della Caritas, innescato nella Chiesa italiana, forse perché la Caritas infastidisce certi poteri e certi modi di essere e di disporre degli uomini e delle risorse umane. E ancora: la scelta di mettere il silenziatore a un’assemblea troppo profetica, come è avvenuto al recente convegno missionario di Verona, al quale pochissimi vescovi erano presenti, meno che al Meeting di Rimini.

La Repubblica pag. 7

 

549.        29 ottobre 1990 - lunedì

PADRE ENNIO PINTACUDA HA SPIEGATO A INDUNO OLONA LA FILOSOFIA DI UN CONTESTATO PROGETTO POLITICO

Per costruire una “città giusta” date retta ai “profeti disarmati”

«Bisogna sfuggire ai diktat delle segreterie dei partiti» - Perché è esportabile l'esperienza fatta da Orlando- «E’ nata una nuova coscienza sociale che ci stimola ad andare avanti»

Intervista di Roberto Sala - LA PREALPINA DEL LUNEDÌ pag. 24

 

550.        31 ottobre 1990 - mercoledì

ORA ANCHE IL PSI HA LE SUE SCUOLE DI POLITICA

ROMA Coniugare cattolicesimo sociale e riformismo socialista: è il programma didattico-culturale delle scuole di formazione politica dei centri Walter Tobagi, presentate ieri dal senatore Gennaro Acquaviva, capo della segreteria del Psi. L' iniziativa, una risposta socialista alle scuole di formazione politica di ispirazione cattolica (in Italia sono ormai centinaia sorte sotto l’egida dei vescovi e, in particolare, dei gesuiti), per quest' anno decollerà a Roma, Bologna e Massa Carrara, con due corsi bimestrali. Alla fine, i partecipanti riceveranno un diploma di formazione politica. Per l’anno prossimo altre scuole nasceranno a Venezia, Taranto e Catanzaro. Si tratta ha spiegato il senatore Acquaviva della prima iniziativa varata per la creazione di una via formativa che percorra i due filoni del cattolicesimo sociale e del riformismo socialista. Con queste scuole vogliamo ribadire la positività di far continuamente emergere una testimonianza da credenti nel Psi, partito che proprio in questo periodo ha ribadito il valore delle origini del riformismo socialista, che poggiano sui valori liberali e sui valori cristiani. Non vogliamo costruire una rete come altri pensano di fare, ha aggiunto Luigi Borroni del centro Tobagi di Roma, riferendosi, polemicamente, a Leoluca Orlando, allievo dei gesuiti Pintacuda e Sorge. Vuole essere, ha specificato, un itinerario di riflessione culturale e politica su socialismo e cristianesimo. E, non a caso, il corpo dei docenti è formato sia da politici socialisti (oltre allo stesso Acquaviva, Giuliano Amato, Salvo Andò, Giorgio Benvenuto) che da sacerdoti come monsignor Luigi Di Liegro, direttore della Caritas romana, don Germano Greganti, fondatore di Carcere e comunità, e don Gianni Baget Bozzo, europarlamentare eletto nel Psi.

di O.L.R. La Repubblica pag. 7

 

551.        4 novembre 1990 – domenica

ORLANDO SPACCA ANCHE I GESUITI

di Francesco Merlo - Corriere della Sera pag. 8

 

552.        4 novembre 1990 – domenica

ORLANDO PRONTO A LASCIARE LA DC MA SORGE GLI CONSIGLIA DI RESTARE

Giornale di Sicilia pag. 14

 

553.        6 novembre 1990 - martedì

ORLANDO HA DECISO 'ORA LASCIO LA DC'

SCERO' la Dc e fonderò un nuovo partito. L' annuncio, atteso da tempo, era ormai nell' aria. Per darlo Leoluca Orlando ha scelto Cremona, dove ha partecipato ad un convegno organizzato dall' associazione Polis. In un’intervista rilasciata al quotidiano locale La Provincia, l’ex sindaco di Palermo ha ufficializzato la sua decisione di abbandonare lo scudo crociato e di fare della Rete un partito. Il tempo delle scelte ha dichiarato Orlando non può essere motivato dalle storie e dalle vicende personali. Deve essere motivato da condizioni oggettive. E io credo che oggi la condizione oggettiva della presenza di un cristiano in politica sia ad un passo dal precipizio. Citando padre Sorge, il gesuita che ha avuto grande ruolo nella sua formazione politica insieme a padre Ennio Pintacuda, Orlando ha continuato: Politica è che se i canali sono ostruiti occorre liberarli, ma se non si riesce a liberarli, occorre crearne dei nuovi. Dunque, dichiarati evidentemente irrecuperabili i canali dei partiti tradizionali per cambiare le regole della politica, Orlando cercherà di raggiungere il suo obiettivo con un nuovo strumento, la Rete. Ma proprio padre Sorge, pochi giorni fa, aveva ammonito Orlando dal lasciare la Dc in questo momento, sostenendo che il ruolo dell’ex sindaco di Palermo era tutto da giocare ancora all' interno dello scudo crociato. Con la valigia in mano, in un giro quasi convulso di piazze Orlando ormai da tre mesi conta i nuovi adepti alla Rete in giro per tutta Italia. Ieri mattina a Taormina, nel pomeriggio a Tortorici, in provincia di Messina, oggi in Campania e poi nel Lazio. Quasi certamente il nuovo partito, con Orlando capolista, debutterà alle prossime elezioni regionali o, in caso di elezioni anticipate, anche alle nazionali. Intanto, in alcuni piccoli centri alcune liste presentate spontaneamente da aderenti alla Rete hanno tentato l’appuntamento con le urne. Un test rischioso che ha dato ieri il primo esito soddisfacente a Palagiano. Nei prossimi giorni sarà la volta di un comune del Piemonte, Venaria, dove il partito degli amici di Orlando si chiama soltanto La Rete. Orlando guarda con interesse a questi esperimenti locali che però tende a precisare sono assolutamente spontanei e autonomi dalla sua iniziativa. L' annuncio della sua prossima uscita dalla Democrazia cristiana e della fondazione di un nuovo partito era atteso nei prossimi giorni. Chissà forse proprio a Palermo dove Orlando tornerà mercoledì 14 novembre per un incontro dal titolo I giovani e la Rete. Il primo nella sua città, da quando l’ex sindaco ha intrapreso questa avventura. Mentre al Comune di Palermo si sono aperti nuovamente i giochi per l’allargamento della maggioranza e l’attuale sindaco Domenico Lo Vasco ricorda che la sua poltrona è sempre a disposizione di Orlando, sembra che una nuova fronda possa aprirsi nella Dc palermitana. Secondo indiscrezioni, pronti a seguire Orlando sarebbero diversi consiglieri comunali e anche qualche deputato regionale. Adesso, l’annuncio di Orlando suscita grande curiosità. Comincia la girandola dei nomi e degli aderenti a livello nazionale. C' è chi dice che il nuovo partito si chiamerà semplicemente La Rete e chi dice che la sua sigla sarà Cd (Cattolici democratici), l’inverso di Democrazia cristiana. Ormai da settimane, la segreteria palermitana dell’ex sindaco è invasa da bozzetti di simboli che decine di agenzie pubblicitarie gli inviano via fax da tutta Italia. Ma sul nome e sul simbolo del suo nuovo partito, Orlando non ha ancora aperto bocca.

di Alessandra Ziniti - La Repubblica pag. 14

 

554.        9 novembre 1990 – venerdì

Castelplanio – Sala polivalente del Comune

Incontro con P. Ennio Pintacuda:

“La città come sede della politica”

 

555.        11 novembre 1990 - domenica

Numana

Incontro con P. Ennio Pintacuda

 

556.        11 novembre 1990 - domenica

LA RETE NON VI SALVERA'

Intervista           Panorama        68 e seg.          Antonio Padalino

 

557.        13 novembre 1990 - martedì

PADRE PINTACUDA INCANTA LA PLATEA DI CASTELPLANIO

di Riccardo Ceccarelli - LA GAZZETTA

 

558.        14 novembre 1990 - mercoledì

PINTACUDA: POLITICA PATRIMONIO DI TUTTI

CASTELPLANIO. Non ha usato metafore o mezze parole: il gesuita Ennio Pintacuda è stato chiaro nella sua relazione: «Occorre - ha detto - che le persone si riapproprino della politica». Al dibattito, organizzato dal «Gruppo Solidarietà» e patrocinato dall'amministrazione comunale di Castelplanio, erano presenti tantissimi giovani. Ed è proprio a loro che Pintacuda si è rivolto:

«Il volontariato nel sociale o nella cultura è una bellissima cosa - ha sostenuto-ma occorre fare un salto in avanti, entrare nel campo della politica visto che oggi c'è un dominio da parte dei partiti che ne detengono il potere».

E come esempio ha portato proprio Palermo, la sua città, la città di. Leoluca Orlando, l'ex sindaco della «Primavera» che nelle ultime elezioni amministrative ha riportato un plebiscito: oltre settantamila preferenze. Palermo, dunque, come laboratorio di politica, come del resto lo è il centro studi «Pedro Arrupe» del quale è direttore padre Sorge e dove Pintacuda insegna. Ma l'esperienza della città siciliana, si sono chiesti i presenti, è esportabile? Certo, è una proposta, un disegno che però è riuscito, sconvolgendo un panorama politico.

Il gesuita è stato chiaro, anche se non ha mai parlato in termini di «partito» ma quella «rete» che lui e Orlando stanno, facendo conoscere in tutta la Penisola si può identificare come ha sostenuto padre Pintacuda «in un partito trasversale». Si tratta dunque di un passo in avanti della democrazia avanzata? Forse, comunque oggi -tra Sorge e Pintacuda, quest'ultimo non ha avuto difficoltà ad ammetterlo, ci sono vedute diverse: «Stiamo discutendo ed è giusto che sia così». Il tema è scottante: la fondazione di un secondo partito cattolico. Sorge è di quest'avviso anche se i tempi non sono per ora maturi, Pintacuda no. La «rete» è tutt'altra cosa.

Il Resto del Carlino

 

559.        15 novembre 1990 - giovedì

PADRE PINTACUDA A NUMANA

FARE POLITICA È ATTO D' AMORE

«Rivoluzione in senso morale e demorfinizzazione delle coscienze assopite dei cittadini sono i presupposti cardine per rifondare eticamente lo Stato». È quanto sostenuto da padre Pintacuda nel convegno svoltosi domenica scorsa a Numana, organizzato dal gruppo politico culturale «Il coraggio' di cambiare». «Fare politica ed impegnarsi socialmente - ha detto il gesuita- è l'atto d'amore più grande. Purtroppo, partitocrazia, nepotismo, e collusioni con la mafia hanno screditato quest'importante attività sociale».

Il Resto del Carlino

 

560.        23 novembre 1990 - venerdì

I DOVERI DEL PRIMO SERVITORE DELLO STATO

FRANCESCO COSSIGA è indignato. Utilizza tutte le occasioni e tutte le tribune per manifestarlo. Ed usa anche tutte le prerogative istituzionali per farlo arrivare quello sdegno a destinazione. Veste, a volte, l’abito del cittadino comune, cui è costituzionalmente garantita libertà di parola, per accusare altri cittadini comuni. Ma se costoro si risentono e rispondono sullo stesso tono, pende su di essi un giudizio di vilipendio o, secondo i casi, qualche procedimento disciplinare. Sui giornalisti, e cioè sulla libertà di stampa di cui essi sono portatori, pesano i fulmini del Presidente che non esita a far ricorso agli azionisti delle società editrici affinché applichino sanzioni e licenziamenti: si tratti di società editrici della mano pubblica o perfino di privata proprietà. Come Capo dello Stato dà ordini all' altro sé stesso che presiede il Consiglio superiore della magistratura e, in questa seconda veste, decide e dispone che cosa possa o non possa discutere quel supremo consesso nato per tutelare l’autonomia dell’ordine giudiziario. Col passare dei mesi e dei giorni lo sdegno presidenziale cresce d' intensità e si estende in ampiezza. I fulmini e i tuoni che ne seguono partono in tutte le direzioni e dagli Olimpi più disparati. Londra ed Edimburgo, sotto gli occhi attoniti della graziosa Maestà d' Inghilterra; la celebrazione del 1° Maggio a Milano; il consiglio comunale di Cairo Montenotte; il palazzo dei Marescialli, sede del Csm; il teatro Regio di Torino e la sala comunale di quella città; e naturalmente il palazzo del Quirinale, dinanzi ad un Gorbaciov attonito che incassa il suo mezzo miliardo di premio Fiuggi, solennemente assiso tra Sua Eminenza il presidente del Consiglio e un Ciarrapico raggiante, promosso finalmente dal rango di portaborse di Bagnasco e di Calvi a quello assai più gratificante di mecenate in carica della Repubblica italiana. Lo sdegno cresce, nonostante che la sua così frequente esternazione dovrebbe in qualche misura molcere l’animo presidenziale e placarne i furori. Ma di che cosa s' indigna il Capo dello Stato e con chi ce l’ha? Con chi ce l’ha è lui stesso a dirlo. Ce l’ha, in primis con l’organo di autogoverno della magistratura, e il fatto che da pochi mesi tutti i suoi componenti siano stati rinnovati rispetto ai precedenti personalmente invisi al Presidente non pare abbia mutato la situazione: è il Csm in quanto tale a suscitare le ire presidenziali, le lettere, i messaggi, le reprimende e quasi le minacce. ANZI, senza quasi: la lettera di ieri indirizzata al vicepresidente Galloni preannuncia il reato di usurpazione di potere qualora il Csm si attenti a discutere e a stabilire l’ordine del giorno dei suoi lavori. E quelle frasi contenute nella lettera e reiterate due volte: decido e dispongo, sembrano tratte di peso dai lits de justice del re di Francia quando ordinava al riottoso Parlamento di Parigi la registrazione degli editti sovrani che quei giudici ritenevano incostituzionali. Decido e dispongo: non s' era mai sentito un fraseggio del genere sulle labbra d' un presidente della Repubblica italiana. Non stiamo pericolosamente andando sopra le righe? In secundis ce l’ha con i duecentomila cittadini italiani che sabato scorso sfilarono per le vie di Roma chiedendo che si facesse luce sulle stragi rimaste impunite. Ce l’ha con i giornali che hanno riferito la cronaca di quell' imponente corteo, svoltosi in ordine perfetto ma accusato, dal furore presidenziale, di stretta parentela con le Br di dieci anni fa. Ce l’ha con il Partito comunista verso il quale nelle settimane precedenti era stato invece fin troppo prodigo di riconoscimenti e lodi per l’avvenuta evoluzione politica ma che d' improvviso si trova di nuovo respinto e precipitato nei ghiacci della Giudecca. Ce l’ha col giudice Casson che si era permesso di chiedere se il capo dello Stato fosse disponibile a deporre pro-veritate nel processo sulle deviazioni dei servizi emerse in connessione con la strage di Peteano. Per non parlare di padre Pintacuda, la Lega lombarda, il deputato Rodotà, il deputato Bassanini e i direttori di quei giornali che scrivono articoli per aumentare la tiratura (quasi che questo fosse un delitto). Ce l’ha insomma con chiunque, dissentendo da lui, ne critica gli atteggiamenti, il modo di procedere e la notevole confusione che sta provocando in alcuni punti sensibili dell’ordinamento costituzionale. Nel mentre che i fulmini e i tuoni presidenziali si scaricano su tanti malcapitati, il capo dello Stato espone una sua teoria politica e storica di notevole suggestione: l’Italia ebbe una coda violenta e clandestina alla guerra civile del ' 43-' 45; vi furono coinvolti i comunisti da un lato e i governi democristiani dall' altro. Ciascuno dei due contendenti preparò i suoi piani d' attacco e di difesa, le sue milizie clandestine, fece ricorso ai suoi alleati d' oltre-frontiera (e anche d' oltre-Tevere nel caso della Dc). Ora, dice il capo dello Stato, quei tempi sono lontani; dobbiamo ancora dividerci su quel triste ma comprensibile passato? Mentre tutto il mondo cambia, solo noi dobbiamo evocare fantasmi di cose morte? Occupiamoci di cose vive, incalza Cossiga, ma il passato seppelliamolo e non parliamone più. Tesi suggestiva, dicevamo, con la quale si potrebbe anche concordare. Sulla quale anzi, personalmente, noi concordiamo. Ma alla quale vanno tuttavia aggiunte due importanti qualificazioni. La prima è questa: ogni sovversivismo ed ogni illegalità vanno condannati; quando il sovversivismo produce reati e delitti la parola passa al giudice penale. Ma nessuno meglio del capo dello Stato sa che il sovversivismo dei privati cittadini e delle private associazioni è di qualità giuridica e morale ben diversa dal sovversivismo delle istituzioni. Se vi furono comportamenti sovversivi da parte delle istituzioni è molto difficile sostenere la necessità d' una reciproca sanatoria. Ma poi c' è la seconda questione ed è quella delle date. Qui non si sta discutendo dei tempi di Scelba e neppure di quelli di Tambroni. Si sta discutendo dell’attività dei servizi a partire dalla prima e svelata deviazione del Sifar di De Lorenzo, cui seguì una ininterrotta catena che ci porta nientemeno fino alla gestione piduista del Sismi del 1981, mentre nel paese si producevano stragi, attentati, segnali variamente sediziosi, rimasti tutti impuniti senza eccezione alcuna. Questi sono non fantasmi di cose morte ma morti. Il Presidente respinge come calunniosa la sola ipotesi che egli chieda sanatoria per i responsabili di questi delitti, ed ha ragione: egli non l' ha chiesta ma nessuno gliel' ha mai attribuita. Ci mancherebbe che fossimo costretti ad assistere anche a questo. Ma per indagare veramente su quei fatti terribili, per accertare la verità, occorre che i giudici possano esercitare la loro funzione, che i veli del segreto cadano, che gli omissis vengano tolti e che i testimoni vadano a rendere la loro verità. Si sdegna il presidente della Repubblica perché un giudice ha osato proporgli di testimoniare e addirittura ci fa sapere che l’articolo 205 del nuovo Codice, nel quale la testimonianza del capo dello Stato è prevista, sarà abolito al più presto. Strano annuncio in verità da parte di una Autorità cui non spetta di legiferare. È molto dubbio che Cossiga possa ordinare e disporre al consesso di giudici da lui presieduto, ma è certamente escluso che possa ordinare e disporre per quanto riguarda il Parlamento. L' articolo che prevede la sua testimonianza, comunque, esiste allo stato dei fatti, sia nel vecchio che nel nuovo Codice e il presidente Pertini, in analoga occasione, lo rispettò. Se il Capo dello Stato s' indigna per quello che egli ritiene un attentato alle sue prerogative (sovrane?), anche un cittadino comune ha diritto d' indignarsi quando coglie segnali palesi di disprezzo della Corte da parte di chi ha come suo più alto titolo quello di potere e dovere essere soltanto il primo servitore dello Stato. S' indigni dunque di meno il Presidente della Repubblica e serva lo Stato in tutte le sue esigenze come gli fa obbligo la Costituzione. Ma c' è ancora un punto che merita d' essere rilevato tra i tanti che gli interventi a raffica del Presidente propongono: quando egli invoca l’esempio del resto del mondo, dove tutto cambia rapidamente e irrompe il nuovo, mentre da noi si disputa sui fantasmi di cose passate. Ebbene, è vero. Tutto cambia altrove e perfino la signora Thatcher, così cara al nostro presidente, ieri si è dimessa dal suo alto incarico. Ma che cosa cambia a Roma? Questo è il solo paese rimasto al mondo dove sia ancora al potere la stessa nomenklatura e gli stessi nomenklati di quarant' anni fa, rinnovati soltanto dai decessi e dalla susseguente cooptazione. Questo è il regime d' una perenne oligarchia, dove il potere politico si trasmette addirittura per eredità familiare, dove Giulio Andreotti è il solo uomo di Stato mondiale in sella da quarantatré anni e dove lo stesso Cossiga sta alla ribalta delle più alte istituzioni da almeno un quarto di secolo. Egli ci propone, con il suo richiamo a seppellire il passato, la saggezza d' una vecchia canzone: Chi ha avuto ha avuto avuto; chi ha dato ha dato dato…. Come Lei sa, onorevole Presidente, si tratta d' una bellissima e tristissima canzone napoletana nella quale chi ha dato continua a dare e chi ha avuto continua a prendere. Non è a questi esempi che giova richiamarsi da parte di chi dovrebbe, al di sopra delle parti, essere semmai il garante delle minoranze e il difensore dei deboli contro la prepotenza dei forti.

di Eugenio Scalfari - La Repubblica prima pagina

 

561.23 novembre 1990 - venerdì

Sampierdarena

La sera ospite dei salesiani del Don Bosco, per un dibattito pubblico.

 

562.        25 novembre 1990 - domenica

Il gesuita, consigliere di Orlando a Sampierdarena

PINTACUDA GETTA LA RETE. «CATTOLICI DOVETE SVEGLIARVI»

«È l’ora: tutti devono impegnarsi in politica»

«Cattolici genovesi, è ora che vi svegliate». Padre Ennio Pintacuda, il più famoso e discusso gesuita italiano, fondatore della Scuola di formazione politica di Palermo, ispiratore di «Una città per l’uomo» (movimento cattolico alternativo alla Dc), amico e consigliere di Leoluca Orlando, venerdì sera ha gettato la «Rete» in Liguria.

Ospite a Sampierdarena, dei salesiani del Don Bosco……………………………………

Intervista di Armando Besio - IL LAVORO pag. 8

 

563.        1° dicembre 1990 - sabato

BENVENUTO PADRE PINTACUDA

di Romeo Frigiola - L' OBELISCO pag. 3, 4, 5

 

564.        2 dicembre 1990 - domenica

ORLANDO 'NON FONDO UN PARTITO CATTOLICO'

PALERMO Basta con questo equivoco del secondo partito cattolico. Leoluca Orlando chiarisce la natura della Rete e indica il suo programma a lungo termine: l’approdo ad un sistema di bipolarismo di tipo anglosassone in cui tutti i partiti dovrebbero rifondarsi, riconoscendosi in un polo moderato e in uno progressista. Nel giorno in cui a Roma, a due passi dal Quirinale si inaugura la sede romana della Rete, Orlando precisa: Anch' io sono d' accordo con il cardinale Poletti, con padre Sorge, con padre Pintacuda. Per carità, non parliamone neppure di un secondo partito cattolico. Cattolici sono gli uomini e non i partiti. Orlando conferma però l’irreversibilità del cammino intrapreso fuori dalla Dc. Non andare avanti significa tradire le aspettative dei cittadini onesti che credono possibile un futuro migliore. Restare nella Dc, alla fine, distruggerà i migliori, amici stimati costretti a coprire vergogne che non appartengono loro, ma di cui verranno inesorabilmente chiamati a rispondere. L’ex sindaco tiene poi a precisare: La Rete non è di Orlando, ma della società civile. Io sono solo un pretesto, una cartolina postale usata per mandare a dire che è il tempo di cambiare, di finirla con questa politica collusa con la mafia.

di Alessandra Ziniti - La Repubblica pag. 13

 

565.        8 dicembre 1990 - martedì

IL FULMINE DI COSSIGA SU LA MALFA

ROMA. Gli uomini che dovrebbero fare chiarezza su Gladio sono per certi aspetti gli uomini su cui bisognerebbe fare chiarezza attorno al problema Gladio: ieri mattina il presidente della Repubblica ha chiesto a Giorgio La Malfa un chiarimento pubblico su questa affermazione, fatta dal segretario del Pri in una intervista televisiva. La Malfa si è rifiutato. Cossiga allora ha fatto recapitare una nota tramite ufficio stampa, durissima nei confronti di La Malfa (definito imprudente e impudente) che in qualche modo si salva solo per omaggio alla figura del padre Ugo. Spadolini invece è stato indicato come supplente-nato. Alla nota del Quirinale, la segreteria repubblicana ha risposto in maniera tagliente: La nota si commenta da sola. Da ogni punto di vista. Così ieri il presidente della Repubblica ha aggiunto un altro avversario alla già lunga lista dei suoi avversari. Avversario immaginario, perché La Malfa non aveva in quell' intervista come obiettivo il capo dello Stato, e semmai si proponeva di tenere sotto tiro il presidente del Consiglio. Ma forse è proprio questo che si chiedeva sul Colle: e cioè che il segretario repubblicano rendesse ancora più esplicita la sua critica ad Andreotti. E probabilmente proprio per questo La Malfa non ha raccolto l’invito della mattina a chiarire pubblicamente il suo pensiero, per non vedersi imputare l’avvio di una possibile crisi di governo. Dunque, anche questa ennesima sortita del Quirinale andrebbe inserita in quella guerra, a volte strisciante, altre volte palese, che stanno combattendo fra loro il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio. Cossiga deve aver visto uno dei Tg della notte di domenica. E deve aver ascoltato La Malfa che intervistato a Milano dava quel giudizio critico. Probabilmente una denuncia generale dell’immutabilità del sistema politico nei decenni. Certamente un riferimento ad Andreotti: al capo del governo, al governo, alla magistratura in genere spetta infatti il compito di dover fare chiarezza sulla superstruttura segreta. Un compito che istituzionalmente non spetta al presidente della Repubblica. Ma Cossiga, che vigila su qualunque cosa si muova o si dica in materia di Gladio, soprattutto alla vigilia della sua audizione (o incontro che dir si voglia) col comitato di controllo sui servizi, ha pensato che La Malfa si riferisse anche a lui, che deve testimoniare (e in questo senso far chiarezza) su Gladio. Probabilmente la notte del presidente è stata un’altra di quelle notti inquiete di cui tanto si parla, e ieri mattina Cossiga ha mobilitato il ministro repubblicano Antonio Maccanico, già segretario generale del Quirinale negli anni di Pertini e nei primi mesi di Cossiga. Maccanico ha riferito a La Malfa, il quale è caduto dalle nuvole. La richiesta del Quirinale era esplicita: il segretario repubblicano avrebbe dovuto chiarire che con quella frase non si riferiva a Cossiga ma ad altri (cioè ad Andreotti). Insomma, la richiesta del Quirinale poteva anche avere come risultato un ulteriore attacco del Pri al presidente del Consiglio. La Malfa si è consultato con i suoi collaboratori e si è tenuto in stretto contatto col presidente del Senato. Ha fatto sapere di non aver mai pensato di criticare Cossiga, ma anche di non ritenere necessarie ulteriori precisazioni. All' una e mezzo di ieri la nota del Quirinale. In merito alle dichiarazioni rese ieri sera a Milano nella edizione della notte del Tg2 dall' on. Giorgio La Malfa sul noto argomento Gladio al termine di un convegno del Pri del quale è, come è noto, segretario nazionale in particolare sulla frase secondo cui gli uomini che dovrebbero fare chiarezza su Gladio sono per certi aspetti gli uomini su cui bisognerebbe fare chiarezza attorno al problema Gladio, dichiarazioni interessanti in sé e ancora di più alla vigilia dell' incontro che il capo dello Stato avrà con il comitato parlamentare per i servizi di informazione e di sicurezza, al Quirinale non si ritiene di dover commentare in alcun caso dichiarazioni, discorsi, o scritti dell' on. Giorgio La Malfa che riguardassero o interessassero il Capo dello Stato o i suoi uffici, ancorché, come nel caso, imprudenti e impudenti. E ciò per rispetto alla memoria del padre, grande uomo politico, gran galantuomo e persona di squisita personale educazione, e anche in considerazione che nel suo stesso partito politico milita il sen. prof. Giovanni Spadolini, presidente del Senato e per questo suo ufficio supplente-nato del presidente della Repubblica e quindi in una particolare relazione, oltre che personale, istituzionale con lui. A Piazza dei Caprettari quel testo ha fatto uno strano effetto: stupore, ma anche amarezza. Cosa c' entra Ugo la Malfa? si sono chiesti. Cosa c' entra quella strana definizione di Spadolini? Supplente nato vuol dire supplente naturale, spiegavano sul Colle ai giornalisti che chiedevano lumi. Il vertice del Pri, intanto, faceva rapide consultazioni. Come rispondere al presidente della Repubblica? Perché quella sequela di insulti? Poteva La Malfa far sapere pubblicamente della richiesta ricevuta tramite Maccanico? Alla fine, la scelta: poche righe, in cui si rimanda al mittente l’offesa. Così, mentre i telefoni del Quirinale continuavano a squillare perché nessuno capiva cosa diavolo fosse successo di tanto grave da determinare quel comunicato ufficiale, il Quirinale stesso è stato costretto ad aggiungere qualcosa. Un' altra nota a metà pomeriggio per dire che, in risposta a richieste di commenti sulla replica diffusa dal Pri, negli ambienti del Quirinale si è precisato che era stato chiesto stamane all' on. La Malfa un chiarimento pubblico in merito alle sue dichiarazioni, nel senso che esse non si dovessero intendere riferite al capo dello Stato. Negli stessi ambienti si è aggiunto che detto chiarimento non è stato fatto e che si considera comunque la vicenda chiusa. Un bel mistero: Cossiga chiede una cosa (che non si sa fino a che punto gli compete chiedere) che però non gli viene concessa; Cossiga fa sapere di averla chiesta; Cossiga fa anche sapere che pur non avendola ottenuta, considera la vicenda chiusa, non senza aver regalato quegli imprudente ed impudente al segretario del Pri. In realtà si tratta di un vero e proprio rebus politico-istituzionale. Dietro al quale si scorgono almeno due fattori: la guerra fra Cossiga ed Andreotti; il risentimento probabile del Quirinale per una posizione repubblicana fortemente sospettosa riguardo a Gladio. La Malfa ha difeso Gualtieri, La Malfa aveva per primo proposto il Comitato dei Saggi. Così ha finito per essere iscritto d' ufficio nella lista degli avversari del presidente, coloro cioè che in questo 1990 Cossiga ha apertamente criticato: Leoluca Orlando, Felice Casson, padre Pintacuda, il generale Luigi Ramponi, Diego Novelli, Rino Formica, Claudio Martelli, Fava e Remondino, Stefano Rodotà. Per finire con colui che, da sodale in tanta parte di storia italiana, sembra essere oggi il suo nuovo grande nemico: Giulio Andreotti. Una guerra, quella tra Cossiga e Andreotti, che i comunisti insistono per portare in Parlamento: Massimo D' Alema coordinatore della segreteria comunista, spiega la richiesta di un dibattito (che si vorrebbe prima di Natale), sostenendo che non ricorrono gli estremi per una messa in stato d' accusa, ma che il presidente è entrato in maniera pesante e inopportuna in una contesa politica e da questo ne è derivata la nostra critica motivata e la richiesta di aprire un dibattito in Parlamento per chiarire la situazione.

di Sandra Bonsanti - La Repubblica pag. 7

 

566.        19 dicembre 1990 - mercoledì

I misteri della Repubblica

Per il leader del Pci Cossiga è andato «oltre il segno» e tutte le forze politiche devono porsi il problema

Silenzio del Quirinale. Polemica reazione del «Popolo»

Improvviso summit dc nello studio di Andreotti

Occhetto: «Situazione insostenibile»

«È in discussione l'affidabilità dei vertici dello Stato»

…Ci sono stati i giudizi su padre Pintacuda e su Orlando, anch’essi richiamati dal segretario comunista. E «adesso tocca a La Malfa», che ….

di Pasquale Cascella – L’Unità pag. 3

 

567.        19 dicembre 1990 - mercoledì

SU COSSIGA LA SFIDUCIA DI OCCHETTO

di Sandra Bonsanti - La Repubblica pag. 3

 

568.        21 dicembre 1990 - venerdì

 

Asti Centro Culturale San Secondo